Avvoltoi, mi smembrano la carne
famelici, un'aquila mi divora
il fegato. Ma cosa potrei farne
adesso che il volto mi si scolora?

E gli avvoltoi ignari e tetri uccelli
la tavola imbandiscono di pezzi.
Parole come lame di coltelli,
Li tagliuzzano sanguinanti e grezzi

Ed usan l'ossa mie come forchette.
Prendi i miei pezzi, Aquila, e vola
divorali nel tuo nido e consola

I piccoli tuoi nell'urlo amaro
della notte, poi falli tutti a fette.
La natura non ci dà altro riparo.
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Profilo Autore: Giulia  

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Commenti  

Antilirico
+1 # Antilirico 08-06-2019 16:49
poesia dell'inquietudi ne, dell'isolamento e del disagio esistenziale… colpisce in particolare la personalità e la singolarità espressiva dell'autrice, al punto che, dopo solo due testi, sarebbe possibile, rileggendola, riconoscerla tra mille… certo, non mancano alcune ingenuità. decisamente scontata, ad esempio, è l'immagine dell'Aquila che divora il fegato, richiamando troppo da vicino ben più celebri e risonanti rappresentazion i prometeiche. ma l'autrice ha stoffa e induce ad un'attesa immediata di nuove pubblicazioni.. .
Giulia
+1 # Giulia 08-06-2019 17:05
Ti ringrazio molto! Per quanto riguarda l'immagine dell'aquila sono consapevole che non sia delle più originali, tuttavia rappresentava ciò che volevo esprimere, un senso di logoramento, un tormento profondo. Inoltre vengo da una formazione classica, quindi spesso cito il mito. Grazie ancora per il confronto
Henry Lee*
# Henry Lee* 10-06-2019 08:37
Un gran tormento interiore espresso con forza e con un impatto che arriva come un pugno al lettore, ma senza fare male, anzi... Complimenti. HL.
Alessio
# Alessio 10-06-2019 23:45
Mi unisco ai colleghi qui sopra, questa poesia fa da paio con l'altra, e se ne riconoscono i tratti. In particolare, parole molto molto espressive, per esprimere il concetto in modo crudo e deciso, senza troppi giri di parole. Il tutto con sonetto ed endecasillabi, che aumentano il valore generale

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