Capita, a volte, di essere già immersi nei pensieri e che la mente faccia viaggi lontani, magari fino all'infanzia, attratta da un qualcosa che la porta a ricordare. Fu così per me, in quel pomeriggio di pioggia battente e l'acqua scrosciava ormai da qualche ora. Ero in casa, sola, intenta nelle mie faccende, con la musica in sottofondo a tenermi compagnia. Avevo bisogno di una pausa, ero un pò stanca e annoiata dalla monotonia dei gesti. Mi avvicinai alla finestra e guardai il cielo, sperando smettesse di piovere, quando un rumore improvviso e le grida allegre di alcuni bambini, che correvano alla ricerca di un riparo, mi fecero tornare in mente quel giorno che ci sorprese la pioggia e sorrisi malinconica. M'immersi nel ricordo. All'epoca ero una bambina, sui nove anni, credo. Vivevo con la mia famiglia, in un appartamento al primo piano, sopra l'officina di mio padre, all' inizio di una lunga via, collegata alla via principale che attraversava il paese. Era una via, dove non passavano automobili, in cui abitavano anche altri bambini, più o meno della mia età, compagni di scuola, di classe e di giochi. Spesso c'incontravamo nel pomeriggio e giocavamo per strada fino a sera, quando la mamma chiamava a gran voce dalla finestra di casa, per cena. Correvamo, saltavamo con la corda, giocavamo a palla, andavamo in bicicletta, insomma ci divertivamo riempiendo l'aria di risate, grida...di vita. In fondo alla via, in una casa vecchia, rivestita di mattoni consumati dal tempo e calce, circondata da un muretto basso, con la cancellata in ferro mezzo arrugginito e resti di vernice bianca e blu, viveva una donna anziana. Era una persona buona, dalla figura esile e piccola, incurvata dagli anni. Aveva sempre i capelli bianchi ben raccolti in un fazzoletto grigio, sbiadito, legato da un nodo sotto il mento. Indossava vestiti scuri, per via del lutto per il marito, morto troppo presto per lei, lasciandola sola, anche se i figli erano già grandi e sposati. La chiamavano tutti nonnina, perchè era la più anziana della via. Quel giorno il cielo era nuvoloso, giocavamo spensierati e incuranti del resto e non ci accorgemmo che iniziò a piovere. In pochi minuti si scatenò un temporale e la nonnina ci fece cenno di riparci a casa sua, come le altre volte, visto che eravamo poco distanti da casa sua a giocare. Correndo, schizzandoci l'acqua delle pozzanghere, cantando e urlando, arrivammo dalla nonnina. Eravamo un bel gruppetto di bambini fradici di pioggia, ma era estate. La nonnina, nonostante la sua età, quasi novantenne, lavorava all'uncinetto, seduta sulla sua sedia dalla struttura arrugginita e con un cuscino rivestito di stoffa rammendata verde scuro. Ci fece sedere a terra, in veranda, in semicerchio, intorno a lei. Chiese alla nipote, che viveva con lei, di preparare dei biscotti e del succo di frutta, che accettammo volentieri. Amava raccontarci storie che inventava o ricordi di gioventù. Noi le volevamo bene e lei ne voleva a noi, ci considerava nipotini suoi. Sapeva catturare la nostra attenzione col suo raccontare, mentre attenta faceva il suo lavoro all'uncinetto. Indossava degli occhiali a metà naso e ci guardava da sopra di essi, per richiamarci con gentilezza, quando ci distraeva una mosca fastidiosa. Quel giorno ci raccontò una storia lunga, di una donna giovane e bella, la sua storia d'amore con un bel giovane, resa divertente nelle peripezie che aveva dovuto affrontare. Era dolcissima quando rideva con noi. Sollevava le mani rugose e morbide, quando rideva, e muoveva leggermente le gambe, coperte a metà dalla gonna scura e ampia e calze leggere grigie, che le andavano larghe e a volte, le scendevano fino alle caviglie, sollevava poco i piedi, chiusi nelle ciabatte scure e consumate. Proseguì il racconto, tenendo la testa bassa sul lavoro e le parole che uscivano dalla bocca rugosa e rosea ci tenevano a bada e attenti all'ascolto. Ad un certo punto guardò il cielo, sollevando gli occhiali col suo movimento lento, il racconto era finito con le nostre fragorose risate. Ci osservò uno ad un uno e con un sorriso disse che era tempo di andare. Ci alzammo, nel frattempo aveva smesso di piovere. Salutammo baciandola tutti sulla guancia e ringraziammo del racconto, dei biscotti e della bevanda. Lei sorrise contenta. Tornammo di corsa a giocare. Qualche giorno dopo mia nonna mi disse che la nonnina aveva avuto un malore e non ce l'aveva fatta. Poi sorridendomi disse che era salita in cielo per far ridere gli angeli. Tornai alla realtà, non pioveva più. Guardai il cielo e sorrisi.
Commenti
Brava, anche perchè non ci sono tutti quei puntini. Non farci caso, è un fatto personale...con i puntini...
Complimenti per la stesura, per la storia e per la tenacia nello scrivere con quei tastini piccoli!
Piaciutissima!
Vedo sempre il mio collega ipertecnologico che ogni tanto armeggia, mi sembra comoda sta cosa!