E poi arrivò Primavera.
Cinta di rose
tutto inebriò col suo afrore.
Il freddo manto di brina si disciolse
in perle gocciate di rugiada,
a dissetare la nuova stagione
e il nuovo giorno.
Arrivò portando in braccio il suo manto
che abbandonò alla corrente
come balze di gonna a fantasia ricamate.
Arrivò trascinandosi dietro
una coda di verdi rami e foglie
a far da strascico al vestito
come novella sposa.
Scansò l’inverno con una mossa sinuosa di vento.
Imperante e frizzante si diede al gioco con la terra.
Fece l’amore con il suolo
e nacquero germogli e fiori dalla nuda terra.
Fece l’amore con l’acqua, che tutta pullulò dal movimento,
e tanto ammaliati furono i pesci che rimasero ad occhi aperti.
Fece l’amore con l’aria
e creò le farfalle,
e dal battito delle loro ali, si generarono
fili di nuvole così delicati e lievi
a fare da nastri fra le capellute chiome degli alberi.
Al suo arrivo,
fremito di salici a scuotersi dal torpore
per volerla accarezzare,
trillo di ugole in coro a volerla salutare,
esplosione di semi e pollini
a disseminare e concimare l’aria di colori,
come pennellate sulla tela nuova del vestito in festa.
L’albero delle mele diede frutti più ricchi e succosi
da rosseggiar di trucco le labbra sue,
come abbellimento ad ogni morso.
Divina Primavera,
la sua carnagione pelle di luna era!
Della sua beltà il mondo si deliziava,
il sole smise di tramontare
e il tempo rallentò il suo scadenzare.
Arrivò su un tappeto di fresche acque
a bordo d’una ninfea come barca.
La natura tutta le si fece serva
e prima che iniziasse l’opera sua,
a colpi di dita come fossero bacchetta,
già ogni strumento le si accostò zelante.
Brillava d’argento l’occhio di Primavera,
ché nuovo spirito alla vita infondeva.
Arrivò come una favola
nella stagione che morte non conosce,
lasciando scritto il suo bel nome
ad ogni passo sulla terra,
come seme pronto a rinascere,
ovunque fosse a posarsi,
il piede suo allorché rigoglioso e fiorente.
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