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ARGOMENTO: Dove va la poesia

Dove va la poesia 5 Anni 4 Mesi fa #1

  • Aurelio Zucchi*
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Qui di seguito una mia intervista del 2012. La posto per creare un tema di discussione per chi intende parteciparvi.
Ciao a tutti.
Aurelio


Dove va la poesia

1) Da sempre cenerentola quanto a mercato, se raffrontata con la narrativa, la poesia tuttavia più che la prosa mostra nel tempo più frequenti evoluzioni, per quanto, a mio parere, in questo inizio di secolo stia segnando il passo. Non mi pare, infatti, di vedere qualche cosa di realmente nuovo, se non riproposizioni, più o meno riuscite, di varianti dell’ermetismo.
Concordi con questa opinione? In caso contrario, esprimi liberamente il tuo pensiero, suffragandolo con elementi di giudizio.

***

L’evoluzione della poesia, in effetti, sembra segnare il passo. Paradossalmente, l’avvento di internet - che avrebbe dovuto dare spazio siderale al verso mentre invece lo dà al verseggiatore - palesa altalenanti stasi di ispirazione e di tecnica di scrittura. Le preferenze dei lettori sparsi nel web e, sempre meno, nelle librerie, continuano a scandire i nomi di sempre, con qualche benvenuta eccezione degli ultimi anni. Credo che in tutto ciò vegeti un errore interpretativo di massa, quello di identificare nella parola “poesia” la sommatoria dei retaggi di natura scolastica che ci si porta dietro. È cosa più facile, infatti, far riemergere Alfieri, Ariosto, Boccaccio, Carducci, D’Annunzio, Dante, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Montale, Negri, Pascoli, Petrarca, Quasimodo, Tasso, Ungaretti ed altri ancora, come penne maestre, resistenti nel lascito di un verseggiare entrato a far parte del comune bagaglio culturale. Questi fenomenali pionieri hanno ancora oggi il merito di scuotere gli animi di ogni sensibile e, raro pregio da cogliere, anche di qualche insensibile, forse inconsapevole, fruitore delle emozioni regalate dalla scrittura poetica. Per dirla con un termine in voga, la globalizzazione del sentire poesia, ma anche di farla, è andata sempre più ancorandosi a parametri di riferimento troppo cristallizzati che, per quanto universali, comprimono, a mio parere, il campo d’azione (lettura e scrittura) di chi si appresta a prendere confidenza con la seria arte della poesia.
È vero, infine, che la poesia, se raffrontata alla prosa, soffre maggiormente il mal di mercato. È colpa di un proliferare di poetanti o è colpa del frutto che gran parte di loro porta a maturazione? Una maggiore selezione, più rigidamente impostata, da parte dei siti letterari (che pare si moltiplichino a vista d’occhio), da parte degli organizzatori dei concorsi letterari (che pare si moltiplichino a vista d’occhio) e da parte degli addetti ai lavori del complesso e misterioso mondo editoriale, potrebbe fare un po’ di chiarezza nel medio e lungo termine. Me lo auguro!

***

2) Posto che è improponibile un ritorno alla poesia con una metrica rigida e che quindi il verso libero, oppure solo apparentemente tale, ha ormai consolidato il suo primato, sei dell’opinione che una poesia debba sempre avere una sua struttura equilibrata e armonica, ciò al fine anche di differenziarla dalla prosa?

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Fitte, le nebbie del poeta d’oggi sono perturbazioni stilistiche nelle quali si fa fatica a trovare un proprio percorso poetico col rischio di una pericolosa miscela di stili da adottare e a tutto vantaggio del cosiddetto ”verso libero” come se “verso libero” significasse qualunque verso utile, purché dotato di lemmi… Da qui, il passo al metodo ermetico (che non vuol dire sbrigativo) è breve, col risultato destabilizzante di sentirsi poeti anche quando si scrive l’incomprensibile. Le varianti a questo sconquasso, là dove la struttura dell’impianto poetico va alla deriva verso la forma promiscua, possono essere ancora più deleterie. Chi si appresta a immaginarsi poeta, voglio dire, dimentica delle volte quell'istantaneo e benedetto sentire che richiede, quando non pretende, l’immediato versamento della parola sulla carta o… sulla tastiera di un computer. Dimenticando il ritmo, la musicalità e la collocazione ideale delle parole lungo il perimetro del verso, la composizione finisce col non assorbire le primarie intenzioni del cuore, fagocitando l’emozione da narrare e non esplicitandola al meglio. Resta di conforto la prova di dedizione al verso e l’impellente necessità dell’anima di aver voluto comunicare nella forma più veloce possibile.

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3) Ci sono tanti temi che la poesia affronta e svolge, ma oggi, secondo te, di che dovrebbe trattare soprattutto, e perché?

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D’ogni cosa che rimane nascosta dentro di noi, del captare e dare amore, delle aspirazioni, dei ricordi sopiti, del presente che sopprime ogni luce interiore, del futuro per come e per quanto riusciamo a percepirlo. E delle nostre solitudini, in un tempo ritenuto erroneamente migliore. La costruzione di una coscienza comune e condivisibile vuole a supporto i pilastri della parola, intesa come coraggio narrante della condizione umana. All’interno del variegato cantiere, la poesia, più della prosa, potrà svolgere un ruolo importante.

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4) Quale sarà, a tuo parere, il futuro prossimo della poesia?

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Immaginare un futuro della poesia mi riesce alquanto difficile. È come immaginare il futuro dell’uomo stesso, troppo complesso e compresso all’interno di canoni standardizzati, appiattiti. Per fortuna, voglio sperare, vengono sempre in soccorso la fantasia, l’immaginazione, la sensibilità, il coraggio e l’arte, come guarnigioni scelte di un esercito a difesa della vita.
“La poesia, non ad altro intonata che a poesia, è quella che migliora e rigenera l'umanità, escludendone non di proposito il male, ma naturalmente l'impoetico.” (Giovanni Pascoli, Il fanciullino, 1897)

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Aurelio Zucchi 05/09/2012 per Renzo Montagnoli
Ultima modifica: 5 Anni 4 Mesi fa da Aurelio Zucchi*.
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Dove va la poesia 5 Anni 4 Mesi fa #2

  • fintipa2
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una buona intervista, secondo me ancora attuale che si sofferma su questioni eterne come lo scarso mercato o addirittura inesistente ma anche sulla diatriba tra verso libero e tradizionale su cui non c'è mai accordo. Sono d'accordo con te che la poesia sia un'arte davvero seria e dunque che debba essere oggetto di studio continuo prima ancora di poterne produrre. Solo imparando gradualmente cosa è stata dal punto di vista storico si può passare al verso libero, come ricerca di uno stile personale non avulso da ritmo, musicalità etc. che secondo me devono scaturire da una parallela e continua ricerca di ragioni di natura esistenziale, cioè di sentimento del mondo in cui tocca vivere. ciao
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Dove va la poesia 5 Anni 4 Mesi fa #3

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La poesia ha un futuro difficile, certo, ma è sempre nella mano degli uomini che tutto può farsi o distruggersi e nella tua intervista Aurelio credo che questo emerga fortemente. Però finchè avremo qualcosa da far sorgere dal nostro corpo e dalla nostra mente, la poesia avrà una speranza. I poeti che hai citato credo siano inarrivabili, sebbene il verbo abbia mille vite, però, come dici tu, hanno ancora molto da insegnare e (ben nascosti, ma ci sono!) molti allievi assetati. Diamo da bere a questa vita, e che sia di poesia! Grazie Aurelio per questo omaggio. HL.
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Dove va la poesia 5 Anni 4 Mesi fa #4

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Dove va la poesia?

Volendola per mare, la poesia pura d' "Immediato versamento delle parole (dettate dal cuore) sulla carta", finalizzata esclusivamente alla "condivisione" per il bene comune, sicuramente a vincer facile l'America's Cup, regalandosi anche vento contrario. Purtroppo gli autori riarrangiandola, nel voler racchiuderla in parametri determinati (non solo metrici), fanno danni e a volte si costringono all'abbandono prima dell'arrivo.
Condividendo pienamente quant'altro detto da Aurelio Zucchi nel primo post:
già vedo uno stormo di "fantasia" alata scendere in picchiata e, contrariamente a Jo Condor, illuminare la vallata. Dal mare l'invasione delle valchirie "immaginarie" e dalle montagne la quinta centuria delle "sensibilità" divine, scendere a testuggine per evitar contagio. La terza armata di fanteria "coraggio" avanzar dalla campagna affiancata da musici ed artisti. L'antivita hanno accerchiato ... s'arrende, hanno vinto l'ailgattab (poesia per la battaglia non è portata, ma solo per dialogante costruttivo sentire).
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