Nel tempo che sarà,
barcone da dismessa
al rientro in porto sarò
e tu sul molo, col consueto
villano manifestarti,
m’accoglierai in requiem.
Non potrò, lo so,
fare come il re d’Itaca,
che alla seduzione di Ligea
e delle sorelle s’oppose;
alla tua, ancor più sibillina,
no non si può dir, femme fatal,
se pur scarnita.
Nel tardo gradito, che sarà,
svelati gnuda
del paramento corvino
e disarmata della mietitrice
con cui t’accompagni ed io
traghettar mi farò
pacifico ove i colori assenti son,
non prima però
che il mio verbo, l’abbraccio
al terreno mondo, affidato avrò
a chi sarà in quel tempo giunto,
a chi no sarà giunto il tramontar
e a chi giunger ancor dovrà.
Tra viali cipressati
i miei versi declamerò,
fin la Somma ara…