Viveva una volta, in un comune dell’Italia chiamato Genova, un’attempata coppia di giovani sposi.
Come tutti i Genovesi che si rispettino, erano di manica corta e tirati nello spendere, la qual cosa  era ed è rimasta, tutt’ora, una virtù.
I due erano delle bravissime persone, timorose di tutto e del Signore e, data l’età, desideravano avere un figlio, a qualsiasi costo, ma gratis.
Tant’è che per evitarsi la fatica di fare l'amore, commissionarono il bambino a Babbo Natale il quale, vecchio e in preda all’alzheimer, fece una gran confusione e, al posto del neonato,  fece loro trovare, sotto l’albero della cuccagna, un bell’ovone da covare.
Quei poveracci ebbero a sudare sette camicie e ventiquattro mutande, per covare quell’uovo, e stettero, fino al momento della schiusa, con la paura che nascesse loro un pollo.
Per fortuna, finita l’incubazione, uscì fuori un magnifico bambino, un po' bruttino sì, ma di sette bellezze. Questi, appena rotto il guscio, rimase in piedi da solo, senza l’aiuto dei genitori.
Fu così che nacque quel Colombo, di cui tanto si è parlato nella storia, che diede il cognome a quel Cristoforo che diventerà famoso nei secoli.
Colombo crebbe col pallino delle metafore, dei viaggi premio, delle scoperte e, quando divenne grande, pensò bene di farsi finanziare dal comune di Genova un’impresa, che non era un’azienda, ma un’avventura.
Non si è mai saputo cosa gli risposero i Genovesi, ma certo è che lo misero al bando, come uomo pericoloso per le finanze pubbliche e  lo costrinsero ad andare a gramigna per l’Europa.
Così, si mise a girare, su un sacco, per il Portogallo, finché non si fermò in una sporta della Spagna.
Qui fu accolto alla corte della regina Isabella, soprannominata dai sudditi Filomena perché, a detta di costoro, le si addiceva di più in virtù della sua bruttezza.
Colombo espose alla regina la sua teoria ovulatoria secondo cui, essendo il mondo una palla, partendo da un punto si sarebbe dovuti ritornare allo stesso punto, dopo aver circonciso la terra.
Col cavolo! Pensarono i nobili cortigiani. Ma la regina che di cavoli se n’intendeva, ne rimase molto affascinata.
Tuttavia, malgrado l’appoggio della sovrana, Colombo fu così osteggiato da bari, baroni, baronicchi e quaquaraquà che, alla fine, per accattivarsi il loro favore, dovette ricorrere ad un gioco di prestigio che aveva imparato da piccolo: fece stare in piedi un uovo rotondo, ma di forma ovale, che al massimo poteva stare sdraiato.
A quel punto la regina, che già si sentiva attratta da Colombo per altri motivi, ebbe un tale moto d’orgasmo, nei suoi confronti, che decise di finanziargli l’impresa, seduta stante, ovverosia stando seduta.
Colombo ringraziò commosso, le baciò le mani, le leccò le ginocchia, ma la regina pretese da lui certe cose turche che, per rispetto al marito di lei, ch’era pur esso lui un sovrano, non è possibile raccontare.
S’iniziarono così i preparativi per la partenza. In quattro e quattro quattordici, gli si allestirono tre cacarelle: la ninna, la nanna e la santa maruzza, navi veloci del tempo, chiamate anche schizzi.
Colombo si mise quindi alla ricerca del personale di bordo e di babordo. Non fu un’impresa facile visto che i lupi di mare avevano paura dell’acqua e quelli di terra erano tutti occupati, in Campania, nella raccolta dei pomodori.
Dovette quindi ripiegare su barboni e giornalisti della carta stampata. Trovare un accordo con i barboni fu assai stressante perché questi, oltre allo stipendio, pretendevano di mangiare, di dormire e di vestire gratis come se fossero stati alla Caritas. Con i giornalisti fu invece più facile perché loro si accontentarono solamente di poter raccontare ai posteriori le avventure di viaggio, colorendole appena un po’, per meglio rivenderle ai giornali, al loro ritorno in patria.
Colombo assunse poi:
  • un contabile, che non contava nulla, ma che doveva occuparsi dell’aspetto economico dell’impresa;
  • un cerusico monco, che cerusicava poco, ma che doveva seguire il lato sanitario della faccenda;
  • un mozzo e mezzo per i lavori di fatica;
  • un becchino per le opere pie nei tempi morti;
  • una compagnia di gesuiti perché curassero l’aspetto escatologico della missione;
  • un gruppo di guitti girovaghi affinché tenessero alto il morale dei naviganti
  • una baldracca, certa Consuelo La Vacca, per i piaceri della carne debole.
Quindi provvide a far rifornimento di oli essenziali (di ricino e di vaselina), di acqua, di vino e di aceto.
Stivò sacchi e sacchetti di cereali e di legumi, soprattutto fagioli borlotti, perché sapeva che, nei momenti di solitudine, fanno compagnia, in quanto sostituiscono gli amici, perché parlano di dietro.
Insomma fece provvista di ogni possibile provvista, “tanto paga pantalone”, pensò da perfetto genovese.
Finalmente, dopo innumerevoli rotture di scatole, arrivò il momento della rottura della bottiglia che contrassegnava l’agognata partenza.
Donna Isabella fece un con movente discorso… e pianse. Pianse amaramente pensando ai soldi che aveva speso e che forse non avrebbe mai più rivisto.
Quindi la fanfara degli Hombres de Mierdas, diretta dal famoso maestro Dos Chiappas di Toledo, dopo toccate e adagi stimolanti, diede inizio alla grande fuga.
A questo punto, cazzate le vele e stirate le chiappe, le cacarelle presero il largo.
Il viaggio iniziò all’insegna del bel tempo e dell’allegria. Si scherzava, si rideva, si giocava a scopa e si scopava persino.
Si parlava del più e del meno, ma soprattutto del meno perché quasi tutti cercavano di risparmiare qualcosa da poter riportare a casa al ritorno.
Colombo stava ore ed ore ad osservare il mare. Era l’unica cosa di cui si poteva godere gratis e all’infinito senza timore che finisse.
Intanto, i giorni passavano veloci, ma lenti, e ben presto Colombo dovette fare i conti con le epidemie, che non erano quelle mie, ma quelle sue, e che colpirono quasi tutto l’equipaggio.
In seguito a una diffusa influenza di flatulenza, che per giorni e giorni fece aleggiare sulle navi un puzzo di cimitero, le latrine vennero spostate sulla prua e così ciascuno poté evacuare persino li mortacci sua. 
Dopo di che, la ciurma si ammalò di scorbutico e divennero tutti irascibili e intrattabili. Non c’era cosa che andasse loro per il verso giusto e mandavano giù tutto di traverso. 
All’inizio, fu data la colpa alle prediche dei gesuiti, ma quando il medico s’accorse che dipendeva dalla cattiva alimentazione, tutto divenne più facile e bandirono l’aggettivo “cattiva” dal vocabolario di bordo.
Tuttavia, ad aggravare questa situazione già tesa, sopraggiunse la scoperta a bordo di una compagnia clandestina di frati terziari incontinenti.
Saranno stati incontinenti, ma erano insaziabili e senza fondo perché mangiavano, mangiavano, mangiavano,  cacavano pure e solo qualche volta pregavano.
Ben presto entrarono in competizione coi gesuiti, scassa cervelli e  rompiballe già da allora, e le due fazioni vennero addirittura alle mani.
A farne le spese di tutto furono l’ordine costituito, l’obbedienza e la tranquillità della ciurma che si schierò ora per l’una, ora per l’altra frazione dividendosi e sottraendosi alternativamente, senza soluzione di continuità.
Colombo  ricorse a tutte le sue arti parlatorie e strategiche  e pur di domare la seduzione in atto, fece persino legare La Vacca, nuda ad un albero. Ma non servì a nulla.
Finalmente un giorno, mentre si trovava in biblioteca per consultare certe carte natiche, vide un libro mai notato fino ad allora: “il manuale del perfetto faxista” edizioni Larussia.
Lo sfogliò, lo lesse di getto, normalmente si gettava senza leggerlo, e lo memorizzò tutto. Quindi salì sul ponte di comando in camice nero e, “a me gli occhi please” disse. Poi cominciò uno di quegli stoici discorsi che tanti anni dopo sarebbero divenuti il cavallo di legno del Duce di Venezia cavaliere dell’ordine del balcone di Roma.
A quelle parole si ricompattarono tutti in un sol uomo, persino i frati; s’udì allora un sol grido “vincere e vinceremo” mentre sull’onda dell’entusiasmo Colombo esclamava “remare, remare e spaccherem le chiappe al mare”.
La pace fu fatta e il viaggio poté continuare spedito e tranquillo.
Finalmente un mattino, un mozzo che aveva perso le gambe e che stava di vedetta alla nave ammiraglia, gridò a tutta callara: “terra, terra a babbiona proprio davanti a noi”! 
Colombo, che a quell’ora se non dormiva era sveglio, avvertì quel grido come una sorta di liberazione, “sono fuori dal tunnel” disse e uscì precipitosamente dalla sua cabina.
Strappò letteralmente di mano il cannocchiale al marinaio, lo puntò dritto davanti a sé e vi guardò dentro. 
“E’ una terra tutta nera e senza vegetazione” disse. Scrotò ad occhio nudo, riguardò dentro al cannocchiale ancora e ancora, spostandolo ora a destra, ora a sinistra.
Guardò nuovamente ad occhio nudo.
Quella terra era sempre la stessa in qualunque direzione la guardasse col cannocchiale.
Però ad occhio nudo non si vedeva nulla. “Com’è possibile” pensò!
Istintivamente passò un lembo della camicia sull’obiettivo e vi guardò dentro: la terra non  c’era più, era sparita, volatilizzata nel nulla.
Colombo si sentì gelare dalla vergogna, e con voce rucola e di ghiaccio disse a quel maledetto mozzo: “Da oggi considerati retrocesso a quarto di mozzo e a mezza razione di pancotto!
E ricorda che le lenti del cannocchiale vanno sempre tenute pulite soprattutto dalle cacate di mosca!”
Poi stravolto ritornò nella sua cabina e cominciò a scrivere “le mie memorie” che però erano le sue.
Quel fatto lo gettò nella prostituzione più nera e si ammalò di depressione atmosferica. Il medico di bordo lo tenne in culla per parecchi giorni a camomilla, fiori rosa e fiori di pesco.
Finalmente, “stasera esco” disse un giorno al suo nostromo Battista nel mentre che sul ponte un carretto passava e quell’uomo gridava gelati.
Colombo era guarito! Appena in tempo, perché stavolta la terra fu avvistata davvero…e senza cannocchiale.
Era una terra verdissima, con alberi giganteschi e le colline in fiore, ma non era quella da cui Colombo era partito e in cui pensava di ritornare.
“Chi se ne frega” pensò in genovese “Spagna o non Spagna l’importante è che qui se magna”.
Si prepararono quindi all’approdo. Al momento dello sbarco, nacquero i soliti conflitti fra stato e chiesa e fra chiesa e chiesa.
I terziari, in quanto incontinenti,  volevano essere i primi a sbarcare, ma essendo terziari sarebbero dovuti sbarcare dopo i gesuiti che si consideravano primari. Gira e gira, tira e molla, alla fine la parte del terziario sarebbe dovuta spettare a Colombo che se li era portati appresso entrambi gratis e senza impegno.
Dopo un lungo batti e ribatti seguito da botte e ribotte, tra le fazioni dei fratocchi, Colombo si riappropriò della sua autorità e pronunciò la famosa omelia “a sordi e orbi” e disse: “cristianuzzi, portate pazienza, perché questa scoperta  la faremo con voi, ma senza di voi. Ora poiché i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi, vi concedo l’onore di scendere a terra appresso a tutti.”
Detto questo si assise e la destra della manona sua sullo pomo pose della spada d’Adamo.
Atterriti più per quella vista che per quanto udito, i religiosi si calmarono di botto e diedero prova di tutta la loro democrazia cristiana.
Ristabiliti i ruoli, Colombo ordinò che si approntassero sufficienti provviste per il tempo necessario ad esplorare i dintorni di quei contorni.
Invitò gli uomini a portare con sé specchietti, merletti e rossetti, da donare agli eventuali abitatori del posto, che già lui sapeva che avrebbe chiamato selvaggi.
Finiti i preparativi discesero a terra. Colombo s’inginocchiò sul nuovo mondo e lo baciò.
Lo trovò caldo, umertoso, saporito e profumato come una mozzarella. Aveva appena baciato una merda di bufala!
Quindi con voce corrotta dalla commemorazione e col plurale della maestà esclamò: Viva il re, viva Isabella, viva la pappa col pomodoro; Italiani, a voi!
Oggi avete l’onore di camminare su una terra che, come diranno i posteriori, sarà il simbolo degli hamburger, delle patatine fritte e del tacchino arrosto!
Hurrà, hurrà all’America.  Heia, heia, alalà, alalà, pesce fritto e baccalà, in America si mangerà!
La ciurma, a mo’ di banda, intonò “Camicetta nera” l’inno dei bersaglieri del faxio e tutti quanti di corsa si precipitarono verso l’interno del continente.
Si accamparono in un grande spiazzo a mo’ di radura circondato da macchia oscura e attraversato da due grandi fiumi che Colombo battezzò subito coi nomi di  Old River Tazza e New Yellow Bidet per distinguere dove avrebbero dovuto fare i loro bisogni e dove avrebbero invece dovuto fare le loro intime pulizie.
Quindi accesero un grosso fallo per tenere lontane bestie e puttane locali e apparecchiarono per la cena.
Intanto la selva brulicava all’intorno di certe luci rotonde come occhi, ma nessuno se ne curò più di tanto. I colombini sentivano in loro tutto il coraggio e il gagliardetto dei conquistatori dell’Eritrea!
Finito di cenare, incaricarono i frati per la recita delle orazioni, mentre loro si addormentavano cullati dalla ninna nanna delle litanie.
Si svegliarono al canto del gallo e dopo la corsa ai bagni e alle docce, per dare sfogo ai loro bisogni corporali e prima d’iniziare la loro prima giornata americana, si misero in riga per la loro prima colazione sull’erba. Stavano tutti azzuppando il biscotto nel cappuccino, che non era un frate ma un caffèlatte, quando all’improvviso si videro attorniati, come se fossero circondati, da individui alla Pascarella, mezzi fregni e mezzi buffi, vestiti quasi ignudi, con una cresta da pennuti, una barba da barbuti e con due grossi occhi così, che tutti riconobbero essere quelli che li osservavano la notte prima.
Colombo, coraggioso per paura, tirò fuori due gallette, le offrì a quello che gli parve dovesse essere il capo e aggiunse: “augh, tu grande capo?  Tu volere stare seduto con noi per parlare e fumare canna?”.
Yes, rispose lo zotico, in perfetto inglese, io sedere sempre volentieri con stranieri, ma non capisco perché tu fare l’indiano con me che essere Mericano.
Colombo a quelle parole trasecolò: come faceva costui ad essere Mericano se la Merica non era stata ancora scoperta! 
Questo dubbio gli rodeva dentro così tanto che prese a grattarsi violentemente fuori. Poi, datosi un contegno, con l’indifferenza di colui che non ha ritegno, chiese notizie sugli indiani del posto.
Scoprì così che non si trovava in India e che gl’Indiani non erano Indiani indiani, ma Indiani Mericani e che la Merica era già stata scoperta  dal vichingo Erico il Rosso detto El Bosso. Anche il nome di Merica glielo avrebbe dato un tal A Mericano Vespuccio, italiano anche lui, che aveva già pagato la SIAE in anticipo sulla sua futura scoperta. 
Per Colombo furono momenti di grande tensione, corrotti dall’emozione di non aver scoperto nisba, ovverosia nulla.
Offrì al grande capo, cianfrusaglie e petardi, sperando almeno che gli avrebbe consentito di chiamare col suo nome un viottolo o un parco.
Il capo con aria di sufficienza tirò fuori dalla borsa yoyò elettronici, accendini a gas, mutande rosse per la notte di capodanno, contratti di sponsorizzazione di ogni tipo e tante altre diavolerie cinesi.
Colombo, a quella vista, non seppe più cosa dire e con uno sforzo di volontariato sociale domandò dove avesse preso tutta quella roba.
Rispose da indiano e disse che i Mericani intrattenevano da sempre contatti commerciali con tutti i paesi più evoluti del sud est asiatico e che oltretutto erano fini conoscitori degli usi e dei costumi degli europei, perché ne avevano frequentato i bordelli e le università.
A quel punto Colombo non seppe più aprir bocca, se non per fare il verso del piccione, suo parente, e svenne al pensiero che la scoperta della Merica era stata per lui la scoperta che la Merica l’avevano già scoperta.
 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Salvatore Linguanti  

Questo autore ha pubblicato 22 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Mi piace sognare
fallo anche tu con me
buttati in un mondo
un mondo che non c'è.
Inventiamo insieme una favola
io faccio il re tu la regina
ma in una corte così reale
ci manca il giullare
allora sai che faccio
non sono più il re
ed il giullare lo faccio da me.
Posso far ridere
ne sono capace
e di storielle ne ho da raccontare.
Mi piace sognare
a volte ridere e scherzare.
Buttati con me
in questo mondo
inventato in un secondo
e continuo a parlare
parlo, parlo,
con la speranza
che mi stanno ad ascoltare.
Ma in fondo fa niente
tanto mi piace sognare
allora ricomincio
ad essere un re
in un mondo inventato da me.
C'è la regina
ma il giullare dovè?
Il re del mio mondo
son solo io
ed il giullare
lo faccio da me...




 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: RAFFAELLO CONCA  

Questo autore ha pubblicato 699 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
 
Risultati immagini per donna che sogna
Fantasia scorrimi
tra i sorrisi della vita
abbracciami nei momenti
distratti di malinconia.
Fantasia entra nei sogni
della notte e alleggerisci
le pene di antichi ricordi.
Parlami come se fosse
sempre primavera
e nascondi i freddi inverni.
Voglio rinascere dietro
la collina che
guarda l'infinito mare.
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Tiziana Rosella  

Questo autore ha pubblicato 461 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.

Risultati immagini per favola
Riposa sotto un manto di stelle
ed il trucco è romantico.
Aspettando la luna
sorridi,
hai negli occhi la pace
e le labbra che sanno di cioccolata.
Dormi e sogna
sai di panna
metti un tocco leggero
e i capelli incontrano il vento,
il profumo di donna
s’espande…
Sogna  mia piccola donna
ed il mondo ritarda
fermando i minuti,
inchinandosi al tuo passo leggiadro.
E così cavalchi una stella.
Ora sei la regina
ed ha inizio la favola...

 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: RAFFAELLO CONCA  

Questo autore ha pubblicato 699 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Appena sopra l’incavo la luce si spense
singhiozzò parole sui desertici sogni
fece giri di storia in caldi ristagni
logori sottosuoli d’odio arrisi d’ali.
con la guerra nei cuori il sacro pianse
vivo come vita ai morti cari in memoria.
Scrisse rime su pagine di speranza in coma
e dipinse disperazione a festa prostituita menti.
Porta cigolante priva di suono
la morte danzò nero fumo vuoto,
impazzito colibrì di candido perdono
urlò libera la sua ombra dal manto di pace
schiaffeggiando il credo, fragile vello
e fu pianto umano , profezia trafitta di canto.
Ignara candida rosa divenne arpa di sorte
l’ultima lacrima al grido “La fantasia, il mio oltre!”
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Rosaria Chiariello  

Questo autore ha pubblicato 442 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.

Rubo un pestello
ed un mortaio 
quattro zolle di terra
la rugiada lunare
farfuglio parole
e Rea  mi ascolterà.

La  fiuto nel vento 
che sta per arrivare!

Anche se il cielo è
impregnato di silenzio ,
anche se i campi sono
spogli di  papaveri,
anche se un ricamo
delicato di brina
sposa ancora i rami nudi
degli alberi ed i cespugli
sono vuoti di ronzii.

Rea arriverà...
Ubertosa di rinascita e fertilità .


1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Caterina Morabito*   Socia sostenitrice del Club Poetico dal 14-03-2014

Questo autore ha pubblicato 920 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
A un passo dal sublime un gemito d’incanto
Squarcio genuflesso di singhiozzi alari
Pura bellezza verginea a miracolo d’intesa
In volo tra ghirlande di sorrisi a cornice di mare
Dai riflessi muti d’alchemiche danze
pose giocose d’esili onde tra ninfe in coro
Eteree salmastre promesse di bocche
Effluvi di sospiri d’eterne preghiere
Rapite nel perdono di promesse in dono
Gonfiate le vele all’essere amore e gentile
Armonia d'aurora fra pollini d’allegria
Questo il sogno in pianto dell’anima mia.
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Rosaria Chiariello  

Questo autore ha pubblicato 442 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.

Calda materia composta
agglomerato di movimenti e grida

Sento la terra che si muove sotto i piedi
lo stomaco sussultare

Tocco piacevolmente il tuo fare
il tuo essere

Mi commuovo senza lacrine
trascinato in un vortice di suoni

Ritorno davanti a te e sei nuova per me
riprovo lo stesso piacere

Confusa sequenza di limpidi impasti
semplice forma di bui
solitari colori

Tratti senza direzione, ruvidi riporti casuali
Forme inventate e mai progettate
Materia composta evochi l'intimo e personale desiderio
di sentirti


come prima
come mai
come forse
come se




 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Valerio Foglia*   Sostenitore del Club Poetico dal 28-02-2024

Questo autore ha pubblicato 285 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Al di là delle nuvole
il cielo
Al di là del cielo
le nuvole.
È questo che vede l’uomo
nell’infinità di specchi sovrapposti 
e perde la lucidità nelle supposizioni 
affidando la mente all’ignoto.
Ecco perché mi sono incamminato
per svelare il mistero
e nudo di mente e di cuore
ho sfidato intemperie e pianeti;
oltre le nuvole e oltre quel cielo
che da qui mi commuove
ho planato sull’atmosfera celeste
fatta di stelle e d’amore.
E’ lì che mi stava ad aspettare
un acerbo sole
che inchinato a se stesso
e inchinato al mio dolore
mi ha detto:
ho nostalgia della terra
di poggiare la testa sul mare
sentire il rumore della tempesta
e annusare del giglio, il candore.
Ed è così che ha preso il mio posto
ed io nudo di vita
sono rimasto a guardare
la terra, la gente che alza lo sguardo e s’illude
pensa che al di là delle nuvole
esiste il cielo
e che al di là del cielo
ci sono le nuvole
crede che dietro allo specchio
di un Dio inventato a misura
troverà in un giorno qualunque 
la via d’uscita di questo vagare
per vivere l'eterno
senza più compromessi
e la libertà di volare.
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Demetrio Amaddeo  

Questo autore ha pubblicato 280 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
DO rata
Dall'immagine calma nella Sua cornice, sorride e sorregge il bambino che fece di Lei
la madre di tutti, la preziosa signora della porta accanto.
RE mare
Taglio l'acqua per arrivare
Piange e gorgheggia i suoi lamenti, donando il cullare ad ogni casuale marinaio, con finta gioia
MI liardi
Non finisce il respitro del mondo. Particelle a miliardi abbiamo inalato.
Miliardi, non han potuto continuare.
FA rneticando
Qualche volta si cade o si sbatte. Pur restando fermi, pur restando in buona compagnia.
SOL levante
Tondo e rovente all'orizzonte di mandorli e peschi, scivola ogni sera, come burro in cucina.
LA festa
Moltitudine di grida e salti di giocosa felicità. Raggi di colore nel buio della notte.
Abbandonata dopo poco e dimenticata da molto.
SI llogie
Dante Alighieri, Pier Delle Vigne, Cecco Angiolieri, Petrarca, nè fecero da tramando.
Per riportare ai posteri avventori, la fine arte dello scrivere con melodia e qualche visione di fantasia.
 



 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Valerio Foglia*   Sostenitore del Club Poetico dal 28-02-2024

Questo autore ha pubblicato 285 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Dolce cullare, come navigare
Dolce avvicinarsi, come amarsi
Dolce rinvenire, come non morire
Dolce toccarsi, come ritrovarsi
Dolce sognare, come sperare
Dolce dimenticarsi, come non volersi
Dolce gustare, come sentire
Dolce trovarsi, come trovarsi
Dolce piovere, come bagnare
Dolce annullarsi, come pentirsi
Dolce cercare, come aspettare
Dolce fermarsi, come negarsi
Dolce provare, come accettare
Dolce, sentore piacevole nel palato
che il mio pensiero ha trasformato.


 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Valerio Foglia*   Sostenitore del Club Poetico dal 28-02-2024

Questo autore ha pubblicato 285 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Entrare in una favola
dove tutto all’inizio è difficile,
ma poi finisce sempre bene.
Entrare così
in un bel sogno
t’addormenti ogni notte
col pensiero di poterlo riprendere,
ma non è uguale
il sogno cambia
non è sempre una favola,
il finale è diverso
vorresti correggerlo,
ma non riesci a riprenderlo.
Lì t’accorgi della vita reale
e ti svegli da un sogno
che non volevi mai finire…

 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: RAFFAELLO CONCA  

Questo autore ha pubblicato 699 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Cercava la luna nel pozzo, 
ma ogni volta che vi guardava 
il rumore dei suoi pensieri ne increspava le acque.

E' il principio di indeterminazione di Heisenberg, 
sentenziò un vecchio dai capelli bianchi ed arruffati
che passò di lì un giorno, 
divertito dalla scena.

Lui, però, non si arrese:
pensò più in silenzio, 
smorzò, nella disperazione, le sue abitudini, 
non ascoltò più i suoi dolori, 
azzitti le sue speranze, 
le silenziò, intangibili al tatto

ma la luna gli si negava.

Così un giorno decise di calarsi nel pozzo, 
per raggiungere la luna nel silenzio dei suoi sogni

finì per annegare nella sua solitudine
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: Francesco Falconetti  

Questo autore ha pubblicato 27 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Ho cavalcato destrieri celesti
armato di spada e fuoco
ho estirpato il rosso uomo che crea sangue
ho violato le sue inique idee
ho catturato la sua donna
poi ho scelto di stare a guardare
gli alberi e questo mondo
tra le stelle e il suo ricordo
domani sarà ieri
 
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: fgl  

Questo autore ha pubblicato 269 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Faccio un passo
più indietro
e sono avanti
tu m'insegui
io mi sposto
non mi prendi
ti prendo
1 1 1 1 1
clicca sulle stelle per valorizzare il testo
Profilo Autore: fgl  

Questo autore ha pubblicato 269 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.
Per maggiori informazioni sui cookie e per gestire le preferenze sui cookie (di prima e/o terza parte) si invitano gli utenti a visitare anche la piattaforma www.youronlinechoices.com. Si ricorda però che la disabilitazione dei cookie di navigazione o quelli funzionali può causare il malfunzionamento del Sito e/o limitare il servizio.