Mal ombra albeggi
ad oscurar
tu apponi manto e falce,
è la mia pelle che dileggi.
Il rigenerar perenne non t'avvale,
non t'arroga a vanto chi beffeggi.
Seppur tu pungoli e dispensi il male
non sempre riesci cancellar la vita altrui.
Morte
tu elargisci, un feral traguardo.
Vorrei poter lottare da pari a pari
E la tua falce consumar senza riguardo.
Nell'antro dell'oblio,
frapporre forza a forza,
fino a consumarmi l'anima
A te non cedo nulla.
a battere pupille
vagando eterei
tra sospesi vetusti visi
Immota lusinga di ieri
colpita da echi d’infanzia
come farfalle in fuga
su un treno senza soste
Un ultimo superfluo salto
prima di serrare gli occhi
godendo del declino
tra aneliti note d’addio
Ti guardo che stai per morire
Era una fredda giornata di Ottobre, l’autunno faceva il suo dovere ed il tempo trascorrendo veloce lo aiutava. I prati sempre più verdi, gli alberi ingiallivano.
Un’ape coraggiosa volava a zig-zag tra le chiome degli alberi sfiorando le foglie non più verdi come se avesse voluto posarsi su di esse, come se avesse voluto far loro visita, salutandole per un’ultima volta.
Una splendida foglia di platano era lì, su una delle fronde più alte del maestoso albero. Gialla si, con anche qualche macchia marrone qua e là ma ancora fortemente ancorata al suo ramo, ancora fiera.
Il vento la scuoteva e lei gioiva per quella tersa giornata anche se, da un po’ di tempo aveva capito, comprendeva che i suoi giorni erano ormai contati ed ogni tanto la malinconia dei tempi passati l’avvolgeva.
Quel giorno voleva guardare lontano, non poteva sopportare la vista delle sorelle che ad una ad una si staccavano dal proprio ramo e cadevano verso la fredda terra sottostante.
Nonostante le loro vite, i loro destini fossero già tracciati da leggi preistoriche loro, avevano paura, ed anche lei ne aveva.
Il giorno arrivò, lei non se lo aspettava che fosse proprio quello, ma in quella fredda giornata di Ottobre una folata di vento più forte ed intensa se la portò via.
Iniziò a roteare su se stessa poi, sospinta dalla stessa raffica che l’aveva rapita, cominciò a galleggiare in aria allontanandosi sempre più dal suo albero.
Distante qualche metro dall’albero vi era un torrente gonfio dalle piogge dei giorni precedenti, il rumore delle sue rapide facevano sembrare che il torrente ruggisse.
La foglia, ormai abbandonata al suo destino cadde a terra e finì il suo volo proprio vicino a quel corso d’acqua.
Lei pensò che non voleva finire lì dentro ma prima che il terrore prendesse il sopravvento una nuova folata la fece rotolare facendola finire in acqua. Fu spazzata via ed iniziò a roteare vorticosamente tra le rapide, si sentiva sballottata qua e là, impotente.
Poi, si fece coraggio ed aprì i suoi occhi serrati dallo spavento e vide, vide una luce intensa, brillante, i raggi trafiggevano l’acqua creando effetti bellissimi poi, riemerse ed affondò ancora di nuovo ed in questo incessante affondare per poi riemergere lei continuò a guardare.
Vide, vide milioni di ciottoli colorati e lucenti sul fondale del torrente,
vide i pesci, tante specie diverse di pesci, vide il cielo, gli uccelli, vide animali che non aveva mai visto. Vide nuove valli, montagne altissime, vide di nuovo le stelle ed ancora nuovi luoghi e cose talmente meravigliose che non poteva neanche immaginare potessero esistere.
Il torrente rallentò la sua corsa, non vi era più il frastuono di acque tumultuose, anzi.
La foglia assaporò nuove sensazioni e sentì che la quiete e la pace adesso erano in lei e capì, comprese che la sua vita non era finita, nuovi mondi l’attendevano, il suo viaggio era ancora molto, molto lungo.
A mia nonna.
sta lì
sull'orlo del precipizio
incurante del forte vento
che sferza il suo viso,
degli spruzzi potenti
del mare sugli scogli
che inzuppano
gli abiti e l'anima
Fermo sta lì
fissa un punto lontano
Vestito di rosso
involucro vuoto
il suo corpo
nulla sente, vede, pensa
Vestito di rosso
il colore che ella amava
- dove sarai amore mio
in quale sperduta dimensione
compi i tuoi voli -
un segno e da te verrò
...si vede ora
incurante del vento
dell'acqua fredda e salata
un informe macchia rossa
cullata dalle onde...
realmente accaduto il dramma
non poteva vivere senza di lei
Irto si rivelò il cammino
incalzando e spazzando passioni
ingannati da parole d’inchiostro
costellate d’agavi e rovi.
L’inverno, sul guanciale di neve
depone pulsioni incrinate
logorando senza fretta i sogni
avvolti da fruscii lontani.
E come velluto la pioggia
porterà via un sorriso alla terra
profumandola di rose rosse
allora, anche la morte… avrà un senso.
ma io dovevo capire...
dovevo capire che non avresti avuto altro tempo
dovevo capire che stavi andando via per sempre
tu sempre col cell...fra le mani
eppure non riuscivi a mandare nessun messaggio
e io...osservavo in silenzio,
tutto quel dolore che mi straziava il cuore.
Perchè non ho capito che stavi andando via per sempre,
e hai chiuso gli occhi e io non c'ero,
mi ero addormentata e non ti ho preso la mano
Perchè sei andato via senza dire niente,
senza salutare
in silenzio...
Perchè non potevo alleviare tutto quel dolore...
Vorrei tornare indietro, ma è troppo tardi
il tempo va solo avanti...
solo i ricordi ci riportano al passato
ma non basta, non basta... è troppo tardi
per tutte le parole non dette, per tutti gli abbracci non dati,
per tutte le cose non fate...è tardi
e tu ...non ci sei più
C'era luce in quella stanza,
colma di visi smarriti,sconvolti,stanchi..
Al centro c'era lui,immobile che ci guardava..
Si sentiva il suo respiro stanco e affaticato,
ed un mormorio più in là,nell'altra stanza,di bambini incerti e dubbiosi.
Morte:sei arrivata pian piano,
e senza guardare in faccia nessuno di noi,
lo hai portato via con te,così,in un momento...
In quello stesso istante nessuno aveva la forza di piangere..
neanche una lacrima,ma neppure un sorriso!
La sua anima uscì subito dopo dal suo corpo,
si è invisibile,ma io la vidi aprire la porta e andare via..
Morte:sei fredda e crudele,
se avessi guardato gli occhi di chi lo amava non l'avresti portato via..
Ma tu non rispetti nessuno,
ed ora di lui resta soltanto una foto sommersa di fiori in un piccolo pezzo di marmo grigio..
ma tantissimi cuori che lo ricorderanno sempre e lo vorranno ancora e per sempre
un mondo di bene..
Dedicata a mio nonno Simone
Avvolta nel sudario
di morbido lino
attendo paziente l'oblio
al trovar quella pace
tanto anelata e mai trovata
Danzano intorno
ricordi e pensieri
mosche nere fastidiose
in attesa di pasteggiare col mio corpo
che cenere tornerà
perchè cenere ero
Nulla importa, non sarò più
volerò con gli angeli
nel divino cielo
canterò nel coro di voci bianche
suonando un'arpa d'oro
Il corpo è un involucro
di carne e sangue
l'anima è la vita,
il soffio di Dio donato alla nascita
che a Lui ritorna
quando la campana per noi suona
Si fa buio
atonia si fonde in me
gli occhi piano si chiudono
a questo mondo
la campana ha suonato
Addio vita che tanto mi hai dato
quanto tanto mi hai negato
ti ho amato, rispettato
ora mi inchino
al voler di Colui
che mi ha generato,
con gioia tutti saluto
non spargete lacrime
per me siate felici
un dì ci rivedremo
e vera vita avremo!
Me ne andrò nella gioia
di un mattino d'inverno.
Sarà come scegliersi,
ad un tratto
per la prima volta.
Con le braccia curve
sui fianchi, guardarsi
stanchi e sereni
dalla cima di un sentiero
pietroso e sofferto.
Oh quante volte mi persi
a cercare il nulla
oltre il tempo e le stagioni.
Il nulla che riposa
oltre l'arido sguardo
che non sa più dire.
E me ne andrò
in un mattino d'invero.
Come fumare l'ultimo tiro
prima di un abbraccio.
Sarà come accogliere
in un abbraccio
il ritorno
di una cara amica
o il ritorno di una gioia
che mancava.
Piccola foglia
dal tempo ingiallita
combatti con tutte le tue forze
ma la natura è più forte....
ecco si stacca da suo ramo
dove vita breve a vissuto
di giovane foglia verde, sorridente
giocando col vento
e con le sue tante sorelle
Scivola giù pian piano
un alito di vento
verso l'alto la sospinge
vana speranza
Riprende lenta la discesa
volteggia, si gira contorcendosi
nel dolore
non vuol finire così
la sua breve vita
Tra le lacrime amare
intrappolate nelle ciglia
vede il suolo umido
di questa sera d'autunno
avvicinarsi sempre più
con rassegnazione accellera così
la sua discesa
Ormai è finita....
al suolo si accascia dolcemente
raggiunto ha una pace
non ancora desiderata.....
di chi sceglie come vittima
dedicata a tutte le giovani vite
stroncate troppo presto
e con tanta voglia di vivere
ancora....
Sono la pietra usata per uccidere ma ben levigata
e mi domando
non mi chiedi se io voglio
la mano mi afferra
ero in pace a terra
il sole mi scaldava
l'acqua mi lavava
un'uomo ne fece una dimora
ed io lo accolsi
voi insanguinate il mio corpo
uccidete il vostro
lapidate le vostre coscenze
l'amore non vi appartiene
lui che pregate
e parte del sangue
lui ha lacrime
da regalarvi
mentre lei muore
lui muore <A>
Du'a Khalil Aswad chiedo perdono per loro