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ARGOMENTO: L'importanza del club

L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #21

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Non è forse il caso di lasciare alle spalle la pretesa di una poesia migliore e cercare di farci travolgere da essa? Davide (a me i nomi piace farli anche perché non sto accusando ma raccolgo un concetto espresso da una persona che ha nome e cognome, e dal momento che stimo profondamente Davide, mi permetto di farlo) scrive che il poeta dovrebbe anche sperimentare un modo diverso di scrivere se no rischia di stancare, e “solo pochi qui dentro hanno attitudini prossime ad un livello poetico altissimo”. E qui mi chiedo: qual è il metro di misura con cui classifico se un poeta ha attitudini alte o basse di poeticità, oppure se è stancante? Perché un poeta deve sperimentare altre strade se quella in cui cammina lo fa sentire sicuro e lo conduce a casa? Quali sono i limiti in tutto questo? Io credo che questi limiti non debbano esistere nella poesia, ma che essa abbia talmente un ampio raggio d’azione che rasenta l’infinito (e dico rasenta perché non so dove finisca questo infinito), che chiunque abbia desiderio di sfogarla ne abbia diritto senza essere etichettato...

La poesia a mio parere è un'arte e non può essere semplicemente sfogata ma affinata continuamente alla luce degli insegnamenti della letteratura che ci ha preceduto e di quella che ci corre accanto. Molta bruttissima poesia che si legge in giro è dovuta a questo voler gettare d'impulso i fatti propri, senza darsi una misura, senza giustificare la propria scrittura nell'ambito letterario. Eppure la disponibilità di testi su cui misurarsi c'è in abbondanza, basta affacciarsi alla rete e non rimanere nel proprio nick, aggrappati come a un' isola su cui poter fare e scrivere qualunque cosa senza rispondere di niente. Bisogna anche intendersi su cosa significa sperimentare, apprendere almeno i rudimenti dalla scienza che ne fa il suo metodo per progredire, prima di parlarne in ambito letterario altrimenti si rischia l'obbrobrio, la licenza di fare e scrivere qualunque cosa senza alcun fondamento, nè motivazione. il rischio reale è quello di una massificazione, per farla diventare un selfie alla portata di tutti. Non è così purtroppo anche se così si vorrebbe da parte di un mercato che prospera economicamente sulla poesia, fatto di concorsi e libri allo sbaraglio che pescano su folle di illusi che vincere sia possibile per tutti, basta ignorare completamente le leggi inesorabili della statistica e comprare il biglietto. ciao
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #22

  • Henry Lee
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fintipa2 ha scritto:
Non è forse il caso di lasciare alle spalle la pretesa di una poesia migliore e cercare di farci travolgere da essa? Davide (a me i nomi piace farli anche perché non sto accusando ma raccolgo un concetto espresso da una persona che ha nome e cognome, e dal momento che stimo profondamente Davide, mi permetto di farlo) scrive che il poeta dovrebbe anche sperimentare un modo diverso di scrivere se no rischia di stancare, e “solo pochi qui dentro hanno attitudini prossime ad un livello poetico altissimo”. E qui mi chiedo: qual è il metro di misura con cui classifico se un poeta ha attitudini alte o basse di poeticità, oppure se è stancante? Perché un poeta deve sperimentare altre strade se quella in cui cammina lo fa sentire sicuro e lo conduce a casa? Quali sono i limiti in tutto questo? Io credo che questi limiti non debbano esistere nella poesia, ma che essa abbia talmente un ampio raggio d’azione che rasenta l’infinito (e dico rasenta perché non so dove finisca questo infinito), che chiunque abbia desiderio di sfogarla ne abbia diritto senza essere etichettato...

La poesia a mio parere è un'arte e non può essere semplicemente sfogata ma affinata continuamente alla luce degli insegnamenti della letteratura che ci ha preceduto e di quella che ci corre accanto. Molta bruttissima poesia che si legge in giro è dovuta a questo voler gettare d'impulso i fatti propri, senza darsi una misura, senza giustificare la propria scrittura nell'ambito letterario. Eppure la disponibilità di testi su cui misurarsi c'è in abbondanza, basta affacciarsi alla rete e non rimanere nel proprio nick, aggrappati come a un' isola su cui poter fare e scrivere qualunque cosa senza rispondere di niente. Bisogna anche intendersi su cosa significa sperimentare, apprendere almeno i rudimenti dalla scienza che ne fa il suo metodo per progredire, prima di parlarne in ambito letterario altrimenti si rischia l'obbrobrio, la licenza di fare e scrivere qualunque cosa senza alcun fondamento, nè motivazione. il rischio reale è quello di una massificazione, per farla diventare un selfie alla portata di tutti. Non è così purtroppo anche se così si vorrebbe da parte di un mercato che prospera economicamente sulla poesia, fatto di concorsi e libri allo sbaraglio che pescano su folle di illusi che vincere sia possibile per tutti, basta ignorare completamente le leggi inesorabili della statistica e comprare il biglietto. ciao


Perdonami Franco, ma il tuo intervento lo trovo un po’ presuntuoso, e non è detto che ciò sia un oltraggio, perché mai mi permetterei. Credevo fosse un sito di dilettanti e non di professionisti questo, anche se magari ce ne sono. Quindi cosa faccio? Chiudo bottega perché non ho i requisiti adatti per scrivere come Leopardi, come Alda Merini, come Boris Vian ecc.?
Ho fatto una domanda precisa: come si misura l’attitudine di un poeta? Ed aggiungo: come si misura l’arte? Lo chiedo perché non conosco la risposta, non per una provocazione come potrebbe sembrare.
Ho letto nel tuo post un insieme di “j’accuse” (editori che pescano su folle di illusi, “…molta bruttissima poesia che si legge in giro è dovuta a questo voler gettare d’impulso i fatti propri, senza darsi un misura…”, “…non rimanere nel proprio nick, aggrappati come a un’isola su cui poter fare e scrivere qualunque cosa senza rispondere di niente.”), quindi richiedo nuovamente: a chi o cosa devo rispondere?
Possiamo per una volta accettare che una persona voglia scrivere una poesia senza vincolarsi a metriche, a dita accusatorie, oppure senza che arrivi il professore di turno che impone propri princìpi elevandoli a verità assolute (oppure che ci dica quali sono queste verità)?
Altrimenti faremo tutti la fine di piccoli “Anna Frank” che scrivono in soffitte i propri diari, perché hanno il timore che ci sia qualcuno là fuori pronti ad “ucciderli” emotivamente o a togliere loro l’entusiasmo che il proprio sentire provoca in loro stessi.
Io che faccio parte di quella “schiera di illusi”, tra poco pubblicherò una mia silloge, devo sentirmi in colpa di qualcosa riguardo alla società in cui vivo? Conosco una ragazza che scriveva poesie su un diario ed un giorno ha avuto l’idea di autopubblicarsi, ora scrive per la Bompiani, possiamo accettare che esistano anche queste nuove leve? Posso credere che qualcosa di eccezionale possa capitare?
Di sassi nello stagno non ne posso più davvero! Franco, ti chiedo scusa per lo sfogo, ma mi sono visto attorniato da un filo spinato nel mio campo di libertà, che è mia e di nessun altro, come quella del suonatore Jones. La libertà è una ed una soltanto, lasciatemela scoprire e vivere.
Detto questo, ci tengo a scriverti che la mia stima nei tuoi confronti non si sposta di una virgola, leggo sempre i tuoi scritti e mi rendo conto quanto essi siano l’espressione di un alto sapere, questione è fuori discussione. Mi auguro di non averti offeso in qualche maniera, non era affatto mia intenzione. Un caro saluto. HL.
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #23

  • Davide Bergamin
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Ciao Henry, ciao Fintipa2. Probabilmente avete ragione entrambi. Chi può dirlo? Le case editrici sfruttano ormai qualsiasi cosa venga scritta (sono anch'io un autopubblicato di basso livello), e vabbè è così, direi che non è un problema. Forse il succo sta nella natura social che si tende a dare alle cose. Su facebook, per citarne uno, si leggono saluti a cari appena deceduti e sfoghi di vario genere senza spiegazioni su chi o a che cosa siano riferiti... La poesia deve essere spontanea e ne sono convinto Henry, ma proprio per questo mi permetto di dubitare si tratti di poesia quando si cerca di sfruttare la via mediatica per messaggi, quasi in codice camuffati, appunto, da poesia. Ritorno ancora all'origine di quello che era il mio intento in questo post: scriviamo una poesia se ci viene, adattiamola per cercarne il "non si sa che cosa", se ci va, (ognuno a modo proprio senza pretendere paragoni ai nomi illustri che Henry ha citato) ma lasciamo le prediche, o le considerazioni "maligne", al forum. Però ad Henry mi permetto di rivolgere una considerazione: " La poesia non può essere qualsiasi cosa venga scritta.". E' un mio punto di vista. Dopo questo non vorrei aggiungere altro. Di nuovo grazie a tutti.
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #24

  • fintipa2
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Perdonami Franco, ma il tuo intervento lo trovo un po’ presuntuoso, e non è detto che ciò sia un oltraggio, perché mai mi permetterei. Credevo fosse un sito di dilettanti e non di professionisti questo, anche se magari ce ne sono. Quindi cosa faccio? Chiudo bottega perché non ho i requisiti adatti per scrivere come Leopardi, come Alda Merini, come Boris Vian ecc.?
Ho fatto una domanda precisa: come si misura l’attitudine di un poeta? Ed aggiungo: come si misura l’arte? Lo chiedo perché non conosco la risposta, non per una provocazione come potrebbe sembrare.
Ho letto nel tuo post un insieme di “j’accuse” (editori che pescano su folle di illusi, “…molta bruttissima poesia che si legge in giro è dovuta a questo voler gettare d’impulso i fatti propri, senza darsi un misura…”, “…non rimanere nel proprio nick, aggrappati come a un’isola su cui poter fare e scrivere qualunque cosa senza rispondere di niente.”), quindi richiedo nuovamente: a chi o cosa devo rispondere?
Possiamo per una volta accettare che una persona voglia scrivere una poesia senza vincolarsi a metriche, a dita accusatorie, oppure senza che arrivi il professore di turno che impone propri princìpi elevandoli a verità assolute (oppure che ci dica quali sono queste verità)?
Altrimenti faremo tutti la fine di piccoli “Anna Frank” che scrivono in soffitte i propri diari, perché hanno il timore che ci sia qualcuno là fuori pronti ad “ucciderli” emotivamente o a togliere loro l’entusiasmo che il proprio sentire provoca in loro stessi.
Io che faccio parte di quella “schiera di illusi”, tra poco pubblicherò una mia silloge, devo sentirmi in colpa di qualcosa riguardo alla società in cui vivo? Conosco una ragazza che scriveva poesie su un diario ed un giorno ha avuto l’idea di autopubblicarsi, ora scrive per la Bompiani, possiamo accettare che esistano anche queste nuove leve? Posso credere che qualcosa di eccezionale possa capitare?
Di sassi nello stagno non ne posso più davvero! Franco, ti chiedo scusa per lo sfogo, ma mi sono visto attorniato da un filo spinato nel mio campo di libertà, che è mia e di nessun altro, come quella del suonatore Jones. La libertà è una ed una soltanto, lasciatemela scoprire e vivere.
Detto questo, ci tengo a scriverti che la mia stima nei tuoi confronti non si sposta di una virgola, leggo sempre i tuoi scritti e mi rendo conto quanto essi siano l’espressione di un alto sapere, questione è fuori discussione. Mi auguro di non averti offeso in qualche maniera, non era affatto mia intenzione. Un caro saluto. HL.[/quote]

Caro Henry , io non credo che chi scrive poesia possa definirsi dilettante per la semplice ragione che non esiste , a mio avviso ragione per mettersi in discussione, esporre un proprio sentimento ed in definitiva proporsi come oggetto di conoscenza da parte del lettore senza farlo sul serio in modo autentico. A meno che non si voglia ridurre questa nobile arte a luogo comune che racconta cose scontate e dunque prive di senso- non è questa di certo l’universalità di cui parliamo – non c’è modo a mio avviso di parlare di dilettantismo. Supposto poi che esista una professione di poeta quale poi è il modo per diventarlo? Quando, per esempio, Caproni ha smesso di fare il maestro elementare per diventare poeta? Quando Sanguineti ha deciso di rinunciare alla sua professione di onorevole del PCI ed alla sua cattedra di professore universitario per vivere di versi? L’elenco che ho io sottomano è infinito e dunque il concetto di dilettante è davvero appropriato per descrivere quello che tutti fanno cioè scrivere in forma di versi accanto alla vera professione con cui si procurano di che vivere? A me sembra di no, per le ragioni che ti ho appena esposto. Non c’è una professione di poeta ma ciò non significa che chiunque decida di completare un rigo di scrittura per cominciarne un altro sia da considerarsi un poeta. Se cerchiamo un significato di poesia, la lezione di Franco Fortini al riguardo è a disposizione di tutti in rete, www.lamacchinasognante.com/intervista-a-...a-rai-8-maggio-1993/
così anche Ezra Pound può dirci qualcosa
www.sulromanzo.it/blog/come-scrivere-una...regole-di-ezra-pound.
Insomma, caro amico, nessuno vuole vietare niente a nessuno ed è giusto che ognuno faccia a modo suo e scriva quello che vuole, ma l’operazione non può passare per qualcosa che non è. Ognuno quando scrive espone sé stesso, mettendo in gioco la sua intimità ed è questo mettere sé stessi , la propria fragilità nelle mani altrui, a mio parere, che rende seria cioè misurabile in termini di credibilità e grandezza la scrittura poetica, il suo tratto distintivo rispetto ad altre forme di arte che possono trovare nel grado di divertimento, nello scherzo, nella finzione la loro ragion d’essere e la loro misura. Se poi si vuole raggiungere un risultato degno di chiamarsi poesia deve avvenire sotto il segno dell’originalità che implica la conoscenza di ciò che è stato e di ciò che è contemporaneo, della bellezza artistica, dell’intelligenza creativa e se possibile in qualche modo rapportandosi alle regole del gioco che non sono solo di metrica. Come vedi di carne sul fuoco ce n’è tanta e su ogni mio rigo come sui tuoi si potrebbe aprire un dibattito e non sicuramente per presunzione, ma per il piacere di confrontarsi anche a costo di sembrare ripetitivi ma mai saccenti o predicatori. Un caro saluto Franco

p.s. Per gli altri argomenti, quello sui concorsi e sul suo prospero mercato ti rimando a quello che passa ogni minuto su facebook o a qualche pagina di concorsi per poesia, per accorgersi che non ce n’è uno in cui i criteri di giudizio delle opere siano esposti nel bando, ma tutto rinviato all’autorità e competenza dei giudici, naturalmente insindacabili.
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #25

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Henry, siamo in molti a scrivere col verso libero senza assoggettarci a regole rimiche o metriche e questa filosofia dello scrivere mi pare che sia sposata in primis proprio da Franco. La poesia, se c'è in un testo, la si sente, si respira e non sempre nasce da una descrizione di emozioni o da un confessarne. L'originalità, per me, fa la differenza e me lo dicono i commenti che seguono ai miei versi postati.
Non so dare un a spiegazione per essere certi che vive in un verso ma so perfettamente leggere quando non c'è e credo che la certezza la si provi al di là del livello d'esperienza poetica dell'autore poiché spesso si carpisce la potenzialità di un provetto autore leggendone scritti acerbi. Questo è ciò che ho capito frequentando forum e discutendo del tema con autori affermati.
E poi... poi c'è chi non discute e non si confronta come esiste chi ti ammazza sul nascere e tutto finisce lì.
Au revoir "raga"!

Carla
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #26

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Il poeta che tanti di noi hanno dentro, mi piace pensarlo come un embrione.
Voglio credere che sia una creatura sul punto di nascere, come fosse una gravidanza che spetta a noi portare a termine.
Come per ogni bambino poi il suo sviluppo in uomo adulto dipende da tanti elementi che bisogna imparare a combinare assieme (il nutrimento, l’amore, la protezione, la cura, l’educazione, il buon esempio). E così è per la poesia, dove alcuni degli elementi (fra tanti) sono l’osservazione, l’ascolto, lo studio, la pazienza e l’umiltà.
Credo fortemente che tutto quello che vediamo nella vita sia niente altro che l’interpretazione che vogliamo o riusciamo a dargli. Trovarne una comune a tutti, sapere trarne una lettura poetica, e ancora di più riuscire ad imprimere le emozioni che suscita in un solo pensiero è la somma di una vita di riflessione.
Prima che il mondo possa trovare il poeta, il poeta deve trovare il mondo.
Lots of love
Charlie
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #27

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"Pensavo fosse amore invece era un calesse"... Franco e Carla vi ringrazio per la delucidazione. Dalla parte dove vivo io è facile confondere illusione ed ignoranza, sono un po' dell'uno e tanto dell'altra. Credo comunque in un branco della poesia ancora non convenzionale a cui mi aggrapperò, ma d'ora in poi non utilizzerò più quel termine se non mi è appropriato, giustamente. A questo punto mi chiedo cosa serve restare in un sito che tratta la poesia, se quello che scrivo va in una direzione deviata, rifletterò in questi giorni, e mal (ben) che vada, alzerò i tacchi. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e vi abbraccio. HL.
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #28

  • Davide Bergamin
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Henry se io avessi anche solo minimamente immaginato che questo forum ti avrebbe portato a una simile riflessione, beh, non lo avrei aperto. Mi è difficile immaginare il club senza di te. Spero resterai.
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #29

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Io spero che invece la tua riflessione ti porti a pensare che forse non è così importante e vitale il parere di ognuno...tu hai un talento che emerge dalle tue Poesie secondo me...e di tale intensità che a me ha colpito ...pensa a ciò che rappresenta per noi il club ..per chi lo vive e da il valore che merita il resto di metriche e altro non è che il contorno ...ciò che resta siamo noi almeno qui dove un modo di esprimersi esiste e in modo libero...saluti e un abbraccio ..a presto
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L'importanza del club 5 Anni 3 Mesi fa #30

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Henry Lee ha scritto:
"Pensavo fosse amore invece era un calesse"... Franco e Carla vi ringrazio per la delucidazione. Dalla parte dove vivo io è facile confondere illusione ed ignoranza, sono un po' dell'uno e tanto dell'altra. Credo comunque in un branco della poesia ancora non convenzionale a cui mi aggrapperò, ma d'ora in poi non utilizzerò più quel termine se non mi è appropriato, giustamente. A questo punto mi chiedo cosa serve restare in un sito che tratta la poesia, se quello che scrivo va in una direzione deviata, rifletterò in questi giorni, e mal (ben) che vada, alzerò i tacchi. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e vi abbraccio. HL.

Caro Henry, probabilmente ciò che c’è di sano in un sito è la voglia di mettersi in discussione, esponendosi non tanto con le proprie opere quanto attraverso la considerazione di quelle altrui. C’è un piacere nel leggere\commentare \analizzare che è pari se non superiore a quello di essere letti semplicemente perché nel farlo si è animati dalla curiosità di capire, da una specie di sete inestinguibile di altro. L’altro qui è il soggetto poetico, la sua visione del mondo, il suo particolare esistere che riesce ad avere la meglio sul nostro piccolo specchio d’acqua che propone continuamente la stessa immagine virtuale. Ma chi arriva a mettere sul piatto della bilancia la lettura altrui e dunque l’analisi di un testo fino a dargli più peso della pubblicazione di una sua poesia? Personalmente ne sono convinto e dunque si può arrivare a questo, a selezionare i testi migliori e quando non ne vedo qui li vado a trovare altrove, dovunque stiano per lasciare traccia del passaggio, dando all’autore la sensazione che non si è mai soli in poesia. Hanno dunque “importanza” (eccome!) i punti di vista di ognuno, è la stessa ragion d’essere dello stare in un sito. Guai a volerne sminuire la portata per sostituirli con l’indifferenza e talvolta il rifiuto esplicito da parte dei colleghi autori (a me è successo anche questo, qui). Ma in questo ricade anche ciò che si è detto più su nel post dove tu , io e altri abbiamo esposto ragioni e messo a confronto esperienze diverse. Personalmente non ho nulla da rimproverare a me o a te per il semplice fatto che se non ci si chiarisce e non si viene a capo delle questioni prima o poi riemergeranno. Mi sarebbe piaciuto vedere il coinvolgimento di molti altri nella discussione e se così non è stato si è persa l’ennesima occasione per ragionare di poesia e delle condizioni a contorno.
Di che altro potremmo parlare in un sito?
Tu giustamente vuoi riflettere prima di deciderti a restare. Posso solo dirti che le mie ragioni per stare qui (ma non è certo il primo sito che frequento) rappresentano un modo di interfacciarsi con il web che ancora ritengo utile e che trovano nell’immediatezza del dialogo e delle risposte la ragion d’essere. Non è un consenso ai miei testi che cerco, ma un confronto, il più aperto possibile e rispettoso delle idee di ognuno col duplice scopo di migliorarsi nella scrittura e affinarsi nella lettura. Il primo scopo guarda al confronto con l’humus della realtà poetica che ci circonda, amplissima, rigida e refrattaria come poche al cambiamento ma anche altissimamente concorrenziale che si esprime attraverso innumerevoli concorsi e iniziative editoriali (riviste, libri) il secondo mira a comprendere sempre di più l’oggetto che ci riguarda cioè la poesia e chi ne scrive. Si, materiale su cui riflettere ce n’è in abbondanza. Personalmente lo faccio continuamente. Un caro saluto, ciao.
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