Quarantenni d’assalto, l’un contro l’altra armate, ma per amore. La preda? Un arzillo novantenne. Ricco e possidente? Manco per niente, anzi quasi povero in canna, ma fascinoso. Siamo alla resa dei conti, all’appuntamento conclusivo in un bar del centro di Roma. Vi arrivano entrambe armate. Di buona volontà, di spirito costruttivo, di pacifiche intenzioni?

No. Solo di due pistole di piccolo calibro ben nascoste nella borsa, se mai qualcosa dovesse andar storto.Eppure una volta erano amiche, confidenti quasi inseparabili, pronte a gettarsi nel fiume per aiutare l’altra. Le ha cambiate l’amore, quelle per uno stesso uomo, l’ultimo componente del tris d’assi di un tempo.

Si erano conosciute on line, su un sito per poeti e scrittori e si erano scoperte anime affini. Ammiravano gli stessi autori e scrivevano in rima in punta di fioretto. Non avrebbero mai immaginato che un giorno sarebbero passati prima alla sciabola e poi alle…armi pesanti. 

La prima volta insieme la ricorderanno sempre: si erano date convegno nello stesso bar, emozionate come dodicenni alla prima cotta. Il colpo di fulmine fu immediato: Ettore, che all’epoca dell’incontro di anni ne aveva solo ottantacinque, le colpì per l’aria da guitto, da attore di cabaret. Sembrò loro d’avere davanti Petrolini in persona, stesso portamento, identico, lo stile e il linguaggio. Litigarono per anni su chi gli avesse messo per prima gli occhi addosso, calcolando i minuti, persino i secondi trascorsi da quando il cuore aveva preso a battere all’impazzata. Non ne vennero mai a capo.

“Facciamo decidere a lui chi vuole”, propose Emma, la meno giovane delle due, quarantasei anni per cinquanta chili. “ No, è mio e nessuno me lo tocca”. “Dici così solo perché ti senti più bella di me”, ribatté Margherita, quarantuno anni ben portati nonostante la stazza imponente.

Ettore se la rideva sotto i baffi. Nemmeno da giovane gli era capitato qualcosa del genere. La parte del solo gallo in un pollaio gli si addiceva a pennello. Decise di stare con entrambe, a turno, secondo l’ispirazione del momento. Dovette fare scorta di… viagra, ma ne valeva la pena. In fondo le piacevano entrambe: Emma era più ironica e spigliata, Margherita appiccicosa, ma passionale. Prese a scrivere poesie per entrambe: la sua penna, almeno quella, non aveva bisogno di stimolanti per funzionare. A rompere le uova nel paniere fu…la memoria. Un giorno, per errore, diede appuntamento ad entrambe a casa propria a un’ora di distanza l’una dall’altra: quando l’arcano fu scoperto gli toccò comprare mobili nuovi e chiamare un muratore per ristrutturare casa. 

La sorpresa fu che non se la presero con lui: in fondo non era sua la colpa, se si era arrivati a quel punto. Cominciarono a litigare tra loro, a scambiarsi accuse di fuoco: il sito di poesia divenne il proscenio di una lite tra comari in fregola. Contatti e visualizzazioni crebbero in maniera esponenziale, vinsero ogni premio, nonostante il linguaggio da..scaricatori di porto delle loro composizioni.

La soluzione più ragionevole sarebbe stata di allontanarle entrambe, ma si divertiva troppo per farlo. Continuò il suo gioco di sponda, viagra permettendo. Un giorno l’una, poi l’altra, avendo l’accortezza di segnare sull’agenda data e ora degli appuntamenti. I soldi erano finiti, non poteva più permettersi di dover rifare la casa, nonostante lo spettacolo meritasse qualche sacrificio. Forse fu il diavolo un giorno a metterci la coda o fu solo uno scherzo del destino. Fatto sta che Margherita lo beccò con Emma. In un parco pubblico per fortuna. Almeno i mobili furono salvi, a differenza delle panchine del parco. 

Questi i fatti che precedettero l’appuntamento conclusivo. Emma fu la prima ad arrivare, si sedette nel tavolo più distante dalla porta d’ingresso e ordinò una camomilla per distendere i nervi. Margherita arrivò all’appuntamento cinque minuti dopo: insieme sembravano come il diavolo e l’acqua santa, l’una alta e dalle forme abbondanti, l’altra bassa e minuta. Tentarono di mettersi d’accordo. Sino ad allora si erano divise, sia pur senza saperlo, l’amore di Ettore e non era morto nessuno, perché non continuare? Tornò, come per incanto l’antica amicizia. “ Non è nostra la colpa”, disse Emma. “ E’ lui che ha barato”, convenne Margherita. “ Facciamogliela pagare” dissero entrambe all’unisono. Passarono subito all’azione. Un taxi li condusse all’appartamento di Ettore, tirarono a sorte chi doveva entrare per prima. La chiave l’avevano entrambe. Tocco ad Emma varcare per prima la porta, Margherita, invece, ebbe in sorte l’onore di sparare per prima. Non erano allenate, ma colpirono sempre il bersaglio.

Finirono nella stessa cella, in attesa del processo. Non poterono partecipare al funerale, ma spedirono lo stesso il loro contributo. Si è poeti per sempre, anche dietro le sbarre di una prigione.
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1 fantasia


2 sentimento

3 sensibilità,

4 conoscenza

5 umorismo

6 ottimismo

7 pessimismo (q. b.)



LE DOSI: "Più ne metti meglio è".



Mescolare molto bene gli ingredienti

e cuocere in un cuore caldo a 180° battiti al secondo.



A COTTURA ULTIMATA:

POESIA:

1 soffice nei versi

2 dolce nelle parole

3 gradevole alla lettura

4 al gusto di tanta SIMILITUDINE, ALLEGORIA E METAFORA.



P: S: Nuoce gravemente agli allergici invidiosi.

        Nel somministrarla, potrebbero avere delle forti reazioni,

        quali : sostenere che "il cuoco non è un artista all'altezza"

        o che trattasi di " roba geneticamente modificata".
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Profilo Autore: Cosetta Taverniti  

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Sofia Vassilieva e Alan Smith mano nella mano attraversarono lo studio televisivo accompagnati dalle note di “Vattene Amore” di Amedeo Minghi e Mietta.
La produzione aveva deciso di affidare ad entrambi la conduzione della trasmissione “ Quattro passi nella storia” dopo che ad Alberto Rana era stata affidata la presentazione di “Intimo notte” la trasmissione culturale quotidiana più prestigiosa dell’emittente “Videofront” in onda alle due del mattino e rigorosamente riservata ai sofferenti d’insonnia.

Il video che ritraeva Sofia ed Alan impegnati in una respirazione bocca a bocca da guinness dei primati era già diventato un cult della televisione. Tra loro, secondo i settimanali rosa usciti in settimana, era scoppiata impetuosa la passione.

Fu Sofia a prendere per prima la parola, nel suo stentato italiano con spiccato accento russo, non appena furono abbassate le luci in studio.
-   La trasmissione da questa puntata ha una nuova veste. Non ci occuperemo più di storia o di politica, ma di letteratura. Vi proporremo opere che hanno fatto la storia dell’arte, in una versione insolita, in base alle ricerche condotte sul campo dal nostro Alan Smith. Cercheremo di dare un tono più leggero alle ore trascorse insieme, ampliando la parte dedicata allo spettacolo e all’intrattenimento. Prima di dare inizio alla puntata, però, permettetemi di ringraziare Alberto Rana e di augurargli tutto il successo possibile con la sua nuova avventura.

Spettò alle “Nudità danzanti” il compito di aprire la puntata con un balletto dal titolo “ A noi chi ci paga, se in cassa non c’è più una lira?” su coreografie di Sofia Vassilieva.

Alan Smith guardò Sofia negli occhi e le spedì un bacio con la mano, prima d’introdurre il tema della nuova puntata.

-   La storia che voglio raccontarvi stasera la conoscete tutti, eppure sono convinto che riuscirò a sorprendervi ugualmente, grazie alla mia recente scoperta di un manoscritto inedito. Sto parlando del tragico amore tra Romeo e Giuletta, reso immortale dalla sublime penna di William Shakespeare.

Sofia scoppiò in singhiozzi, subito consolata da Alan, che continuò la sua illustrazione dell’opera.
-   Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti erano i giovani rampolli di famiglie che si odiavano da tempo immemorabile. La ragazza era promessa sposa di Paride, il cuore di Romeo, invece, batteva all’impazzata quando incrociava lo sguardo di Rosalina. La scintilla della passione, come tutti sapete, scattò alla festa dei Capuleti: qualche giorno dopo, Romeo e Giulietta furono sposati in segreto da Padre Lorenzo. Il fato era avverso: Romeo fu condannato all’esilio da Verona per aver ucciso in duello Tebaldo e spedito a Mantova. Il piano di Padre Lorenzo per evitare le nozze di Giulietta con Paride non andò a buon fine: Giulietta, seguendo gli ordini del frate, con un veleno si procurò una morte apparente. Romeo, tornato in incognito a Verona, ignaro del piano, alla vista dell’amante morta, si tolse la vita, un attimo prima che la Capuleti si risvegliasse. Fece lo stesso Giulietta, quando si rese conto della morte dell’amato. Questa è la trama che tutti conoscete, ma come vi ho già anticipato, ho avuto la fortuna di trovare un manoscritto di Shakespeare, di età successiva, che racconta tutta un’altra storia. Ho chiesto alla compagnia  “Pescatori di frodo in abito da sera” d’illustrarcela a modo loro.

Un uomo e una donna passeggiavano tenendosi per mano. Il pubblico in studio ebbe difficoltà a capire di chi si trattasse.
-   Rosalina amore mio, finalmente possiamo parlare del nostro amore alla luce del sole. I tragici fatti che abbiamo visto accadere sotto i nostri occhi, ci hanno aiutato a restare uniti, rendono più forte il nostro legame. E’ stata dura, ma per chi come noi ha la coscienza immacolata, è stato più facile accettare ciò che è accaduto.
-   Paride, mio amato, anche ora che abbiamo detto addio alla vita, non mi sento di avere la coscienza del tutto immacolata. Agli occhi degli altri, anzi, posso essere sembrata sin troppo fredda, cinica, attaccata al denaro. Cosa avrei dovuto fare, però, sommare sangue a sangue? Mi fossi tolta anch’io la vita, qualcuno avrebbe avuto giustizia, forse che tu l’avresti avuta? Non credo. Ecco perché penso di avere fatto la cosa giusta.
-   Giulietta mi era stata promessa in sposa, ma se non divenne mia moglie, come tu sai, fu perché Capuleti e Montecchi decisero di mettere fine alla loro faida secolare, combinando il matrimonio tra Giulietta e Romeo. Fu di Padre Lorenzo l’idea di quell’unione e fu lui in persona ad informarmi della rottura della precedente promessa di matrimonio. Non la presi per nulla bene: Giulietta la conoscevo appena, ma non potevo accettare che qualcuno me la portasse via così. Lei mi amava, era perdutamente innamorata di me. Forse fu questo a spingermi a non piegarmi alla volontà dei suoi genitori. E’ stata la prima donna della mia vita: una notte dopo averle dichiarato il mio amore sotto il balcone della sua abitazione, l’ho raggiunta in camera e siamo stati insieme sino al cantar del gallo del giorno dopo.
-   Romeo non aveva che occhi per me. Quando gli dissero che doveva sposare Giuletta, andò fuori di testa. Ricordo il suo primo dolcissimo bacio, non ci fermammo a quello però, ma ci amammo con impeto ogni volta che potemmo incontrarci. Padre Lorenzo è stata la nostra rovina, come quella di te e Giulietta. Ci ha tradito e ingannato. Ricordi lo stratagemma utilizzato per sposare Romeo e Giulietta?
-   Ci fede credere che intendeva sposare in segreto me e Giulietta e te con Romeo, ma ci convocò in un orario successivo a quello dei nostri partner; ci fece attendere per più di due ore, per poi rispedirci a casa dicendoci che non si erano presentati all’appuntamento.
-   Intanto, Romeo e Giulietta, erano già marito e moglie: Padre Lorenzo aveva tirato anche a loro lo stesso tiro mancino, convocandoli entrambi in un orario diverso rispetto a noi. Poi, però, invece di mandarli a casa, gli aveva fatto un discorso di questo tipo: “ I vostri genitori vogliono che voi vi sposiate, Paride e Rosalina non vi amano abbastanza da diventare i vostri coniugi, in caso contrario si sarebbero presentati puntuali all’appuntamento, non credete? Allora perché non accontentare papà e mamma? Per amore? Cari figlioli, l’amore verrà col tempo, non siete i primi né gli ultimi che salgono sull’altare senza amarsi!”
-   Romeo e Giulietta per stanchezza o per chissà quale altra ragione alla fine cedettero e si sposarono seduta stante, fu la nostra fortuna, perché ci consentì di conoscerci meglio, di amarci e di sposarci qualche tempo dopo. Perché, però, hai scelto di continuare a incontrare Giulietta? Amavi anche lei, o era solo una rivincita su ciò che te l’aveva portata via?

I consigli per gli acquisti interruppero il dialogo tra Rosalina e Paride. Prima di poter seguire la parte conclusiva dell’esibizione degli attori della compagnia “ Pescatori di frodo in abito da sera”, gli spettatori in studio e a casa, dovettero sorbirsi una performance delle “ Nudità danzanti” dal titolo “ Adottate una ballerina a distanza” e lo sketch letargico tra Sofia Vassilieva ed Alan Smith, con sottotitoli in italiano, “La zarina e il baronetto”, ravvivato appena da un lungo bacio alla francese e da approcci softcore dei due amanti, particolarmente graditi al pubblico in studio e a casa.

Due nuovi attori discutevano al centro dello studio: erano Giulietta e Romeo.

 -   Maledetto il giorno in cui ti ho sposato, Romeo. Tu non hai colpe, non mi amavi, come non ti amavo io, mi hai tradito con Rosalina alla prima occasione, è vero, ma ho fatto la stessa cosa con Paride. Funziona così, quando non ci si sposa per amore. Il denaro non dà la felicità: lo sapevo, lo sapevamo, forse era meglio accettare di essere diseredati dai nostri genitori che fare la brutta fine che tutti conoscono.
-   E’ vero, ma in cuor mio pensavo di poter avere tutto: il denaro, le proprietà, l’amore di Rosalina. Cosa mi ha tradito? Non sono riuscito a sopportare che tutti sapessero che mi tradivi con Paride. L’onore, almeno per noi maschi, è importante. Sono stato egoista, volevo avere tutto, ma non sono riuscito ad accettare che lo avessi anche tu. E’ ciò di cui mi pento.
-   Chi mi ha tradita? Ora puoi dirmi chi ti ha passato la notizia del mio appuntamento con Paride nella cripta di famiglia, a mezzanotte in punto. Non lo sapevano nemmeno le mie ancelle.
-   Vuoi saperlo davvero? E’ stata Rosalina a dirmelo, dopo averlo appreso da Paride, che se l’era lasciato sfuggire durante un litigio. Forse non aveva calcolato che ci sarebbe potuto andare di mezzo anche lui o forse, era proprio quello che voleva. Ammazzando anche Paride, l’ho resa una giovane, bella e ricca vedova. Prima di uccidermi l’ho vista: sul suo volto c’era dipinto il sorriso di chi aveva centrato l’obiettivo. E’ l’unica ad aver vissuto a lungo e tra gli agi.
-   Che Giuda! Nemmeno tu, però, ci hai fatto una gran figura, cosa t’importava alla fine se io e Paride ce la spassavamo un po’, se io non t’impedivo di fare lo stesso con Rosalina? Perché ti sei ucciso poi? Certo non avresti finito i tuoi giorni in galera, anzi avresti fatto la figura dell’eroe agli occhi dei tuoi concittadini.
-   Mi sono ucciso, perché proprio nel momento in cui ti davo la morte, ho capito che ero te che amavo e non Rosalina. Abbiamo vissuto insieme per pochi mesi, ma evidentemente è stato sufficiente ad innamorarmi di te, anche se non l’ho capito in tempo.
-   Non ci credo, non può essere. Ti amavo anch’io: se solo per un attimo avessi pensato che anche tu provavi lo stesso mio sentimento, non avrei mai dato quell’appuntamento a Paride. Siamo vittime, amore mio: il vero colpevole è Padre Lorenzo. Se non ci avesse ingannato, forse avremmo capito prima, che potevamo essere felici insieme. Sono colpevoli i nostri genitori, che ci hanno usato per i loro affari, riuscendovi. La loro guerra grazie a noi ha avuto fine, dopo la nostra morte, ci sono stati altri Montecchi e Capuleti, uniti in matrimonio dopo di noi. Rosalina? Una donna calcolatrice, ma a suo modo pietosa: i suoi fiori sulla nostra tomba ci sono sempre stati, come le sue preghiere a differenza di quelli dei nostri genitori. In fondo, nonostante gli agi, il rimorso non le ha dato pace.

Le luci si accesero di colpo in studio. Alan Smith guardò fisso la telecamera. Questo più o meno è ciò che racconta il manoscritto da me ritrovato e che le mie conoscenze mi spingono ad attribuire a Shakespeare. Non è romantico quanto quello che voi conoscete, ma anche qui, l’amore trionfa.

 L’Auditel l’indomani decretò il trionfo della trasmissione, giornali e siti on line scrissero molto sull’argomento, ma con pareri contrapposti. La puntata aveva centrato l’obiettivo. La smitizzazione dell’amore, però, era solo all’inizio!
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Sento già aria di agitazione, è scoccata la famosa ora ics, certo per te è sempre la solita storia: ti metterai comodo e non ci sarà distrazione che tenga. Se ti chiamo neanche rispondi, se parlo non ascolti: succede che ti risulto, all’improvviso, invisibile. Se passo e ripasso, sotto i tuoi occhi, proprio lì, all’altezza del tuo bel nasino, hai una smorfia, un accenno di rabbia, sebbene contenuta. E pensare che avevo organizzato una serata tutta per noi, rinunciando all’invito dei colleghi, tra i quali c’è quel Mario, maestro di ballo, che non ha certo i tuoi gusti in fatto di passioni e mi fa una corte spietata. Non aspetta altro che un incontro corpo a corpo per una bachata : e tu lo sai e ti dà fastidio, lo metteresti ko, molto volentieri!... Mi sa che una di queste sere mi lascio trascinare da Ilaria che frequenta la sua scuola e che lo ha presentato alla compagnia; d’altre parte, anche a me piace il ballo…. Ma stasera ho un’idea per svegliare la tua attenzione: giro per casa in sexy-lingerie, nel frattempo mi preparo, ma tu neanche te ne accorgi… Ti sfilo sotto gli occhi catturati, per il momento, solo dal monitor… Niente!!... Quel che ami, in questo istante, è il colore dei pantaloncini della tua squadra del cuore: altro che completini sexy… Avevo messo il profumo che piace a te, macchè, sembra che il tuo naso abbia subìto un attacco di sinusite acuta! Puzzo di sudore, quel che ameresti sentire dal vivo, ed immagino ti piacerebbe da matti, perché quello dei mitici undici che giocano a rincorrere una palla per portarla in una rete… Puah!!... Non sarebbe meglio giocare tra noi due: più intimo, no?!.... Allora ho un’altra idea: m’imbelletto, metto il vestito più sensuale che ho. Ora è una gara, una giusta sfida tra me e tuoi miti ed ognuno usa la propria tecnica. Pronta: dài col fischietto!... Entro in campo con il mio tubino nero, tutto scollato sulla schiena, sulla quale faccio pendere un filo lungo di perline. Ho spalmato, sul corpo, crema al profumo fresco di tiglio, brioso e piccante, come piace a te. Sfoggio le mie curve e la pelle ambrata, metto sandali coi tacchi e sfodero un sorriso smagliante, su labbra rosso corallo. Ti passo davanti, sensuale ed accattivante, mi chino per sussurrarti all’orecchio ma l’unica cosa che riesci a dirmi è di spostarmi!... Grrrrr!... Perché non scoppiano tutti i Super Santos della terra?... Allora vuoi la guerra?!.... Non mi sposto, no!... Mi ti paro davanti, come niente fosse, e ti dico di chiudermi la lampo, quindi mi guardi, o perlomeno credevo, pensavo, speravo: ma è una frazione di secondi. Eppure sembri ansimante, sei teso, estasiato, sudi, forse ti agito… Allora è vero, mi hai vista!!? … Hai gli occhi lucidi, ingoi di continuo, sembra che farfugli. Pronta all’attacco, ti accarezzo e tu afferri la mia mano e la stringi. Ecco, ci siamo: ho invaso il campo!.... Invece no, non è per quello che credevo, bensì per fermarla perchè non tolga la visuale, poi mi sposti con una piccola spinta mentre lo sguardo è, ancora, incollato a quel maledetto monitor. Afferri i cuscini del divano, li stringi ed intanto mentre fai scivolare, di nuovo ma solo per un istante, i tuoi occhi su di me, gridi ed inciti : ” E vai, vai!”… Forse questa è la volta buona, penso. Sembri in estasi, in apnea, oso pensare alla mia vittoria ma, all’improvviso riguardi la tv e gridi forte al goal!!... Ma non è possibile!....

Allora sono io che ora ti urlo minacciosa: ” Amore, ma tu l’amore la fai con me o con la tua squadra del cuore?! Ed ora corri appresso a me, va, che io esco da sola, anzi vado con Mario perché lui… eh, lo sai perchè! “....
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Profilo Autore: Giò  

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Vorrei parlarvi oggi del mio matrimonio, non della cerimonia, ma della convivenza tra coniugi. Sapete quella cosa in cui si parla solo del tempo, oggi è bello ma la televisione ha detto che domani piove. Ci tocca comprare l’ombrello, perché quello che abbiamo s’è rotto. Ci vai tu gioia, no vacci tu perché mi annoia andare fuori. E così finisce che non ci va nessuno e ci portiamo dietro il raffreddore per un mese. E i litigi per cosa guardare in televisione? La partita o il film romantico con Hugh Grant o magari il documentario sulla muta di un animale raro su National Geografic. Mai che si sia d’accordo su qualcosa. Poi un giorno capita che tu incontri qualcuna e lei un altro e allora cambia tutto. Nessuno guarda più la televisione, si sta tutto il giorno attaccati ai cellulari e il bagno diventa il locale più frequentato della casa. Credo che partano più sms dal bagno che da ogni altro luogo della terra. Improvvisamente si va d’accordo, le bocche diventano di miele, si guarda la partita o il film romantico insieme, tanto la testa è altrove. Poi un bel giorno cambia tutto, magari ci si dimentica lo smartphone a casa e l’altra lo legge, oppure le coincidenze astrali sono contrarie. Il miele diventa veleno e l’avvocato è il tuo miglior amico.

Questa è solo l’introduzione, non vi preoccupate. Chi è che sale sul palco? Signora è vietato disturbare gli attori che recitano, dovrebbe saperlo. Scusate ora la riconosco, è mia moglie. La vedo brutta per voi, cercate qualcosa con cui ripararvi la testa, perché la vedo molto carica. Io proseguo, però, non mi faccio intimorire, voi avete pagato il biglietto e avete diritto a una storia. La mia signora sta dicendo che è qui per puntualizzare, che ha intenzione d’intervenire ogni volta che dirò qualcosa di falso? Che dite la lasciamo restare? Ho capito siete d’accordo, oggi vi volete proprio divertire. Sono stato io a scoprire il suo tradimento, non pensavo, però, che potesse giungere sino a quel punto. Il giorno che lei s’è scordata lo smartphone a casa, sono andato a leggere lo storico dei messaggi e delle chat. Niente di compromettente a prima vista, solo scambi di opinioni e richieste di appuntamenti con le amiche. Un the, una cena, una visita a una mostra, cose così. C’era però qualcosa che non mi quadrava, troppi tvb per i miei gusti, ma li ho considerati solo slanci d’affetto al femminile. Non so perché, però, quel giorno stesso ho contattato uno spione, sapete quelle agenzie investigative specializzate in corna e affini. M’è costato un botto, ma ho scoperto le magagne della signora. Quali? Un attimo che ve lo racconto. Mia moglie ha qualcosa da dire? Scusate non avevo sentito. Volete che la lasci parlare? Va bene vediamo come se la cava.

Sono la moglie di questo qui, un po’ mi vergogno di averlo sposato. Un’artista non dovrebbe mai stare con un impiegato del catasto, dove avevo la testa quando l’ho incontrato? Si forse era belloccio tanto tempo fa, poi un giorno l’ho visto per quello che era, un tipo meschino e banale. Come e quando è successo? Quando a letto ha cominciato a parlare di stanchezza, cose tipo…troppo lavoro in ufficio o l’emicrania (credevo fosse una scusa da donne), il lutto per la nonna, il cane che non mangia, il canarino che ha la raucedine. Per me gatta ci covava, almeno così pensavo allora. Mi sono rivolta anche io a un investigatore, forse avevamo lo stesso indirizzo, fatto sta che ci siamo accordati con la stessa agenzia. Ci avranno preso per matti, come minimo, ma sono stati molto professionali. Lo hanno seguito per mesi, nella sua vita, in apparenza non c’erano scheletri nell’armadio. Quando usciva stava sempre con lo stesso giro di amici, un gruppo di Peter Pan sballati e sfigati, che non sono mai cresciuti. Certo sono successe cose surreali, un giorno l’agenzia mi ha spedito una prova del suo adulterio: stava baciando una donna in macchina, peccato che quella ero io. In quell’agenzia forse lavorano a compartimenti stagni, oppure non avevano un software per incrociare i dati. Mi sono fatta una risata ed è finita lì. Poi però dopo qualche mese il trucco è stato scoperto, uno spione dell’agenzia mi ha spedito le prove del suo tradimento, solo che non era una donna la mia rivale, ma l’intera combriccola dei suoi amici. Mio marito gay? Mai e poi mai lo avrei pensato. Eccola la verità, perché ridete? Vi fa tanto ridere questa cosa? A me per nulla, anzi mi fa arrabbiare moltissimo. Ho detto la mia su questa storia, ora se vuole può dare la sua versione.

Perché stai andando via? Resta pure. Cosa credi di farla franca? Allora dovete sapere che anche lei è stata beccata con le mani nella marmellata, non quella della nonna, ma quella cotta a puntino dalle sue amiche snob. Sapete quelle perennemente annoiate, che prendono il the alle cinque col mignolo alzato e che la sera invece di restare a casa, vanno in giro per mostre e locali noiosi. Per farla breve e non tirarla a lungo, lo spione dell’agenzia ha colto in flagrate anche lei. Una vera e propria orgia lesbo con le amiche del cuore. Una, pensate, aveva anche entrambi i mignoli fratturati. Chissà come sarà riuscita nell’impresa di rompersi solo quelli e soprattutto come faceva a prendere il the? Si faceva prestare il dito da qualcuno? Ridete? Forse l’espressione è stata infelice e ambigua, non era a quello che volevo alludere, ma anche a me viene da ridere ora che mi ci fate pensare. Se sono gay io, lo è anche lei, alla fine. Siamo sulla stessa barca, ma andiamo in direzione parallele. Non dovevamo incontrarci, è questa la verità. Io e lei, le sue amiche e i miei, come in un puzzle stralunato, da comporre a occhi bendati, a chi tocca tocca!




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La Sicilia, l’Etna e gli aranceti della Piana di Catania. Li avete presenti? Forse no, qui è tutto un altro mondo. Dove abito io, invece è diverso, si può sentire il profumo di zagara al tramonto ed è qualcosa di grandioso. Ciò che non lo è, invece, è la questione dell’occupazione, siamo tutti occupati a non far nulla. Non che noi non vorremmo, ma proprio non c’è storia, siamo costretti a passare il nostro tempo al bar a discutere della Juve o del Milan o di qualche rara bellezza locale. Di quelle che si fanno vedere per strada ogni tanto, perché di solito stanno rintanate nelle cucine di casa o in salotto a imparare l’uncinetto. A parte i braccianti che raccolgono le arance d’inverno e campano col sussidio di disoccupazione se hanno versato contributi per centottanta giorni, a lavorare sono gli impiegati del Comune, i maestri delle scuole elementari e i pochi negozianti che non hanno ancora chiuso i battenti. Per gli altri c’è la pensione dei genitori, la minima nella maggior parte dei casi. Noi in famiglia siamo in quattro, anzi ora in tre, poi vi spiego, l’unica entrata è la pensione di papà e per fortuna lo è ancora, anche se papà non c’è più, s’è n’è andato due anni fa giusto oggi. Ci siamo ingegnati e abbiamo trovato una scappatoia, ma per favore, quando uscite di qui, non andate a raccontarlo in giro. Promesso? Va bene, ora che mi avete dato la vostra parola posso proseguire. Cosa dice lei in fondo alla sala? Che lei non può promettere nulla perché è dei Carabinieri? E’ possibile accompagnare questo signore all’uscita? Lo spettacolo in caso contrario non può continuare. Bene sta andando via, rimborseremo il biglietto in ogni caso.

Dicevamo che due anni fa papà è mancato, aveva la sua età, ma non era così vecchio. Ci siamo scervellati durante la veglia su cosa fare per mantenere l’unica entrata della famiglia. Rosario, il fratello minore diceva che era meglio, dopo i funerali, non comunicarlo all’Inps, Rosalia la sorella di casa, invece, era per una scelta radicale, usare i nostri risparmi per andare al nord o all’estero, dovunque ci fosse un’opportunità di lavoro. Poi mi è venuta l’idea geniale: basta tumularlo senza fare i funerali. Perché il loculo al cimitero è già acquistato, papà lo aveva appena finito di pagare, un mutuo ventennale al dieci per cento fisso d’interesse acceso presso la banca del paese. Avremmo potuto nottetempo, era questa la mia idea, aprire il cancello e tumularlo da soli, senza che nessuno se ne accorgesse. La delega per riscuotere la pensione l’abbiamo da anni, perché papà stava sulla sedia a rotelle prima di andarsene. Siamo andati alla rivendita di pompe funebri del paese e abbiamo acquistato una bara, all’impiegato abbiamo detto che era un regalo per una vecchia zia che stava messa male e che abitava in un altro paese. Avremmo pensato noi al trasporto. Cosi quella notte stessa fermammo l’auto dinanzi al cimitero incustodito, aprimmo il lucchetto con destrezza e facemmo il nostro lavoro. Il problema era risolto.



Tutto qui mi state dicendo? Questa è solo la prima parte della storia. Sapete che non è facile tenere nascosto un segreto, quando si beve un bicchierino di troppo con gli amici o quando le donne fanno dei pettegolezzi. Già qualche mese dopo tutto il paese era a conoscenza del nostro segreto, forze dell’ordine comprese a quanto mi risulta. Qui però siamo solidali, non facciamo mai la spia. Omertà sicula dite? Può darsi, ma si trattava di una questione di sopravvivenza, mica di mafia.

Era passato qualche mese dagli eventi, quando suonò al portone di casa un vecchio amico d’infanzia, Gaetano con tanto di moglie appresso. E che donna, credetemi, una che può presentarsi al concorso di Miss Italia senza sfigurare per nulla. Non era una semplice visita di cortesia, mi chiese di parlare in privato e mi confessò il suo problema. Ero l’unica soluzione mi disse. In breve e per non farla troppo lunga gli era appena morta la madre, una santa donna, davvero, ma che non sopportava la nuora. E’ un classico, lo so, solo che lei, era tanto arrabbiata da aver fatto testamento a favore della Chiesa. Gli sarebbe toccato solo la legittima e con tutti i debiti che aveva contratto era un uomo rovinato. Bisognava ripetere l’operazione “ Caro estinto” anche per il mio amico Gaetano. Stavolta avrei percepito un compenso e pure discreto, cinquemila euro sull’unghia. Accettai ovviamente, ma solo per l’amicizia che mi legava a Gaetano. Si dice sempre così in questi casi, ma intanto mi fregavo le mani. La seconda esperienza fu più facile, sapevamo dove mettere le mani e la notte, quella volta, era dolce e serena.

Ancora non vi basta? Va bene andiamo avanti. Non so come fu, ma si sparse la voce in un lampo, ormai non passava giorno che qualcuno non avesse un lavoro da propormi. Li la gente continuava a morire, ma i funerali erano vietati per gli over sessanta. Se era un trentenne ad andarsene, invece, c’era l’accompagnamento in pompa magna, con la giunta comunale al completo. I vecchi, invece, risultavano tutti in buona salute all’anagrafe dell’Inps.



Non poteva durare all’infinito, è quello che pensate vero? Lo pensai anch’io il giorno in cui venne a trovarmi il maresciallo dei Carabinieri. Mi vedevo già dietro le sbarre, rinchiuso in una cella di pochi metri quadri. Invece non andò così, perché anche il maresciallo aveva avuto quel giorno un lutto in famiglia. Non mi specificò le ragioni per cui aveva bisogno del mio aiuto e io non le chiesi. Meglio non stuzzicare il cane che dorme. Anche il maresciallo dell’Arma ebbe il suo bel servizio sopraffino e di sicuro mi fece anche una gran pubblicità anche nei piani alti della politica. In che senso dite? Dovete sapere che non era nemmeno passato qualche giorno che bussò alla mia porta il consiglio comunale al completo. Fu il vice sindaco a mettermi al corrente della situazione, il primo cittadino era appena deceduto, un infarto fulminante. La notizia era segreta, non lo sapevano nemmeno i familiari più stretti. L’obiettivo era scongiurare l’arrivo del commissario: c’erano troppe magagne da coprire nei conti, tutti maggioranza e opposizione avevano qualcosa da temere. Un bel funerale in incognito era la soluzione più giusta, mancavano pochi mesi alle prossime elezioni, giusto il tempo di sistemare le carte e procedere all’elezione del nuovo sindaco. Poi dopo le votazioni l’illustre cittadino sarebbe morto ufficialmente. In cambio del favore la giunta s’impegnava a farmi un offerta di lavoro, un posto come guardiano notturno del cimitero. Dicevano che ero l’uomo più indicato per ricoprire quel ruolo. Cosa ne pensate, erano nel giusto? Ovviamente accettai volentieri e la cerimonia fu uno spettacolo. Immaginate un cimitero a mezzanotte, in una serata di luna piena, con tutta la popolazione in corteo, la banda del paese a suonare la marcia funebre e la giunta al completo a onorare il caro estinto. Sono soddisfazioni che dite?

Tutto è bene quel che finisce bene? Quasi, un inghippo ci fu, a dire il vero, ma qualche giorno dopo. Le chiese del paese erano in rivolta, se non c’erano funerali da celebrare anche le entrate dei parroci erano scarse. Il piatto piangeva e loro volevano la parte che gli spettava. Ci fu una trattativa lunga e complicata, ma alla fine arrivò la fumata bianca: per ogni caro estinto tumulato di nascosto sarebbe stato versato l’ottanta per cento del listino previsto per questo tipo di cerimonia. Non di più, perché il servizio non era stato espletato. Ci fu anche il brindisi, l’accordo era di totale gradimento da parte di tutti i partecipanti alla trattativa. Siamo un paese senza defunti, presto verranno studiosi dall’estero per studiare questo strano fenomeno. Meglio fermarsi dite? Forse, ma magari no. I mafiosi? E che c’entrano, non ne ho mai visto uno in vita mia. Può darsi che qualcuno sia venuto a chiedere un favore, ma se è stato così, non lo so davvero. Dite che ne hanno approfittato per far fuori dei rivali e per nasconderne il corpo? Non saprei, non sono della polizia, il mio compito non è fare domande, quando ho una pistola puntata sulla tempia. Perché se muoio io, è un dramma. Mi debbono fare i funerali, e io non ho la pensione e nemmeno i soldi per pagarli.
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Siccome che sono smemorata e pure un po’ sbadata, mi sono organizzata. Mi appunto tutto quello che devo fare in un foglietto e me lo porto sempre appresso. A dire il vero non sempre, spesso lo dimentico sul tavolo da cucina o in bagno quando mi trucco. Però ho trovato un rimedio anche per quello, le cose più importanti le appunto sulla biancheria intima, quella di sicuro non la posso dimenticare. Comprare il latte va sul reggiseno, non ci piove, magari solo per associazione d’idee, per i preservativi, invece, è naturale che usi il tanga per scriverci sopra. Ovviamente devo trovare un bagno per ricordare ciò che ho scritto, non posso sfilare reggiseno e mutande in pubblico, lo capite da voi, anche se con il fisico che tengo me lo posso pure permettere. E se non trovo un bagno dite, che faccio? Resto a digiuno e concepisco un bambino, che volete farci! Sinora ne ho fatti tre con questo originale sistema contraccettivo. Poi ho deciso che comprare i preservativi è compito di mio marito e il latte lo acquisto direttamente su Amazon per andare sul sicuro e per risparmiare. Siccome che sono anche un’insegnante qualcosa l’appunto anche sul palmo delle mani, come fanno i miei alunni quando sono interrogati. Sono l’insegnante perfetta per loro, perché siccome dimentico le domande da fare, possono rispondere ciò che vogliono su un argomento a piacere. Magari sempre lo stesso, lo hanno imparato a memoria, tanto io non lo ricordo. Così hanno tutti il massimo dei voti! Nemmeno la tecnologia mi aiuta, l’agenda del cellulare è piena d’appunti, il difficile è portarselo dietro! Le conversazioni poi sono un disastro, non ricordo mai quanto detto prima. Incontro qualcuno, mi saluta, faccio finta di sapere chi è, mi chiede come sto, bene, rispondo, a parte la cervicale che mi tormenta. E i figli, ne hai due mi pare. Io ringrazio nella mia mente per il suggerimento, poi ribatto qualcosa e parlo del tempo. C’è stato un temporale, ma poi è uscito il sole, sono tutta bagnata, ovviamente ho dimenticato l’ombrello. Fa caldo dico, ma la temperatura è sui dieci gradi, è inverno e anche il mare è mosso. Il mio interlocutore mi guarda come se fossi un extraterrestre e mi parla di Guerre Stellari. Perché c’è in corso una guerra nella galassia dico? Sai oggi non ho visto il telegiornale, avevo troppo da fare. E’ tutto così, sembra una storia surreale e invece è il tragicomico della mia vita. Non è che a casa vada meglio, cerco di stare attenta, ma a volte mi capita di friggere il pesce con olio di…candeggina e di lavare i panni in lavatrice con il detersivo per piatti. Ora però c’è la cameriera che fa tutto, anche questa è una cosa che mi posso permettere dopo una vita di lavoro. La prossima volta che nasco voglio avere una memoria di ferro, anche a costo di assomigliare a una cozza, chi se ne frega della bellezza, se poi non ricordo nemmeno come sono fatta. Da ragazza ho partecipato al concorso di Miss Italia, o almeno mi ci sono iscritta, però non mi sono ricordato il giorno della sfilata. Un peccato, perché, secondo chi mi conosce, avevo qualche possibilità di vincerlo e magari di diventare una star del cinema o della televisione. Chi mi corteggiava doveva avere una pazienza infinita, saltavo tutti gli appuntamenti e anche a letto ero un disastro. Non ricordavo mai come si faceva, per rinfrescare la memoria, mettevo un porno e poi cercavo d’imitare l’interpretazione dell’attrice. Non arrivavo mai all’orgasmo, ma mi sentivano tutti dalla strada e persino dal paese più vicino. I maschi facevano a gara per uscire con me, ma a letto usavano i tappi nelle orecchie, per evitare di finire all’ospedale con un timpano perforato. Una volta che passava di lì un regista, ha suonato alla mia porta e mi ha proposto di fare un film, una parte da protagonista in un film dell’orrore. Dovevo gridare da far paura, evidentemente! Ci ho pensato su, ma ho rifiutato, magari se era un film muto o uno di quelli senza battute da recitare, avrei accettato. Siccome mi sono stufata di passare per cretina, ho deciso di entrare in convento, di farmi monaca di clausura, una di quelle che hanno l’obbligo del silenzio. Sono andata a parlare con la madre superiore, una santa donna davvero. Mi ha ascoltata, poi mi ha spiegato che non andavo bene nemmeno per il convento: anche lì c’erano tante cose da ricordare. Gli orari delle messe, delle preghiere, dei pasti, ad esempio. Ho ribattuto che magari qualcuna delle suore mi poteva chiamare al momento opportuno. La sorpresa fu che lì non sarei stata l’unica ad avere quel problema, c’è n’erano altre e non c’erano monache che bastavano per stare appresso alle smemorate. Ed eccomi qui, con un problema senza soluzione, a volte non ricordo nemmeno come mi chiamo, che c’è scritto nel cartellone fuori dal teatro? Gelsomina? Ah si, è vero, uso sempre un profumo di gelsomino per ricordare come mi chiamo. Si sente sin dal fondo della platea dite? Vi piace? State facendo sì con la testa, sono contenta. Avete pagato il biglietto d’ingresso? Perché state tutti in silenzio? Non c’era nessuno al botteghino dite? Forse ho scordato di avvertire l’addetto. Però mi sono ricordata di venire qui a leggere questo monologo. Come ho fatto? Ho chiesto in giro, poi qualcuno mi ha accompagnata qui, si lo vedo è in prima fila. Dice che è mio marito, sperò che sia vero, non mi va di farmi scopare da uno sconosciuto, non è appropriato. Spero di ritrovare la strada di casa, quello che dice di essere mio marito può accompagnarmi se vuole. Quanti mariti che ho! Tutti mariti miei, questo è solo l’ultimo dite? Può darsi che ogni tanto mi dimenticavo di essere già sposata. Bene allora andremo in processione sino a casa, fate strada!

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Vagavo per la città senza una meta: il colore uggioso del cielo era anche quello del mio umore. Non avevo più un lavoro già da qualche giorno: la ditta cui avevo dedicato molti anni della mia vita aveva chiuso i battenti, spazzata via dai venti di crisi che ancora spirano su questa parte del vecchio continente.

Con lo sguardo basso e il morale sotto i tacchi non mi accorsi nemmeno di lei: la urtai per sbaglio. La guardai e le chiesi di scusarmi. Era una zingara giovane e bella: forse è per questo o solo per rafforzare le mie scuse, che accettai la proposta di farmi leggere la mano. Le mostrai la sinistra: dopo averla guardata con attenzione per qualche minuto, scosse la testa. "La linea di Saturno mormorò, la linea di Saturno è spezzata. Puoi scordarti il successo, la Dea bendata non ti degna di uno sguardo".

Le chiesi delle probabilità di trovare un lavoro, di pagare regolarmente l'affitto della abitazione dove mi ero trasferito dopo la separazione. Le risposte non furono favorevoli. "Ti aspetta una vita grama e dura" mi disse guardandomi diritto negli occhi. Le diedi una moneta da un euro ed affrettai il passo, deciso a tornare a casa, il prima possibile.

La prima cosa che feci appena varcato l'uscio della mia abitazione fu accendere il portatile. Il colloquio con la zingara aveva accresciuto il bisogno di conoscere il futuro; mi misi a cercare tra siti di cartomanti, divinatori e sensitivi, chi poteva darmi qualche speranza.

Una stanza in penombra, il profumo d'incenso nell'aria, un'atmosfera intrisa di magia e mistero; la "Maga dei sogni realizzati" mi accolse con un largo sorriso, dopo aver contato i soldi pattuiti per l'onorario, al momento dell'appuntamento. Mi lasciò parlare.

Aveva un sorriso rassicurante, il volto materno di una donna che dedicava il tempo libero alla cura dei nipotini. Le raccontai del lavoro perso, della separazione da mia moglie, di quanto mi mancassero i miei figli. Mi sorrise senza battere ciglio; mischiò le carte e mi chiese di alzarle con la mano sinistra.

La prima ad uscire fu il Carro al rovescio, seguita in successione dall'Appeso e dalla Torre. Il responso delle carte era chiaro: il futuro si prospettava difficile. Provò ad utilizzare tecniche differenti per addolcire almeno un po' la pillola, ma con scarsi risultati. La salutai, prima di abbandonare la stanza col morale a terra.

Non mi rassegnai: forse un astrologo poteva darmi risposte migliori. Presi appuntamento con un'autorità del campo: la parcella richiesta era da idraulico al lavoro nel giorno di Ferragosto. Uno sproposito!

Prima di confermare l'appuntamento per la settimana successiva, mi furono chiesti i dati natali, per stendere il tema radix e preparare i calcoli dei transiti, delle direzioni simboliche e delle rivoluzioni solari necessarie a una seria divinazione del futuro. Rimasi sbalordito: non immaginavo che dietro la stesura di un oroscopo potesse starci tanto lavoro! Attesi con ansia, quindi, il giorno dell'appuntamento.

Il responso degli astri non si discostò molto da quello delle carte; sembrava proprio che Saturno m'avesse preso di mira! Alla nascita dominava l'ascendente; opposto a Venere, era responsabile dei miei problemi affettivi, in aspetto teso col Sole complicava la ricerca di un lavoro sicuro. Meno male che non si è ancora scontrato con Marte: quando succederà, prima o poi, anche la salute potrà risentirne. Nessuna speranza, pur piccola, l'avvenire è tetro, almeno a sentire gli astri.

Il disordine del mio appartamento da single non era il massimo per tirarsi su di morale: bastò qualche telefonata, però, per trovare un'amica disposta ad allietare la mia serata, in cambio di un piccolo incentivo...in denaro.

Ripresi a cercare un'occupazione: spedii curriculum ovunque, presi un'infinità d'appuntamenti, feci decine di colloqui di lavoro. Con Saturno contro, però, c'era poco da fare. L'ozio, dice un proverbio, è il padre dei vizi: posso giurare che è vero, dato che spendevo il sussidio di disoccupazione in fumo, alcool e puttane.

Un pomeriggio che ero già brillo e vagavo per le strade in cerca di compagnia, mi ritrovai di fronte alla zingara che mi aveva già letto la mano. Mi riconobbe e sorridente mi chiese del lavoro e del resto col suo forte accento dell'Est: le bastò la mia alzata di spalle per capire che le cose non erano cambiate.

Fu l'alcol, forse, a rendermi audace o il bisogno di placare la solitudine: fatto sta che l'invitai a cena per quella sera. Fui stupito dal suo assenso immediato: le diedi l'indirizzo del ristorante e le chiesi quello di casa, per passare a prenderla all'ora convenuta. Mi rispose che non era necessario, conosceva dove era situato il locale e non aveva difficoltà a raggiungerlo.

Arrivò alle ventuno in punto, mentre ero già seduto al tavolo del ristorante prescelto; non la riconobbi subito. In abito lungo nero firmato Valentino, con i capelli biondi sciolti, il trucco leggero, non assomigliava per nulla alla zingara che leggeva la mano per strada. In realtà, mi rivelò durante la cena, non era una zingara, ma una laureata in lingue disoccupata.

L'idea di quello strano lavoro le era venuta dopo l'ennesimo mancato rinnovo di un contratto: grazie a questa trovata, guadagnava parecchio, poteva permettersi un certo tenore di vita e in fondo non faceva nulla d'illegale.

Tirai un sospiro di sollievo. Allora, le dissi, la linea di Saturno non c'entra niente, era tutto un trucco! Ho letto qualche libro, disse, ma non sono un'esperta: mi dispiace se le mie parole ti hanno preoccupato.

Non fu la nostra unica cena: altre ne seguirono. M'invitò a casa sua qualche sera dopo e facemmo l'amore: qualche mese dopo mi vi trasferii in pianta stabile.

La mattina mi alzavo presto con lei: che piacere era guardarla mentre svestiva morbide vesti di seta, per indossare poveri abiti consunti e sgualciti, dalla pioggia e dalle intemperie del tempo. L'accompagnavo al lavoro e ne curavo gli interessi: investivo i suoi risparmi, da manager esperto di trading sapevo come farli fruttare. Ci guadagnavo qualcosa anch'io: forse cartomanti e astrologi avevano sbagliato i conti. Il successo non dipende dalle stelle, ma dal talento, da ciò che si è appreso o si sa fare.

La felicità non fu duratura, non bastò essere innamorati, andare d'amore e d'accordo per deviare il corso del fato o del caso, fate voi.

Un giorno, un manipolo di naziskin, delle teste rasate del cazzo, la scambiò per una zingara vera: fu picchiata a morte ed infine accoltellata, tra l'indifferenza dei passanti.

La ribellione dei benpensanti ci fu, ma solo dopo la scoperta della vera identità: quella di una laureata costretta a fingere di essere una zingara per sopravvivere. Non era il mio Saturno ad essere contro, ma il suo: o almeno il suo a detta degli astrologi consultati era più contro del mio!

Qualcosa di lei mi è rimasto: non solo il ricordo di giorni e mesi felici, ma anche il lavoro. Ho letto i libri che aveva a casa, ho appreso l'arte della lettura della mano: la mattina mi travesto da zingara anch'io, un po' per non dimenticarla, un po' perché i soldi ormai scarseggiano.

Leggo le mani ai passanti: se qualcuno m'invita a cena però non accetto! È un racconto, non un film o il set di "A qualcuno piace caldo", anche se anche qui, nessuno è perfetto!
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Finalmente aveva raggiunto il suo scopo. Se si guardava indietro, poteva scorgere tutte le tappe del suo successo, un vero capolavoro d’astuzia! Degno di un condottiero, uno di quelli che erano ammirati da tutti per l’audacia e la scaltrezza. Quando era entrato nel sito non lo conosceva nessuno, lo evitano pure, quegli asini! Come potevano non riconoscerne la grandezza alla prima lettura? Questo non lo avrebbe capito mai, ma non sapevano quei poveri cristi con chi avevano a che fare. Un giorno gli avrebbe mostrato i bulloni e avrebbe calpestato le loro spoglie come si fa con i nemici abbattuti in battaglia.

Ora aveva il pieno controllo della situazione, non c’era voluto molto alla fine. Un matrimonio d’interesse, qualche avveduta alleanza, un po’ di blandizie verso i poeti più ingenui e il gioco era fatto. C’era qualcosa che da qualche tempo gli dava fastidio, che non riusciva proprio a tollerare. Una vera impertinente, alcuni gli dicevano che era una ragazzina, una quattordicenne, forse, ma tosta e con la lingua affilata. Doveva togliersela di torno, quella era ogni giorno più popolare! Aspettava che facesse un passo falso, uno qualunque, prima di far scattare l’ostracismo! Intanto aveva sguinzagliato gli scagnozzi, certi cagnacci con cui era meglio non avere a che fare. Tutta gente assoldata per l’occasione, inseriti nella lista degli autori di straforo, anche se non avevano mai pubblicato. In caso di necessità l’avrebbero fatto, ma sarebbe stato lui a passargli la materia prima, col suo talento camaleontico non se ne sarebbe accorto nessuno. Questa specie di vispa Teresa doveva andar fuori dalle balle il prima possibile, perché era una minaccia al suo dominio assoluto. Mussolini avrebbe mai sopportato che Matteotti gli mettesse i bastoni tra le ruote ogni giorno? Mai! E perché doveva essere diverso per lui? Intanto stava elaborando un piano infallibile, per riuscire nell’intento.

Passò ai suoi sodali delle poesie che facevano il verso alla malefica ragazzina: una che parlava di Barbie e Ken, un’altra del primo bacio all’uscita di scuola, la terza che faceva un paragone fra trecce e salsicce (quella era in rima, ovviamente). Piccoli capolavori di composizione, si disse una volta finite: peccato che le lodi sperticate e le stelle stavolta non sarebbero spettate a lui. Avrebbe aspettato una reazione per colpire duro, intanto l’avrebbe sospesa per qualche settimana, tanto per dimostrare chi era il padrone.

Il piano non andò a buon fine. La ragazzina stette buona, eppure doveva averle lette tutte. Una anzi l’aveva pure commentata, ne aveva fatto un elogio. O era tutta cretina o una furba di tre cotte. Quale che fosse la verità, urgeva approntare un nuovo piano, ancora più astuto. Però dovette ammettere in fondo che quell’elogio gli aveva fatto piacere, da una nemica giurata per giunta!

Il nuovo piano prevedeva un attacco concentrico dei suoi sodali alla prossima pubblicazione della ragazzina. Era vero che non si potevano fare commenti offensivi, ma per una volta si sarebbe chiuso un occhio. Quando ci fu l’occasione partì la contraerea, colpita e affondata come in una battaglia navale! Dal fronte opposto, però, non arrivò nessuna risposta, silenzio assoluto. Eppure c’erano andati pesanti con gli aggettivi: orribile, rivoltante, un sacco di merda e chi ne ha più ne metta. La ragazzina faceva la dura e procedeva imperterrita lungo la strada, non gli importava un fico secco di chi la importunava. Forse era arrivato il momento d’intervenire in prima persona, quelli di cui si era servito non li conosceva nessuno.

Prese l’iniziativa e pubblicò una sua composizione con un attacco diretto, facendo nome e cognome della maledetta. Si sfogò il cuore, si tolse ogni possibile sassolino dalle scarpe e pure qualche mattone. Ciò che non si aspettava fu quella levata di scudi a favore della ragazzina. Erano tutti solidali con lei, che stava succedendo? Gli si rivoltarono contro anche quelli che credeva amici: li contattò uno a uno ma non si degnarono di rispondere. Ricevette, invece, una mail dell’amministratore del sito, gli comunicava che era stato ostracizzato. Lui che ne era l’anima, lui che era il più bravo del reame! Perché il suo specchio non l’aveva avvertito? Gliene avrebbe cantato quattro stavolta. Lo avrebbe fatto a mille pezzi, quello specchio del cazzo, buono solo a farsi pulire tutte le sante mattine!

Protestò con l’amministratore, lo andò a trovare in ufficio, parlò col suo avvocato per capire se poteva fare causa al sito e chiedere i danni morali. Quando il suo legale lesse il regolamento parlò chiaro. Non c’è niente da fare, gli disse, non c’è un divieto che lei non abbia infranto. Forse l’avrà letto al contrario. Ci sono delle regole da rispettare, in democrazia non si possono calpestare i diritti altrui con i bulloni o con l’olio di ricino. Lui, però, non si diede per vinto, voleva capire cosa era successo davvero e se qualcuno aveva occupato il suo posto. Aprì una nuova email, cambiò nickname e si fece prestare delle poesie da un amico di scuola per non essere riconosciuto dallo stile. Una volta iscritto riprese a tessere la sua tela, ma capì che non c’era più la stessa aria, gli autori avevano creato un comitato con il compito di verificare i comportamenti di tutti. Non ci sarebbe più stato un uomo solo al comando. Gli crollò il mondo addosso, decise di fare le valigie e di emigrare dove le condizioni erano più favorevoli. Era stato battuto da una ragazzina, forse il suo orgoglio non si sarebbe più ripreso.
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All’estero non c’ero mai stato, anzi si, San Marino e il Vaticano sono esteri, mi dicono ! Ma diciamo che i confini catanzaresi li supero ogni giorno attraversando via Pistoia ed il Bronx. Si parte per Londra, dall’aeroporto di Lametia, che, a dire il vero, sembra una cosa seria, anche se non si chiama aeroporto di Catanzaro. Dei miei due compagni di viaggio (altri due ci aspettano la),uno è abituato a volare, l’altro meno, e me ne accorgo quando gli dico che, dalla parte del finestrino mi siedo io. Avrei voluto vedere Londra dall’alto ma quando arriviamo non si vedeva niente, sembrava il quartiere marina quando c’è la lupa di mare  ! Il viaggio procede tranquillo. Quando passano le hostess per fregarti con qualche ordinazione si fa finta di chiudere gli occhi e di dormire perché non si accorgano che non ho nemmeno la strada per camminare ! Dopo tre ore, dove vidi solo nuvole, si atterra e pensai “finalmente Londra”. Col cavolo. Per arrivare all’accettazione ho dovuto percorrere a piedi un tratto come da l quartiere Marina a Santa Maria in mezzo a dei maledetti nastri. Quando arriviamo al controllo, all’amico mio inesperto gli cercano il pelo nell’uovo all’altro manco lo vedono. A me nemmeno, ma io sono stato fortunato perché mi è capitata una donna e forse è rimasta abbagliata dallo sguardo sexy di un playboy catanzarese. All’altra fila dell’accettazione vedo passare altri tre amici catanzaresi, Gianni, Luca e Vitaliano e non ricordandomi che non ero più nel nostro ambiente locale li gratifico con un “Oèèèè dove cazzo andate ?” Gianni, viaggiatore esperto, da lontano mi fa cenno di tacere ed io capii che la prima figura di merda me l’sono sparata ! dopo molti ok ok ok superiamo l’accettazione e la prima cosa che mi dice Gianni è “Ma che scarpe ti sei messo ?”. Avevo le nike di mio figlio, bianco candide. Gliele avevo fregate nottetempo. Ci rimango male specialmente se penso che lui aveva viaggiato con Luca che portava scarpe da tennis giallo-Catanzaro con tre strisce rosse. Un pugno negli occhi. Vitaliano è uno che a classe e a Londra è di casa come io in via Pistoia. Dopo un po’ di ok e pollice all’insù oppure un po’ di “Sorry” che dovrebbe significare “scusi”, che uso quando spingo qualcuno, ci avviamo a prendere la macchina. Niente a che vedere col pulmino all’italiana, qua, prima di dartelo ti controllano anche le mutande ! M’accendo una sigaretta e perfino Scotland Yard sembra allertarsi, perché devi fumare dove dicono loro, manco all’aria aperta. Dura da digerire, questa cosa, q1uando torno, a Roma, mi devo togliere lo sfizio di fumare e buttare la cicca per terra spegnendola con la punta della scarpa. Finalmente si parte. Siamo in sei, due davanti e quattro indietro, guida Luca. Purtroppo ha il vizio di voltarsi dietro per parlare e io lo invitavo a fare più attenzione a guardare avanti. Qui la guida è a destra, tutta un’altra cosa. Ma dopo un paio di rotatorie prese contro mano ti ci abitui. C’è un traffico notevole. Un tamponamento più avanti fa venti km di fila, gli inglesi sono flemmatici si sa. Loro si fermano, discutono, se la studiano e non gliene frega niente degli altri che aspettano. Tanto, qua, non c’è nessuno che suona e nessuno che gli grida “Levatevi dalle palle con queste macchine”, sono educati, dai, stile english. Dopo un paio d’ore passate a leggere i nomi di una ventina di squadre che io conosco per via delle scommesse sui cartelli stradali, arriviamo a West Ham. I miei amici esperti mi dicono che quello è un quartiere tosto e rischioso. Per la verità, a me sembra che il più pezzente di loro sia superiore ad un nostro nobile. Entriamo in un famoso pab e con il fisico non ci siamo. Immaginate che per fare uno come loro ci vogliono almeno cinque Luca messi l’uno sull’altro e uno sguardo che ti gela. I colori del West Ham sono per tutto il quartiere (quartiere un corno, vorrei Catanzaro, in quel modo).Si respira calcio dappertutto, come negli anni 70/80 , quando eravamo in serie A, lo respiravamo a Catanzaro, con un po’ di tamarragine in più perché noi siamo latini. La sera si va a Chelsea, zona di lusso. Io vado avanti a colpi di “ok Ok”, e una signorina per farmi capire che la mia stanza era la 106, me l’ha dovuto scrivere su un foglietto e si aspettava che io le rispondessi ok ok. Non avevo ancora compreso quanto grande fosse Londra, con quelle abitazioni, tutte le stesse, che piacciono tanto a Vitaliano e che io volentieri trasferirei a Viale Isonzo…grata compresa altrimenti gli fregherebbero pure le mutande ! La c’è il mondo, inutile, fiumi di birra e pab a non finire ed è tutto normale anche quando vedo due lesbiche baciarsi con la lingua. Ho visto anche due uomini che si baciavano, no, questo non è molto bello. Immagino cosa sarebbe successo davanti al ritrovo Mignon di Catanzaro se si fossero baciati li ! Il giorno dopo a Leicester.  Come ospiti siamo trattati coi guanti gialli. Mi faccio avanti al buffet tra un sorry e uno spintone e mi riempio il piatto di rustici, da non aver realizzato cosa fossero. Quando chiesi dove andare per fumare a gesti, non volevo usare il termine smoking perché temevo fraintendessero che avevo bisogno dell’abito, le hostess mi dissero che potevo farlo solo nell’half time,la fine del primo tempo della partita che era già in corso. Allora mi recai sugli spalti a vederla. L’arbitro fu vergognoso ma, tranne qualche imprecazione tutti tacevano. Da noi, oltre a ricordargli i natali, gli avremmo ricordato parti anatomiche nella zona della testa. Stanchi, torniamo in albergo, però a me va ancora di girare. Mi dicono che Londra, a mezzanotte di domenica quella zona è morta. Vedeste a Catanzaro, alle cinque di pomeriggio, che movida che c’è ! Si riparte e subito impreco perché mi sequestrano il deodorante per le ascelle, un euro che saranno quattro pounds persi. Ma, a proposito, in Inghilterra non c’era la sterlina ? Quindi quei quattro pounds che mi hanno chiesto che…cosa sono ? Ciao a tutti…l’ultima  “benedizione” va alla Telecom, non sapevo che per coloro che mi chiamavano ero io a pagare ! Ora ho la scheda vuota e dovrò spendere alti soldi.



Tratto e rielaborato dal diario di un capo tifoso invitato ad assistere ad una partita in inghilterra




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