Ombre incarnate
in un abaco di giglio,
quaderni di spighe
imbronciati di poesia
ed un torsolo di stelle
a sfamar la cena
degli intimi silenzi miei.
Il teatro degli inverni
anagramma riverberi d’addio,
licenzia un girotondo di nuvole
ed una chioccia infreddolita
s’abbottona ad un filo d’erba
come musicista al suo violino.
Rintocchi d’aprile ricamano
quest’amàca di luna
ed una coreografia di papaveri
è febbre di innamorati,
lacrima di primavera
caduta sugli orizzonti della sera.
Tramonta il volo di una rondine
in cima al vecchio campanile
ed il gioco dei tuoi occhi s’arena
sul pentagramma dell’anima mia:
sbrodola il cielo matite di luce
fra plettri di rami in fior,
si è schiuso il bozzolo infinito
del palcoscenico dei nostri cuor.
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