Son pezzi di cristallo
che vanno nel mondo i miei cari.
E temo, temo la loro dissolvenza.
In tutta fretta -e a causa di questo-
l'aria che mi trafigge
mi trapassa come una gabbia vuota
e così mi ferisce questa immortalità.
Non vedo che beghe e riflessi
e la mi sembra un guscio
abbandonato da una lumaca
in tempi fin troppo antichi.
Sussurra la sua condensa la sera
sulla vetta cimata del kaki.
Che gli ha negato quell'omuncolo?
Quello che ha concesso alla sua casa:
di sfidare inutilmente il cielo.
Ma non v'è linfa in una casa;
per gran parte è vuota;
per gran parte è uno sbadiglio;
per gran parte è la sua inutilità.
Come osa la sera dirmi di cercare un impiego, un tempo, un equilibrio?
Penetrandomi nelle ossa,
nelle orecchie, sotto gli occhi?
Il tempo mi ha stuprato.
Il tempo è una donna che si specchia
senza capire che ne siamo
un riflesso impossibile.
Eravamo noi per il mondo:
una casa non può avere una casa.