Sapresti tu dirmi dove riposa
la parola trattenuta nell’assenza
o l’atto giudicato inadatto al fatto
o la deriva di vita allagata d’insipienza?
Sapresti tu dirmi dove avanza l’armonia
laddove rimorso e rimpianto si fanno compagnia
laddove muore il lamento dal salvifico squarcio
laddove l’io è solo un luogo d’intralcio
lungo vene sclerotiche di malinconia?
Sapresti tu dirmi se c’è raccolto l’espediente
nel cestino dei sogni all’alba d’un cuore
dal triste giogo che trema e gorgoglia amore
quando il pensier lucido brucia parole sotto la soglia
e la libertà più vera ama chiamarsi pena?
Ecco solo allora la luce sconvolge e scioglie.
Sapresti tu dirmi al fine nella vita
dov’è il tempo schermato e persuaso di doglie
che partorite malate illusioni è risolto in veglie?
Sapresti tu dirmi come si sceglie la pelle
per il sapere e il dolore d’essere
oltre le stelle lacrime di neve?
O come finge d’esser al fine morente
ma solo sino all’attimo contingente
la risacca china a far risalire la cima fino all’anima
spianata indicibile nell’inquietudine fetida
che si diverte a insultare i muri con la domanda nota?
“Sapresti tu dirmi dov’io son morta?”
“E se la mia poesia al fine è risorta?”
la parola trattenuta nell’assenza
o l’atto giudicato inadatto al fatto
o la deriva di vita allagata d’insipienza?
Sapresti tu dirmi dove avanza l’armonia
laddove rimorso e rimpianto si fanno compagnia
laddove muore il lamento dal salvifico squarcio
laddove l’io è solo un luogo d’intralcio
lungo vene sclerotiche di malinconia?
Sapresti tu dirmi se c’è raccolto l’espediente
nel cestino dei sogni all’alba d’un cuore
dal triste giogo che trema e gorgoglia amore
quando il pensier lucido brucia parole sotto la soglia
e la libertà più vera ama chiamarsi pena?
Ecco solo allora la luce sconvolge e scioglie.
Sapresti tu dirmi al fine nella vita
dov’è il tempo schermato e persuaso di doglie
che partorite malate illusioni è risolto in veglie?
Sapresti tu dirmi come si sceglie la pelle
per il sapere e il dolore d’essere
oltre le stelle lacrime di neve?
O come finge d’esser al fine morente
ma solo sino all’attimo contingente
la risacca china a far risalire la cima fino all’anima
spianata indicibile nell’inquietudine fetida
che si diverte a insultare i muri con la domanda nota?
“Sapresti tu dirmi dov’io son morta?”
“E se la mia poesia al fine è risorta?”
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