Perdevo gli aghi già mezzo spoglio
forse per la fame, forse per la sete.
Immensi orpelli, davanti, nel costante abbaglio
che maschera miserie che danno alla parete.
Ero figlio del giorno, figlio del trambusto;
del bosco dove non ritorno
sento l'eco: che dalla nebbia è nascosto.
Ero figlio di una neve cigolante,
come di una porta che non si vuole aprire:
sulle mie spalle un unico cantante,
finita l'estate, col suo vizio di frinire.
Mi ritrovo matto, come lo stendardo del vuoto:
a luccicare stanco,
all'ombra scarna di una foto.
E mi ritrovo spento, ostaggio di quel limbo:
orfano di ogni seme,
mentre sotto si accovaccia il bimbo.
Commenti
Molto apprezzata. Ciao Nicola
Forse aspetta Babbo Natale! (questo lo aggiungo io!)
Una descrizione bellissima, poeticamente dolce e malinconica. Complimenti! Ciao...^.^