Ora sto bene, la corrente del fiume mi culla, il mio corpo ondeggia. Sono ferma qua, la mia gamba è incastrata non so dove, non vedo bene, l’acqua del fiume non è limpida.
Vedo la luce del sole filtrare, so quando è giorno e notte. Non sono molto sotto il livello, presto mi troveranno.
La pace che provo ora non ho parole per descriverla è una sensazione che tutti prima o poi conoscono.
Forse per me ha più valore perché la mia vita, a differenza da quello che poteva sembrare, era diventata un inferno.
Sembrava perfetta la mia esistenza: moglie, madre, casalinga. Una bella casa in campagna, orto, giardino, animali. Avrei potuto girare la pubblicità del Mulino Bianco.
Ero bravissima a scuola, mi sono diplomata senza difficoltà. Le mie difficoltà erano nei rapporti sociali, da sempre ho combattuto con la mia timidezza. Col tempo mi sono accettata : “E’ il mio carattere”, pensavo “Non siamo tutti uguali”.
La mia famiglia era molto religiosa e mi ha trasmesso la devozione per Dio e il rispetto per i sacramenti.
Ho avuto solo due fidanzati, uno alle scuole superiori che tenevo nascosto. Mi sembrava che fosse “sconveniente” avere un filarino a sedici anni. Me ne vergognavo, ora mi rendo conto di tante cose, ma è tardi sono qua in fondo al fiume.
Il secondo fidanzato è colui che in seguito sarebbe diventato mio marito. Religiosissimo anche lui. Mi sembra superfluo dire che mi sono sposata vergine. Ci credevo, ero innamorata, credevo nella famiglia.
Dopo il diploma ho iniziato a lavorare, è stato facile per me trovare un’ occupazione avendo un curriculum scolastico ottimo.
Vivevo in una grande città. Nella mia vita tutta casa, lavoro e chiesa entrò lui, quello che poi è diventato mio marito. All’inizio era tutto meraviglioso, tutte le storie d’amore iniziano così, il difficile è far durare quel “meraviglioso”.
Per amore ho lasciato il lavoro e ho cambiato città, poi sono andata a vivere in campagna. Oggi, qui in fondo al fiume, ripensando alla mia vita, se tornassi indietro, probabilmente sceglierei il lavoro. E’ troppo facile così, tutti se potessimo tornare indietro cambieremmo qualcosa.
Ho avuto tutti i figli che il Signore ha voluto donarci. Mi spiace tanto per i miei quattro figli, ma ormai ero una mamma troppo depressa per poterli aiutare, non avevo più le forze.
L’idea di famiglia che avevo quando ero ragazza era molto diversa da quella che ho vissuto.
Lavoro, pazienza, devozione e solitudine. E’ questa la parola che più a peso in tutta questa vicenda SOLITUDINE.
A casa, dopo aver portato i bambini a scuola, durante i lavori domestici, ascoltavo le canzoni dei Modà. Canzoni d’amore, un amore che ormai io non conoscevo più. Mio marito era troppo occupato nel suo lavoro principale e poi nel lavoro a casa dell’orto e con gli animali. Parole d’amore e di affetto per me non ce n’erano più.
Forse gli uomini si dimenticano che noi abbiamo anche un’anima che ad una pianta di insalata forse preferiamo una mano sulla nostra, un sorriso e una frase : “ Come va? Sei stanca?”.
Mi marito non era una persona violenta, non mi trattava male, non mi faceva NIENTE. E’ a quel “ niente” che le donne non possono ribellarsi, non è possibile mostrare la nostra anima sofferente, se non con le lacrime.
Nella mia bella e grande casa le molte ore in solitudine e dolore mi pesavano sempre di più. Il mio carattere timido e introverso non mi permetteva di confidarmi. Io non avevo amici, solo conoscenti. Gli unici posti che frequentavo erano la scuola dei bambini, il supermercato e la chiesa.
Unico contatto sociale era il computer, facebook, una vera manna per le persone timide come me.
In chat riuscivo a dire qualcosa di più. Anche a lui, il papà del compagno di scuola di mio figlio.
Un’amicizia fatta di piccole confidenze e affetto. Lo vedevo al mattino all’ingresso della scuola quando accompagnavo mio figlio e gli scrivevo alla sera su facebook.
A mio marito non andava che stessi al computer, era geloso. Non voleva che parlassi con altri, non ha mai capito che lo facevo perché lui non parlava più con me.
Non so come sia riuscito ad avere le mia password. E’ entrato nel mio profilo e ha letto alcuni messaggi.
Ha visto un orsacchiotto che aveva tra le mani un cuore con su scritto “Ti voglio bene”.
Si è molto arrabbiato, non ha pensato a quanto fosse semplice far contenta una donna, una moglie, una mamma, una casalinga : basta un orsacchiotto con in mano un cuore.
Da quella sera non ho più vissuto tranquilla, la sua gelosia è diventata un’ossessione, la sua ossessione per me si è trasformata in un’enorme senso di colpa che piano piano mi ha uccisa. Una timorata da Dio come me che si innamora di un altro era inammissibile, pensavo di essere sulla bocca di tutti, ma tutti se ne fregavano di me, della casalinga sola e depressa che forse avrebbe potuto laurearsi e avere una brillante carriera sul lavoro.
Ormai il mio equilibrio si era incrinato, di notte sentivo nella mia testa voci che mi torturavano. Ho tentato di confidarmi con qualcuno, ma non ci sono riuscita le parole non mi uscivano.
Sono finita in fondo al fiume, non importa sapere se mi ha uccisa mio marito per gelosia o se la mia depressione mi ha portato a questo gesto estremo, ormai sono qua.
Le trasmissioni televisive usano la mia storia come pane quotidiano. Chissà quante donne si sono immedesimate in me, quante donne hanno pensato che la loro vita fosse un po’ come la mia.
Forse la nostra parte interiore è più elaborata e complessa di quella degli uomini, loro sono più pratici.
Non dispiacetevi per me ora sono serena, guardate la mia foto sul profilo di facebook e ricordatemi così, sorridente, tra i fiori … per sempre.
Vedo la luce del sole filtrare, so quando è giorno e notte. Non sono molto sotto il livello, presto mi troveranno.
La pace che provo ora non ho parole per descriverla è una sensazione che tutti prima o poi conoscono.
Forse per me ha più valore perché la mia vita, a differenza da quello che poteva sembrare, era diventata un inferno.
Sembrava perfetta la mia esistenza: moglie, madre, casalinga. Una bella casa in campagna, orto, giardino, animali. Avrei potuto girare la pubblicità del Mulino Bianco.
Ero bravissima a scuola, mi sono diplomata senza difficoltà. Le mie difficoltà erano nei rapporti sociali, da sempre ho combattuto con la mia timidezza. Col tempo mi sono accettata : “E’ il mio carattere”, pensavo “Non siamo tutti uguali”.
La mia famiglia era molto religiosa e mi ha trasmesso la devozione per Dio e il rispetto per i sacramenti.
Ho avuto solo due fidanzati, uno alle scuole superiori che tenevo nascosto. Mi sembrava che fosse “sconveniente” avere un filarino a sedici anni. Me ne vergognavo, ora mi rendo conto di tante cose, ma è tardi sono qua in fondo al fiume.
Il secondo fidanzato è colui che in seguito sarebbe diventato mio marito. Religiosissimo anche lui. Mi sembra superfluo dire che mi sono sposata vergine. Ci credevo, ero innamorata, credevo nella famiglia.
Dopo il diploma ho iniziato a lavorare, è stato facile per me trovare un’ occupazione avendo un curriculum scolastico ottimo.
Vivevo in una grande città. Nella mia vita tutta casa, lavoro e chiesa entrò lui, quello che poi è diventato mio marito. All’inizio era tutto meraviglioso, tutte le storie d’amore iniziano così, il difficile è far durare quel “meraviglioso”.
Per amore ho lasciato il lavoro e ho cambiato città, poi sono andata a vivere in campagna. Oggi, qui in fondo al fiume, ripensando alla mia vita, se tornassi indietro, probabilmente sceglierei il lavoro. E’ troppo facile così, tutti se potessimo tornare indietro cambieremmo qualcosa.
Ho avuto tutti i figli che il Signore ha voluto donarci. Mi spiace tanto per i miei quattro figli, ma ormai ero una mamma troppo depressa per poterli aiutare, non avevo più le forze.
L’idea di famiglia che avevo quando ero ragazza era molto diversa da quella che ho vissuto.
Lavoro, pazienza, devozione e solitudine. E’ questa la parola che più a peso in tutta questa vicenda SOLITUDINE.
A casa, dopo aver portato i bambini a scuola, durante i lavori domestici, ascoltavo le canzoni dei Modà. Canzoni d’amore, un amore che ormai io non conoscevo più. Mio marito era troppo occupato nel suo lavoro principale e poi nel lavoro a casa dell’orto e con gli animali. Parole d’amore e di affetto per me non ce n’erano più.
Forse gli uomini si dimenticano che noi abbiamo anche un’anima che ad una pianta di insalata forse preferiamo una mano sulla nostra, un sorriso e una frase : “ Come va? Sei stanca?”.
Mi marito non era una persona violenta, non mi trattava male, non mi faceva NIENTE. E’ a quel “ niente” che le donne non possono ribellarsi, non è possibile mostrare la nostra anima sofferente, se non con le lacrime.
Nella mia bella e grande casa le molte ore in solitudine e dolore mi pesavano sempre di più. Il mio carattere timido e introverso non mi permetteva di confidarmi. Io non avevo amici, solo conoscenti. Gli unici posti che frequentavo erano la scuola dei bambini, il supermercato e la chiesa.
Unico contatto sociale era il computer, facebook, una vera manna per le persone timide come me.
In chat riuscivo a dire qualcosa di più. Anche a lui, il papà del compagno di scuola di mio figlio.
Un’amicizia fatta di piccole confidenze e affetto. Lo vedevo al mattino all’ingresso della scuola quando accompagnavo mio figlio e gli scrivevo alla sera su facebook.
A mio marito non andava che stessi al computer, era geloso. Non voleva che parlassi con altri, non ha mai capito che lo facevo perché lui non parlava più con me.
Non so come sia riuscito ad avere le mia password. E’ entrato nel mio profilo e ha letto alcuni messaggi.
Ha visto un orsacchiotto che aveva tra le mani un cuore con su scritto “Ti voglio bene”.
Si è molto arrabbiato, non ha pensato a quanto fosse semplice far contenta una donna, una moglie, una mamma, una casalinga : basta un orsacchiotto con in mano un cuore.
Da quella sera non ho più vissuto tranquilla, la sua gelosia è diventata un’ossessione, la sua ossessione per me si è trasformata in un’enorme senso di colpa che piano piano mi ha uccisa. Una timorata da Dio come me che si innamora di un altro era inammissibile, pensavo di essere sulla bocca di tutti, ma tutti se ne fregavano di me, della casalinga sola e depressa che forse avrebbe potuto laurearsi e avere una brillante carriera sul lavoro.
Ormai il mio equilibrio si era incrinato, di notte sentivo nella mia testa voci che mi torturavano. Ho tentato di confidarmi con qualcuno, ma non ci sono riuscita le parole non mi uscivano.
Sono finita in fondo al fiume, non importa sapere se mi ha uccisa mio marito per gelosia o se la mia depressione mi ha portato a questo gesto estremo, ormai sono qua.
Le trasmissioni televisive usano la mia storia come pane quotidiano. Chissà quante donne si sono immedesimate in me, quante donne hanno pensato che la loro vita fosse un po’ come la mia.
Forse la nostra parte interiore è più elaborata e complessa di quella degli uomini, loro sono più pratici.
Non dispiacetevi per me ora sono serena, guardate la mia foto sul profilo di facebook e ricordatemi così, sorridente, tra i fiori … per sempre.
Commenti
Molto brava Barbara nel narrare ,la lettura è coinvolgente e scorrevole ,nonostante il tema sia triste e purtroppo all'ordine del giorno..
Anche "la solitudine si veste di facebook" sarebbe stato un titolo azzeccato .
Si è quel che si è a prescindere(anc he quando "non si è " come in questo caso ) e non si può cambiare ..
Alla prossima.
Spero tanto che l'epilogo della storia di quella signora sia completamente diverso dal finale del tuo bellissimo racconto