Posso finalmente scavare tra i calcinacci e le speranze. Da qualche giorno si sono spenti i roghi, insieme al rumore dei bombardamenti. A dire il vero sono fortunato… ho sempre e solo sentito gli schianti, vicini ma non troppo. E sono fortunato ad avere ancora in buono stato la carcassa di un’auto proprio dietro al forno. Quello è restato in piedi. Ma sempre da qualche giorno anche il pane vecchio scarseggia. Così ho ridotto i pasti al desinare verso il calar del sole, e grazie al cielo è rimasto un pantano dove prima c’era il pozzo. La sera avvolgo le mani nelle foglie di frumentone, che al granturco non servon più. E la sera scrivo. Mi è rimasta pure una matita nel taschino, anche se fra un po’ non potrò più far la punta. Per non scordare chi sono, o dimenticare chi amo. Qui non c’è nessuno da parecchio tempo, e non so più se siano passati ventisette giorni o anni. 
Poi sono fortunato perché mi è riuscito di salvare un tesoro… la notte apro piano il cassetto che ha una molla rotta del cruscotto e prendo la fotografia di mia moglie e i miei figli un’estate al mare, facendo attenzione a non rovinarla. E ogni notte li guardo.
Quando sono fortunato chiudo gli occhi qualche ora, ma mi sveglia quasi sempre il rumore degli ultimi calcinacci che ancora cadono. Alle prime luci mi rimetto a scavare… tra quelli, e le poche speranze che ancora non cadono.
Forse ho detto tante volte e troppe che son stato fortunato, ma un’altra parola non la trovo per quella mattina… credo fosse primavera quando dalle rovine dietro il muretto a secco ho sentito un ragazzino -Papà, buon compleanno papà mio…-, e qualche passo avanti a lui quasi due uomini con la forza ancora di piangere. E lei. Il passo lento e stanco, ma sempre così bella anche col viso sporco tra i capelli ingrigiti. E anche se il sole tiepido mi accecava quasi gli occhi potevo scorgere con loro un’altra persona, forse una donna… Me li aveva riportati.

“Me li avevi riportati. Ricordi!?”.  <Ricordo. Avevo sentito alla radio che la guerra da te era stata più devastante che altrove. E un mattino ero partita con un mezzo di fortuna… una specie di corriera>. Da allora ogni giorno verso il calar del sole prendiamo il tè nella veranda del piccolo bungalow che mi sono potuto permettere, e riusciamo ancora a ridere davanti alla fotografia che la vita ci ha permesso di fare: io con mia moglie e i miei figli e tu, l’amica che mi ha aiutato a non scordare chi sono, o dimenticare chi amo.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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