Passò tempo, tanto tempo. Le stagioni si avvicendavano ed Ignazio di quella ragazza non seppe più nulla. Era davvero desideroso di sapere come le erano andate le cose, se stavano bene lei e il bambino, dove si trovavano... Tutte domande alle quali non avrebbe mai avuto risposta. A meno che, le risposte, non se le fosse andato a trovare da solo.

Lei per lui non era davvero nulla, ma c'era in lui una curiosità quasi morbosa che doveva essere soddisfatta...
Decise che era venuto il momento di conoscere la sorte di Angela. Un giorno, anziché recarsi al lavoro, prese un permesso, e andò nella località di campagna che lei gli aveva indicato, quindi, cercò della famiglia Monticelli. Non fu facile individuare la casa di Angela, anche se lei gliel'aveva descritta, a lui quelle case coloniche sembravano tutte uguali.
Finalmente arrivò a quella che doveva essere la casa di Angela, ma era disabitata. Non era in decadenza. Era vuota e chiusa. Allora chiese in giro là vicino; si ricordò di Floriana, la cara cugina di Angela che lei nominava sempre. Cercò di lei e le indicarono dove trovarla, proprio l'ultima fattoria, al confine della strada con i campi coltivati.
Andò quindi in quella direzione a passo svelto e dopo poco arrivò alla meta. C'erano delle donne nello spiazzo davanti alla casa e chiese a loro di Floriana.
Lei abitava lì, ma al momento era in città per commissioni, decise di aspettare il suo rientro.
Arrivò la sera, Ignazio sconsolato stava per andarsene, ma proprio allora Floriana arrivò.
Vide una macchina avanzare verso la casa, immaginò che fosse lei, infatti lo era, in compagnia del fidanzato stava rientrando per la cena.
Allora le andò incontro, deciso ad avere notizie di Angela. Non si conoscevano, ma lui affrontò l'argomento con la scusa che cercava la cugina per farsi restituire il denaro che le aveva prestato. Floriana ammutolì e rabbuiò lo sguardo, poi, piano piano, prese a raccontare...
Angela era morta pochi giorni dopo il parto e il bambino era stato dato in adozione.
Inutile chiedere dove fosse, o quale famiglia lo avesse adottato, Floriana non ne sapeva nulla, sapeva solo che era un maschietto. Gli disse anche che lei si stava per sposare, e dopo il matrimonio sarebbe andata a vivere in città, la casa era già quasi pronta. Gli diede l'indirizzo e gli assicurò che se avesse avuto notizie del bambino, quando lui la sarebbe andata a trovare, glie le avrebbe date.
Firenze! Firenze! La prossima stazione! - Il capotreno urlava nell'altoparlante.
Ignazio si svegliò appena in tempo per prendere la borsa e scendere al volo!
Che sogno... Non gli capitava spesso di addormentarsi in treno, mentre andava al lavoro, ma stavolta era stato un sonno profondo, accompagnato da quel sogno cosí strano...
Mentre percorreva a piedi, il tragitto dalla stazione all'azienda dove lavorava, ripensò ai personaggi che aveva visto in sogno, alla storia che aveva vissuto, a quella ragazza...

Come si chiamava? Ah già Angela. E c'era anche... Si, sua cugina, una certa... Floriana!
Ignazio era impressionato di come quel sogno gli sembrasse vero, e le persone fossero familiari, come averle conosciute davvero...
Trascorse la sua giornata di lavoro rimuginando di come sia strano ciò che passa per la testa ad un uomo quando dorme, e quanto possa sembrare vero un sogno. Durante il viaggio di ritorno, il pensiero del sogno era svanito, lasciando il posto al suo solito cruccio: le sue radici.
Non era sereno, e non lo sarebbe mai stato, senza sapere la sua storia.
Finí la settimana e la domenica pensò di andare a trovare il padre, che dopo la morte della moglie, era rimasto solo. Ignazio era deciso a mettere alle strette il suo papà adottivo, per tirargli fuori qualche notizia sulle sue origini e sulla sua vera madre.
Una volta tirato in ballo l'argomento, il padre cercò di tirarsi indietro e di non parlare di nulla, ma Ignazio era determinato a non desistere, e cosí fece.
Il padre allora capitolò e gli disse tutta la verità.
Il suo fratello maggiore, il medico, lo zio Piero adorato da Ignazio, in gioventù aveva una segretaria, così semplice che veniva dalla campagna, quanto bella e sincera.
Lui era sposato da poco, un matrimonio riparatore, la moglie infatti aspettava un figlio suo... Si invaghì della bella segretaria campagnola, ma non poté fare nulla se non tirarsi indietro, quando seppe che anche lei aspettava un figlio da lui. La ragazza continuò a lavorare un altro poco allo studio medico e poi sparì. Fu la cugina, che otto mesi dopo, si recò da lui per informarlo che la povera ragazza era morta pochi giorni dopo il parto, che aveva avuto un bel maschietto, e che qualcuno lo avrebbe adottato. Visto che la famiglia per evitare scandali non ne voleva sapere, e anzi l'aveva confinata in un convento a trascorrere gli ultimi mesi di gravidanza. Per questo era morta, il parto era stato difficile e là non aveva avuto l'assistenza necessaria, un'infezione la portò via al suo bambino in appena una decina di giorni.
Era lá in convento che aveva visto Ignazio per la prima volta, accompagnando suo fratello a vederlo. Lui non lo poteva adottare, aveva già un figlio suo nato da appena un mese e non poteva certo raccontare tutta la storia alla moglie.
Cosí ti presi io, mia moglie non poteva avere figli, ci sembrò la soluzione migliore per tutti.
Lui, lo zio Piero ti ha sempre seguito, si era pentito di come erano andate le cose, ma ormai gli restava solo di poterti veder crescere, starti vicino come zio... È stato lui a sostenere le spese per la tua universitá, lo sai?
Ed è stato lui, per suo volere, l'unico presente quando hai discusso la tesi di laurea, ed è stato sempre lui a proporsi ed imporsi, come padrino per i tuoi figli, lo rammenti?
Solo lui ed io siamo a conoscenza di tutta la storia, e la cugina...

- Aspetta papà, non continuare... come si chiamava mia madre?-
- Angela -
- E la cugina? Aspetta, credo di saperlo, Floriana vero? -
Il padre si sentiva più leggero nell'anima, ora che aveva raccontato al figlio tutta la storia.
Ignazio si sentiva sospeso tra la realtà e la fantasia, decise comunque di andare dallo zio e fargli delle domande. Perché aveva lasciato che suo figlio, venisse cresciuto da altri?
E soprattutto perché era stato così vigliacco con quella povera ragazza abbandonandola? Già, quella ragazza, sua madre... che per dargli la vita aveva perso la sua. Voleva anche cercare la cugina, Floriana, lei gli avrebbe detto com'era sua madre, dove si trovava sepolta, se avesse sofferto...
Salutò il padre e andò incontro al suo passato, a prendersi finalmente tutte le risposte che aspettava da tutta una vita. Si recò per prima cosa dallo zio Piero, pensando a come avrebbe dovuto chiamarlo, da ora in poi... Ripensò anche, ora, con occhi nuovi, al rapporto stretto che c'era sempre stato con suo cugino Arnaldo, sempre incoraggiato dallo stesso padre Piero... Ora quadrava davvero tutto, ora vedeva tutta la sua vita passata sotto un'altra luce.

(Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice. Ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale).




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Profilo Autore: Maria Rosa Schiano  

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Avvenne il nostro incontro
su seggiole Tonet
attorno a un tavolo di marmo
in uno storico caffè

Locale di primo novecento
col parquet scurito, il soffitto coi rosoni
dipinti liberty alle pareti
bancone luccicante d'ottoni

Letterati,lettori di giornali nelle stecche
signore vecchie gli habituè
dietro ai biliardi lei e io 
finché attirò sguardi un cigolio


(Si tratta del Caffè San Marco di Trieste)

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Che sole stamane! Questo è il primo pensiero che gli veniva in mente quella mattina, mentre il treno correva via veloce. Nulla di nuovo si diceva, come al solito, c'era un tarlo nella sua mente che non smetteva mai di scavare...

Ignazio era un impiegato di una grossa azienda che produceva profilati in metallo, destinati all'industria edile. Lui era la punta di diamante dell'ufficio sviluppo, le sue capacità di disegnatore industriale, erano indispensabili per la messa in produzione di intere nuove linee di prodotti, via via sempre più ergonomici e competitivi sul mercato.
Lui abitava a Napoli, e tutte le mattine all'alba, prendeva il treno per recarsi al lavoro in un'altra città.
Era un uomo sulla quarantina, con i capelli scuri appena spruzzati di grigio, non molto alto ma asciutto nel fisico. Una famigliola affiatata, la moglie insegnante di Scuola Elementare, due bambini e... la sua famiglia adottiva.
Già, Ignazio era stato adottato da piccolino. La mamma adottiva non parlava volentieri di questo argomento, e tantomeno il padre.
Per lui però, scoprire di più sul suo passato era importante, un tarlo appunto.
Desiderava tanto conoscere la sua storia, sapere se la sua madre naturale fosse ancora viva...
Le avrebbe fatto tante domande, chiesto quale segreto nascondeva quell'abbandono, perché l'aveva fatto.
Ma le sue domande sembravano essere destinate a restare senza risposte; intanto la vita scorreva comunque.
Ora però, che la mamma adottiva era morta, la voglia di conoscere il suo passato era più prepotente che mai.
Fuori dal finestrino la solita campagna, dentro la sua testa i soliti pensieri.
E cosí, mentre rimuginava, si aprí la porta dello scompartimento ed entrò una ragazza sulla ventina. Gentile ma affannata, chiese se poteva sedersi ai presenti.
Tutti risposero di si ovviamente, c'erano due posti ancora liberi, ma la sua entrata lí, rischiò di far scoppiare tutti a ridere. Aveva un vestito a fiori, come non se ne vedevano da anni ormai, rose di uno sgargiante fucsia e foglie verde smeraldo. I sandali rasoterra e una piccola borsa che era decisamente fuori moda, che lei stringeva come se contenesse un tesoro.
Si era seduta proprio di fronte ad Ignazio e poco dopo iniziarono a parlare. Si presentarono, lei si chiamava Angela. Era una ragazza della campagna intorno a Napoli, e stava andando anche lei verso il nord. Non aveva avuto la possibilità di studiare, ma sperava di poterlo fare una volta avviata al lavoro, tramite le scuole serali. Per il momento si diceva felice di aver trovato un impiego che le avrebbe consentito di uscire dalla miseria dell'entroterra rurale.
Andava a prendere il posto di un'amica che si sposava, e doveva lasciare il lavoro di segretaria in uno studio medico. Per il momento solo tre giorni a settimana, ma era meglio di niente, quindi partiva da Napoli il lunedí mattina e rientrava il giovedí sera. 
Questa volta il tempo ad Ignazio era passato in un lampo, la voce del capotreno annunciava che era prossima la stazione di Firenze, scese anche la ragazza dal vestito a fiori, lui la voleva salutare, ma lei appena scesa si dileguò.
Quel giorno al lavoro, Ignazio stranamente di sentí sereno e meno nervoso del solito, pensava a quella ragazza, ai suoi sogni, a quanto poco aveva avuto dalla vita, alla sua allegria.
Passò tempo e il pensiero di quella ragazza lo aveva già lasciato, quando un lunedí mattina...La rivide, con il solito vestito a fiori e la sua aria semplice e felice.
Lui salí insieme a lei e si mise nello stesso scompartimento e di nuovo iniziarono a parlare come se il tempo non fosse passato. Lei gli raccontò dei suoi dubbi circa quel lavoro, si doveva fermare a dormire nello studio medico, e il dottore la insidiava, non le dava pace.
Mentre lei parlava, Ignazio si accorse che il vestito di Angela era rimasto impigliato nella chiusura lampo della sua borsa da lavoro. Ci volle un pò ma riuscí a disincastrare il vestito della ragazza.
Arrivati a Firenze, si salutarono e andarono ognuno per la propria strada.
Si incontrarono tante altre volte, ed ogni volta si raccontavano qualcosa di più e si conoscevano sempre meglio. Si erano conosciuti in primavera, era ormai arrivata l'estate, e Ignazio andò in ferie con la famiglia in agosto.
Al rientro a settembre, sperava di rivedere quella ragazza, sapere che vita facesse, se si fosse sbrogliata la faccenda delle attenzioni del dottore...
Finalmente un lunedí mattina...
La vide alla stazione di Napoli, seduta su una panca di marmo, con le mani in grembo e lo sguardo fisso a terra. Gli sembrò alquanto strano quell'atteggiamento mesto, non era da Angela...Lei era sempre allegra e fiduciosa nel futuro. Si, doveva essere successo qualcosa di sicuro. La vedeva come una figlia e sentiva verso di lei un senso di protezione. Si avvicinò a lei a passo svelto, quindi le si sedette accanto.
- Buongiorno. Come stai Angela?
Lei sobbalzò, non si aspettava di sentire una voce amica, lo guardò negli occhi e gli si gettò al collo piangendo a dirotto.
Cosa poteva mai essere successo? La ragazza tra le lacrime gli confidò di aspettare un bambino...del dottore dello studio medico di Firenze.
- Brutta faccenda...- Disse Ignazio, e poi ancora : - E lui lo sa? 
- E incalzò : - Ha intenzioni serie vero? Ti ha chiesto di sposarlo, non è cosí? - 
Ma Angela non rispondeva affatto, anzi continuava a tenere gli occhi bassi e lacrimosi.
Allora lui le prese il viso delicatamente con la mano e la tirò su per vederla in faccia, a quel punto le disse: - Non ne vuole sapere vero? - A quel punto Angela iniziò a parlare, raccontò di come erano man mano aumentate le insistenze del dottore nei suoi confronti. Di quanto fosse gentile con lei, le faceva regalini, le diceva che lei gli faceva girare la testa, le promise mari e monti... Angela, che veniva da una realtà contadina, povera e arretrata, fu affascinata da quell'uomo che non solo era medico, ma mostrava d'essere molto colto, serio, e innamorato di lei.
Ma la realtà era ben diversa... Il dottore la sedusse e iniziò una relazione con lei, ma di lì a poco la ragazza, scoprí che lui era sposato e non solo, la moglie aspettava un figlio.
Una volta venuta a conoscenza di tante bugie, lei mise il dottore di fronte ad un bivio: o lei o la moglie. Lui, da buon vigliacco, scelse la moglie; tra l'altro le disse che poteva restare a lavorare nello studio se voleva. Cosa che Angela fece, avendo un grande bisogno di lavorare. Disperata disse ad Ignazio: - Ecco dove mi hanno portato la mia miseria e la mia ingenuitá.- E poi ancora: - Ma non è tutto, quando ho scoperto proprio in questo ultimo mese, di aspettare un bambino anche io, lui se ne è lavato le mani, non si vuole assumere alcuna responsabilità, tantomeno la paternità.-
Ignazio non aveva più parole, non sapeva come poter aiutare quella povera ragazza, tuttavia, preso dall'istinto paterno, tirò fuori il portafoglio e diede alla ragazza tutto quello che aveva. Non era molto, ma era comunque un aiuto, lo fece cosí, di getto, perché non sapeva se e quando l'avrebbe rivista. Lei dal canto suo, di fronte a quel gesto, rimase colpita e disse che un giorno avrebbe restituito il favore, anzi a tale proposito gli disse il suo cognome, Monticelli, gli disse anche dove abitava, parlandogli di una cugina, Floriana, che era la sua più cara amica e confidente, che abitava vicina a lei. In questo modo lui l'avrebbe anche potuta far ricercare in un futuro, per farsi restituire quel denaro. Lui sorrise, per niente convinto che mai avrebbe voluto indietro quei soldi, erano stati dati a lei per una buona causa, e a lei dovevano restare...
Rivide Angela un altro paio di volte, la pancia cresceva, lei continuava a lavorare e confidò ad Ignazio che la famiglia tra poco tempo, quando la gravidanza sarebbe divenuta troppo evidente, l'avrebbe confinata in un convento in collina, per evitare lo scandalo.(Il racconto è frutto della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale).
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Profilo Autore: Maria Rosa Schiano  

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Non voleva spiare

solo osservare

dai vetri leggermente appannati,

il suo sguardo

pensieroso,

quasi ladro di emozioni.

Era ferma davanti al foglio

rosicchiandosi

un’unghia, inconsapevole

degli occhi nascosti nel buio,

qual era il pensiero in quel preciso, piccolo istante?

Vero, lo poteva sentire, pur non volendo.

Lei improvvisa sorrise

si allontanò i capelli dalle gote

e prese a scrivere

con foga.

Restò ancora secondi, che sembrarono eterni

a guardare gli occhi accesi, i lampi

di idee, le labbra appena incurvate

soddisfatte

poi si voltò, riprese la strada

e all’improvviso la voce di lei riempì l’aria,

affacciata alla finestra

le mani stringevano la maglia, al petto:

“Eri tu…lo so, mi stavi guardando dal vetro di destra.

I tuoi occhi mi han dato l’idea…il brivido alla schiena di quando

arriva un bacio oppure l’ispirazione…eri tu…tornerai? Busserai alla porta prima o poi?

O dovremo continuare così?  Sguardi e attese di giorni… So che ci sei.”

Rimase colpito, stranito,

doveva saperlo, lei poteva sentirlo.

Non rispose, null’altro gli era concesso

che vegliare su di lei, silente

per sempre.                        

E’ questo che sta accadendo?                                         Linda





Appese il foglio fuori, alla porta d’ingresso con un piccolo pezzo di nastro adesivo, chissà se l’avrebbe letto,  stracciato o buttato a terra e calpestato… ma poi, poteva calpestarlo?

Erano mesi ormai che sentiva la sua presenza, era diventata rassicurante, un senso di protezione come quando da bambina dormiva serena la domenica mattina, consapevole che mamma e papà erano nella stanza a fianco e non sarebbero andati al lavoro.

Lo sentiva quando era sola, lo avvertiva vicino nei momenti di scelte complicate, a volte persino quando davanti alla tv i suoi occhi diventavano lucidi guardando, al telegiornale, gli orrori del mondo.

I primi tempi erano stati difficili a tratti spaventosi e pieni d’ansia.

Era ricorsa ai carabinieri un paio di volte, era terrorizzata, le sembrava di essere seguita e osservata persino in casa, ma a nulla era servito, non vi erano tracce di persone intorno all’abitazione, nessun segnale che potesse far pensare a un malintenzionato.

Le forze dell’ordine l’avevano tranquillizzata, dicendosi a sua disposizione per ogni evenienza ma non l’era sfuggito lo sguardo pietoso di un agente che sorridendo scuoteva la testa, mentre saliva sull’auto di servizio: probabilmente la credeva matta.

A questo proposito anche lei, a un certo punto, era giunta alla stessa conclusione: aveva qualcosa nel cervello che non funzionava.

Così prese appuntamento da un noto psicologo, era meglio andare sul sicuro!

Dopo poche sedute il dottore, togliendosi gli occhiali con gesto plateale, sentenziò: “Cara Linda, sei una venticinquenne perfettamente normale, per quella che può essere la normalità di ognuno di noi; sei solo molto stanca, riposi poco e lo stress può provocare suggestioni, momenti di panico e crisi d’ansia.” 

Sospese le sedute e decise che avrebbe dovuto ricercare la verità in un'altra maniera, sentiva che qualcosa di strano c’era, doveva solo capire dove e perché.

Il tempo le diede ragione, quando smise di smaniare e di preoccuparsi l’ansia calò, cominciò a osservare le cose da una prospettiva diversa; cercò informazioni sui fantasmi, sugli spiriti ma ciò che trovò non la convinse; infine quasi per caso, cominciò a leggere alcuni libri sugli angeli. Trovò numerose testimonianze di persone che raccontavano di aver avuto contatti con queste entità e molte erano le similitudini con quello che stava vivendo lei… poi cominciò a nevicare e quel giorno di fine gennaio accadde qualcosa che l’avrebbe finalmente avvicinata alla verità.

La neve era scesa copiosa per tutta la notte; al mattino lo spettacolo che si poteva osservare dalla finestra era indimenticabile, tutto era bianco, intatto e i fiocchi scendevano ancora.

Linda si lavò, si vestì e si fece un the caldo, stranamente non aveva sensazioni strane da qualche giorno e quasi le mancavano. Non sapeva se esserne felice o rammaricata.

Si mise a studiare per l’esame successivo, era ormai a buon punto, doveva solo superarne altri tre, i più difficili, poi la tesi di laurea e finalmente sarebbe diventata medico, per l’esattezza pediatra. Un traguardo che la rendeva felice e orgogliosa.

Non riusciva a concentrarsi come avrebbe dovuto, lo psicologo aveva ragione era stanca, ma non era solo quello che la infastidiva, doveva sapere di più…prese in mano un altro libro sugli angeli, trattava anche delle teorie sui bambini indaco e cristallo e lei, che adorava i piccoli, trovava interessante le teorie esposte in quelle pagine.

Mentre leggeva avvertì di nuovo quella presenza vicina … iniziò a sentirsi osservata, come se qualcuno sbirciasse dalla finestra, uscì di corsa con il libro in mano, la neve era intatta, nessuna traccia di passaggio di qualsivoglia essere vivente, neanche le orme di Tobia il gatto dei vicini, il quale probabilmente se ne stava al calduccio sul davanzale della finestra.

Si guardò intorno, tutto era bianco, l’aria era fredda; si strinse la felpa sul petto. Stava per rientrare quando all’improvviso un alito di vento caldo le sfiorò il viso e il collo, impossibile definire da dove venisse, era sola in mezzo al giardino innevato. Bloccata da quel tepore, non provò paura, anzi una piacevole sensazione di benessere s’impadronì di lei…il libro le cadde dalle mani aprendosi, si chinò per raccoglierlo e fu colpita dalle parole stampate in grassetto sotto i suoi occhi: “La presenza degli Angeli nella tua vita, come sentirli e come comunicare con loro”. Il vento tiepido si era placato.

Per lei fu un segno tangibile, non poteva essere una banale coincidenza, secondo il suo modo di vivere e di vedere la vita nulla accadeva per caso: era il suo Angelo Custode e probabilmente voleva farglielo capire, il fatto poi che lei potesse sentirlo mentre altri no, era un altro discorso e forse avrebbe cercato le risposte in seguito, per ora si sentiva privilegiata e molto intimorita.

Lesse avidamente le pagine; la premessa iniziava catalogando le schiere degli Angeli che secondo la teoria antica erano così suddivisi:

Prima Gerarchia, o Suprema: Serafini, Cherubini e Troni.
Seconda Gerarchia, o Media: Dominazioni, Virtù e Podestà.
Terza Gerarchia, o Infima: Principati, Arcangeli e Angeli.


L’autore continuava spiegando che l’Angelo Custode non può comunicare direttamente con il suo protetto anche se probabilmente ne avrebbe tutte le possibilità, non gli è consentito, può solo sorvegliare, cercare di spingere nella giusta direzione, sempre lasciando piena libertà d’azione e di scelta.

Esistono angeli più comunicativi e altri meno oppure, cambiando punto di vista si può parlare di umani con una sensibilità spiccata e una capacità mentale più elevata di altri, magari meno attenti a ciò che capita intorno a loro o semplicemente scettici.

Il libro procedeva indicando un metodo che poteva essere utile per “parlare” e ricevere risposte dall’Angelo Custode: il segreto sta nella capacità di dargli la possibilità di indicarci la scelta, senza dover comunicare in modo diretto, si deve usare una sorta di quiz che può essere scritto su fogli di carta, usando piccoli oggetti significativi o attraverso la musica.

Linda era eccitata dall’idea di mettere in pratica ciò che stava leggendo, ma qual era il modo giusto per provare? Poi riflettendo, ripensò alle pagine del libro che si erano aperte a caso…avrebbe provato con i messaggi scritti.

Scrisse così quella lettera che poteva sembrare una poesia, cercò di parlare per immagini, senza essere troppo diretta, immaginando cosa poteva vedere di lei in quegli istanti, spesso lo avvertiva vicino di sera, nel silenzio, mentre leggeva o scriveva appunti.

Eccitata e nervosa appese il foglietto all’esterno della porta d’ingresso con un piccolo pezzo di nastro adesivo, nel tardo pomeriggio e uscì a far spesa, non riusciva a stare ferma in casa e probabilmente lui non si sarebbe fatto “vivo” sentendola agitata e in preda all’attesa spasmodica.

Al piccolo supermercato in fondo alla via non seppe bene cosa comprare, non riusciva a pensare ad altro che a quel pezzo di carta appeso, alla fine uscì con una borsa piena di generi alimentari che, più tardi, valutò poco confacenti a una dieta sana, pazienza.

Tornò a casa di corsa, la strada era poco pulita, faceva fatica a camminare ma la fretta e la curiosità erano forti.

Il foglietto era ancora là, intatto, lo osservò goffamente cercando di evidenziare strani segni o risposte: nulla… Ma chi voleva prendere in giro? Un angelo che le rispondeva magari per scritto con caratteri in oro: “Ciao sono il tuo Angelo Custode chiedimi ciò che vuoi ed io ti esaudirò!”... Si sentiva stupida, magari avrebbe dovuto cercare una lampada antica in soffitta e provare a sfregarla! Sciocca ragazza con la testa tra le nuvole!

Entrò in casa delusa e decise di lasciar perdere tutta la faccenda, ma non buttò la poesia: la speranza era l’ultima a morire.

Pranzò e si mise di nuovo a studiare, questa volta decisa a non farsi distrarre da nulla.

Concentrata, arrivò a sera rendendosi conto di non aver parlato con nessuno per tutto il pomeriggio, nessun sms dalle amiche, nessuna telefonata neanche da sua madre…strano, prese il cellulare e la chiamò:

“Mamma ciao sono io…”

“Ciao tesoro tutto bene?”

“Sì …ecco volevo solo sentirti …oggi non ti sei fatta viva ed ero un po’ pensierosa”

“Tutto bene cara, scusa ho avuto molto da fare con l’organizzazione della festa per la pro loco, però mi fa piacere che ogni tanto ti ricordi di tua madre!”

“Certo che mi ricordo…senti mamma, tu credi agli angeli?” la domanda le uscì senza riflettere, sua madre era una donna religiosa, quindi la risposta era prevedibile ma Linda voleva una conferma:

“Che domanda strana tesoro …sì, ci credo…credo anche di aver ricevuto molto aiuto da loro quando è mancato papà e tu eri piccola, in qualche modo sono sempre stata supportata da qualcosa che va oltre la comprensione umana, perché me lo chiedi?”

“Così, solo curiosità, sto leggendo alcuni libri a riguardo e volevo conoscere il tuo pensiero…”

Tagliò corto senza raccontarle nulla di più, non voleva metterla in allarme, si salutarono ed Linda riprese a studiare…poi stanca, lentamente si addormentò sul divano.

***************************************************************************************

Quelle parole sul quel piccolo foglio appeso l’avevano davvero colpito, leggendo quella poesia aveva subito capito che era rivolta a lui…e cosa ancora più incredibile, era la profondità con cui Linda aveva percepito la sua presenza e persino quello che provava osservandola.

Pur conoscendola ormai da sempre, ogni volta si stupiva della grande sensibilità di quella fanciulla; senza dubbio era un raro esempio di essere umano ricco di grande capacità intellettiva e sensitiva.

Ora dormiva sul divano, non si era neanche coperta e al risveglio avrebbe sentito freddo, ma lui non poteva assolutamente avvicinarsi e metterle il plaid addosso, anche se avrebbe tanto voluto farlo.

Sentiva di volerla proteggere in qualsiasi modo e da qualsiasi difficoltà, persino dalle più sciocche, ma il suo compito era solo quello di consigliare e vegliare, Linda aveva il suo destino scritto, un destino importante, e lui lo conosceva bene, doveva solo seguirla nel cammino.

Non sapeva cosa fare con quel foglietto, consapevole di averle creato ansia in quei mesi, soprattutto all’inizio, ora sentiva di volerle dare conferma dei suoi pensieri, il suo angelo custode era lì, per lei.

Era con lei dal suo primo vagito e da bambina sensibile qual era stata, l’aveva anche visto ma questo non poteva ricordarlo, poi gli anni dell’adolescenza erano stati i più difficili, in quel periodo la rabbia e il dolore per la perdita del padre avevano messo in difficoltà il suo equilibrio, si era chiusa al mondo ma presto aveva ritrovato la strada e lui non si era mai allontanato.

Decise che doveva darle piena fiducia, le doveva delle conferme, lo meritava ed era sicuro che sarebbe stata degna di questa possibilità.

Linda dormiva profondamente, passandole accanto la guardò. Era la creatura più bella che avesse mai visto…la amava profondamente, di un amore puro e immenso, un amore teso unicamente al suo bene.

Si chiese per un istante se, nella sua breve permanenza sulla terra, avrebbe mai potuto nutrire un amore così profondo per un altro essere umano, probabilmente no, c’erano troppi fattori in gioco: la gelosia, la sessualità, il desiderio e soprattutto l’egoismo, la brama di possedere e di controllare.

Eros, filia e agàpe…ora conosceva esattamente il significato di tutte le possibili componenti di quel sentimento così complesso ma in lui, ora, poteva esistere solo “agàpe”:  l’amore inteso come dono totale e incondizionato, il più difficile per gli umani, a volte persino per le madri…

***************************************************************************************

Linda si svegliò di soprassalto come se qualcuno avesse pronunciato il suo nome a voce alta, infreddolita si mise seduta, osservò in giro, niente di strano, poi lo vide, un biglietto piegato e posato vicino alla lampada.

Tremante lo prese, era il suo messaggio…come poteva essere finito lì? Era semplicemente piegato in quattro, cosa significava?

Si alzò, si diresse verso la porta che era perfettamente chiusa…i suoi piedi urtarono qualcosa, a terra c’era uno dei suoi libri di poesie, sembrava caduto casualmente dalla mensola, aperto a pagina dodici vi era un breve componimento, che non aveva mai letto, di Rainer Maria Rilke:

Non aver paura, sono io…

Non aver paura, sono io. Non senti

Che su te m’infrango con tutti i sensi?

Ha messo ali il mio cuore

E ora vola candido attorno al tuo viso.



Non vedi la mia anima innanzi a te

adorna di silenzio?

E la mia preghiera di maggio

non matura al tuo sguardo come su un albero?



Se sogni, sono il tuo sogno

ma se sei desto sono il tuo volere;

padrone d’ogni splendore

m’inarco, silenzio stellato,

sulla bizzarra città del tempo.



Linda lesse e rilesse quella poesia con le lacrime agli occhi, commossa e colpita da quelle parole che sembravano scritte per lei in quel preciso momento e soprattutto perché, ora ne era certa, il suo angelo le aveva scelte tra decine di frasi, per darle conferma e certezza della sua presenza dolce e melodiosa.

Prese il libricino tra le mani e lo strinse al petto, mormorando un timido grazie che le usciva dal cuore.



I mesi passarono sereni e impegnativi, Linda si laureò a pieni voti e iniziò il suo percorso in un ospedale pediatrico poco distante da casa.

Si dedicava anima e corpo al lavoro e al miglioramento continuo delle sue conoscenze, non solo dal punto di vita medico ma anche educativo, psicologico e umano.

Il suo Angelo, che scoprì chiamarsi Daniel, le era spesso accanto; comunicavano, come di loro consuetudine, attraverso i libri, la sua presenza si era fatta più discreta ma non per questo meno forte.

Nel maggio del terzo anno successivo all’incontro con Daniel, Linda decise, dopo lunghe riflessioni e dubbi, di partire con l’organizzazione “Medici senza frontiere”, per l’Africa centrale, dove, alla malnutrizione della popolazione, i ritardi di crescita e le malattie soprattutto dei bambini, si aggiungeva una guerriglia violenta e sanguinosa.

La decisione non fu facile, sua madre era spaventata, anche se orgogliosa di lei e le amiche dubbiose, alcune persino gelose del fatto che lei avesse così ben definito il suo progetto di vita.

E Daniel cosa ne pensava? Linda si rimetteva spesso al suo pensiero, senza esserne però condizionata totalmente; tutte le volte che lui le aveva dato indicazioni, casuali o meno, tempo dopo, lei aveva seguito quella strada, ma solo perché la sentiva giusta.

Dopo i tre mesi di stage obbligatorio, presso la sede centrale dell’organizzazione e ormai a poche settimane della partenza per l’Africa, lasciò un piccolo messaggio per Lui:

“Partirò, so che tu sei d’accordo, avverto che sei felice della mia scelta. So anche che questa esperienza sarà dura, in alcuni momenti avrò paura, mi mancheranno mamma e gli amici e ci saranno istanti in cui mi pentirò della scelta fatta, so che verserò tante lacrime, ci saranno occasioni in cui non mi sentirò all’altezza e sarò sola e spaventata davanti alla morte, ma altrettanto bene so che devo farlo e che tu sarai con me a darmi conforto, speranza, coraggio. Se tu ci sarai, Daniel, io potrò farcela, potrò dare il mio aiuto e sarà una piccola goccia il mio lavoro ma, aggiunta a tutte le altre gocce, forse servirà a cambiare qualcosa.

grazie, Linda”

Come solito appese il foglietto alla porta e uscì per gli ultimi acquisti necessari, quando tornò, dopo poche ore, adagiato a terra vicino alle valige quasi pronte, trovò un libro aperto, era una piccola raccolta di frasi e lettere di filosofi antichi, personaggi famosi e Santi; lesse a voce alta, seduta a terra con le gambe incrociate:

Che oggi regni la pace,
che tu abbia fiducia in Dio che sa esattamente dove dovrebbe essere,
che non dimentichi le infinite possibilità che nascono dalla fede.
Che utilizzi quei doni che hai ricevuto e che condivida l'amore che ti è stato dato.
Che tu sia contento di sapere che sei Figlio di Dio.
Lascia che questa presenza si adagi nelle tue ossa permetta alla tua anima la libertà di cantare, ballare, pregare e amare.
Esiste qui per tutti e per ognuno di noi!


Madre Teresa di Calcutta.

Linda infilò il piccolo manuale, con attenzione, nello zaino che avrebbe portato come bagaglio a mano.

Guardò fuori dalla finestra, era primavera inoltrata, tutto era splendido; la sua vita era diventata speciale grazie al suo Angelo Custode e ciò che la aspettava l’avrebbe cambiata ulteriormente e per sempre, forse lei, a sua volta, sarebbe riuscita a cambiare la vita di qualcun altro…in meglio.
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Profilo Autore: pagine perdute  

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Siamo alle solite. Mi fai cadere la faccia per terra. Non mi fraintendere, non alludo al fatto che mi fai fare figure barbine agli occhi degli altri ne alludo alla tua straripante educazione del tutto incolpevole. Ma cosa sto scrivendo…scusami, non volevo farti una delle mie stupide reprimende. Cerca di capirmi. Sto male ! Tra poco tu partirai per le ferie e io non potrò accompagnarti. Resterò qui ad aspettarti e a vegetare. Sono contento che tu ti rilassi qualche giorno dal lavoro, forse anche da me, solo che l’angoscia mi assale, non vivo più. Gli amici ? Le distrazioni ? Ma che me ne frega…io voglio te, che sei il mio ossigeno, la mia linfa vitale. E che centra che vai a pochi km da casa ? A me non respirare dalla tua bocca è impossibile ! Sai, te ne sarai accorta, sono un tipo all’antica, che credono che si viva solo d’amore, per l’amore, che ogni altro complemento sia inutile. Quindi ho bisogno di te come l’aria che respiro, come il latte per il bimbo, come il fuoco per l’incendio. No, non ti farò leggere questo mio pensiero, ti lascerò andare e per una settimana intera resterò qui, morto, aspettando che tu torni e mi riporti in vita. Però, ti raccomando, non mi dare solo un bacio, tipo la Bella Addormentata, dammi tutto, ma proprio tutto di te quando verrai a svegliarmi !
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Profilo Autore: Bronson  

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Ciao, come va?

Bene e tu?

Bene anche io, grazie, il lavoro?

Sai con questo tempo infame di crisi infinita non me la passo proprio bene, ho pure cambiato lavoro, ma la musica non cambia, faccio fatica a tirare avanti con il mutuo, con le bollette con le spese mediche con i figli disoccupati e quant’altro, una sfiga, una dannata sfiga; e tu?

Be io non mi posso lamentare, il lavoro c’è l’ho, i miei figli studiano e lavorano, non ho mutuo da pagare e le bollette quando arrivano le pago ad una ad una, insomma, poveri ma tranquilli.

Sembravo un re nei confronti di quell’amico di gioventù che era stato meno fortunato di me, sul lavoro sulla società sulla vita in genere.

Ci salutammo cordialmente, bè ciao alla prossima volta.

Non azzardai a chiedergli della moglie, di Anna, non glielo chiesi, parlammo sui generis, senza toccare il tasto dolente della gioventù.

Da ragazzo io ero stato innamorato perso di Anna, pianti, bevute, disperazione, illusioni e delusioni, improvvise giornate di sole seguite da nottate buie infernali, ho sofferto le pene del purgatorio, mi sono nascosto, dileguato, sono scomparso dalla sua vita per cercare di dimenticarla, ma lei voleva ed era innamorata del mio amico di quest’incontro, senza lavoro, senza casa, senza serenità economica, ma lo amava e lo ha amato sempre; quello che mi tormenta ancora sta nel fatto che il mio amico di quest’incontro ha fatto l’amore con lei, e lei le ha donato amore, l’amore quotidiano di una vita, a lui non a me.

Mentre scompariva in fondo alla strada pensavo triste e malinconico che l’amico mio ha goduto dell’amore dall’angelo della mia gioventù.
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Profilo Autore: nabrunindu  

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Sono donna… e che donna!

Mò ti dico, mò ti conto

due risate metti in conto…

… So ‘na donna ma non metto mai la gonna

ch’è il cu…or quel che metto sempre in onda!

Ho due gambe stortarelle

su due tacchi da tremarella.

Sono alta un metro e venti: un po’ poco?

Meglio di niente!...

Sono mora! Sono bionda! Colorata!

Un po’ riccia, un po’ liscia.

Arruffata? Cotonata? Beh, non so, è alla giornata.

Su quest’occhio ho un pastrocchio,

se si scioglie in nero fumo

metto in fuga più di uno!...

Sono donna… e che donna!

… E che dire poi del seno

che mi rende sì attraente e

quel tanto un po’ avvenent,

ma se scoppia qui finisco in mezza coppa!

Sono donna un po’… di peso

Ma non stare a soppesare quel chiletto,

che ho di troppo, quando entro dentro al letto!

…” Vieni qui, tesoro mio,

voglio darti tanti baci cò ‘ste labbra grosse assai! “…

Più che baci è una remata.

“ Ferma, scendo!” dice lui,

e il canotto lascia stare chè gli viene il mal di mare.

… So ‘na donna, straordinaria?

Io mi sento milionaria.

Una donna come tante, sol col vizio di strafare.

Gonfia qua, gonfia là e mi sto tutta a rifà!

Mò mi guardo in questo specchio,

mi sorrido e poi mi dico:

“… Accipicchia se sò donna… e che donna! “

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Profilo Autore: Giò  

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...Si accese una sigaretta; le piaceva guardare il rossore del tabacco che si trasformava in cenere. Aspirò una grossa boccata e buttò fuori tutto subito dopo. Lui era davanti a lei, che la guardava gustarsi quella maledetta arma letale, e le si avvicinò sempre di più, fino a far sfiorare le labbra. Non la baciò subito, voleva farla cadere ai suoi piedi, voleva che lei desiderasse le sue labbra più di ogni altra cosa, ed era così infatti. Lei le desiderava, le bramava ogni giorno di più.

Finalmente lui la baciò, lentamente, come se i suoi baci le dicessero che l'ama. Si baciarono intensamente, per non so quanto tempo; a volte i minuti sembrano ore e le ore sembrano minuti, ma quel bacio non era classificabile in un lasso di tempo, quel bacio era infinito.

<<Mi stai facendo impazzire>> gli disse lei

<<Impazzire di voglia?>>

<<No, impazzire di sentimento>>

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Profilo Autore: SabrinaVacca  

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Sai che sei un bel tipo ? Vuoi apparire sempre emancipata, evoluta, ribelle fino a sfiorare la rissa (verbale, per carità) e, invece, sei una donna come tutte le altre. Più di tutte le altre o forse meno di tutte le altre. Lo sapevo ! Hai mandato in confusione anche me che, di solito, sono un attento e distaccato osservatore dell’altrui valore. Mi chiedo come sia potuto succedere. Il fatto è che ti presenti in differenti modi e io stento a starti dietro. Pensa che sei riuscita a trasformare un vecchio marpione, come me, in un timido scolaretto. Sono timido, impacciato di fronte a te. A volte penso che tu mi metta paura...ma paura di cosa ? I miei rapporti con le donne sono sempre stati improntati sull’assoluta dominanza, invece con te mi sento suddito. Leviamo ombre alle parole che, come noti, non mi difettano. Quando dico dominanza intendo dire della proprietà dell’uomo a condurre i giochi con la donna sapendo, però, di riuscirne sempre sconfitto, ma così va la vita da che mondo è mondo. Inoltre, mi sento suddito con te perché amo risultare sconfitto da te. Si, riconosco di aver costruito un ordito abbastanza aggrovigliato, cercherò di dipanarlo con calma, cosa difficile quando sei tu l’oggetto della...disgressione. Andiamo con ordine. Ti ho conosciuta come una persona normale, come tante altre. Una che ostentava dolore, malcontento per quello che aveva subito nella vita, che gridava questo dolore al mondo intero e verso cui, di converso, non c’erano, non ci sono parole d’odio. Sembrava un modo di attirare l’attenzione verso di se. Non mi spiegavo, però, la dolcezza che usciva, che esce nella tua espressione più alta che è la poesia. I versi più alti e rabbiosi del tuo modo di poetare sono intrisi fino a marcire di dolcezza, di voglia di vivere, felice, serena sorridendo, e perché no, ridendo a bocca aperta come io immagino che tu faccia, quando lo fai. Senza contare i concetti che esprimi, aspri e pieni di significato, colmi di saggezza. Rimasi conquistato da questo incontro. Da una personalità così prorompente. Strano è che, anche tu, mi accettasti volentieri nella tua cerchia di amici. Uno come me si dovrebbe prima metabolizzare e quindi scegliere se darlo in pasto al sistema simpatico o eliminarlo con un buon purgante ! Io consiglio sempre la seconda opzione. Ora dovrai sopportarmi, però, perché se mi fanno incuriosire poi io vado a fondo e, per apnee, non sono secondo a nessuno !

Tuttavia, c’è anche una pecca in questo nostro trovarsi. Come potrebbe non esserci visto lo scontrarsi di due caratteri non semplici. Vedi, tu mi tratti come tratteresti tutti gli amici o forse tutte le persone del mondo e cioè, concludendo o, anche, iniziando ogni conversazione col solito aggettivo che sta cominciando a venirmi ad uggia : Amico ! Capisco e lo tollero (per ora !) per la brevità della nostra conoscenza, ma...sembra un paletto, il tronco di un albero secolare frapposto alle nostre anime, perché i corpi non si sono mai avvicinati ne lo faranno mai, probabilmente. Un separare, un creare le distanze fra due anime che si intendono bene. Siamo entrambi sposati, come vuoi che possa esserci altro tra noi se non comunicazione intellettuale anche di sentimenti ? Ho in mente di convincerti a superare questo gap psicologico, se vorrai. Non credi che fra noi ci sia già un feeling ? Incrementiamolo allora. Facciamolo crescere. Vedi che sono riuscito a trovare le parole giuste che non riesco a pronunciare quando ci parliamo. E’ stato più facile di quanto immaginassi, è bastato spostare qualche obiettivo alle dichiarazioni d’amore che facevo da ragazzo! Tranquilla, ero costantemente rifiutato dalla parte “avversa”. Mi aspetto che tu capisca la profondità e la diversità degli intenti tra quello che vorrei da te e quello che avrei voluto (ahimè) dalle ragazzine dell’epoca. Un’amicizia più profonda e casta è cosa difficile ma tu sei la persona con cui vorrei instaurarla perché...già, perché ? Perché forse io posso farti ridere più di altri, potrei farti dimenticare momentaneamente le tue avversità senza, naturalmente pretendere che tu cambi in nulla. Fammi concludere parafrasandoti. Ciao Amica !
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Profilo Autore: Bronson  

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Bambina

coccolavo con dedizione,

solenne lasciavo

il mio spazio

all' illusione,

angelica...aspettavo,

l alba sospirata ,

vita di sogni

seminata,

ricami di lacrime

appese, scrivono

nell'aria ondeggiando

sospese,

vita dai sogni

seminata,

germogli di bolle

cristalline,

bussano nel cuore

assopito...radioso

si colora senza

spine,

scintille di memoria

volate,

sul manto di stelle

addormentate,

aspetto solitaria

gloriosa gemma

ritornare,

ed il mio cammino

senza meta

attraversare.

 

 

 

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Profilo Autore: valeria viva*   Sostenitrice del Club Poetico dal 25-12-2022

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