Ho parlato di amicizia e di amore fino ad ora, ma adesso eccomi ad esplorare la condizione praticamente opposta, che sicuramente riguarda un discreto numero di persone: la solitudine.
Quante persone a questo mondo sono sole? Non mi riferisco necessariamente a chi è single, ma a chi si sente solo pur circondato da una folla di parenti, conoscenti e presunti amici. Praticamente tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti soli. Per alcuni di noi è uno stato duraturo e ricorrente, per altri raro e passeggero. Si può, a volte, ricercare la solitudine per riprendersi dallo stress della vita quotidiana e rilassarsi un po', e per avere modo di riflettere nella giusta tranquillità, ma questa non può definirsi vera solitudine.
C'è anche chi è talmente preso dal proprio lavoro o dalle proprie passioni, da non sentire il bisogno di amicizie o di legami familiari, ma se non si soffre per la solitudine, allora per queste persone va bene così.
La solitudine in fondo, non è che uno stato d'animo: si è soli quando ci si sente davvero soli, indipendentemente dal fatto di trovarsi in compagnia di altre persone o meno. Si può invece benissimo non sentire il senso di solitudine anche quando si è completamente soli.
Possono essere tante le ragioni della solitudine: da quelle puramente genetiche (un carattere particolarmente introverso) al modo in cui è cresciuti, alle esperienze negative avute nel corso della vita, alle scelte fatte, e a volte anche la sfortuna (e qui qualcuno non sarà d'accordo, immagino!).
Ci può essere chi, pur avendo una famiglia, soffre lo stesso di solitudine perché a volte purtroppo neanche i familiari colmano quel vuoto interiore: essi non comprendono pienamente il nostro mondo interiore e ne restano fuori, fermi al confine, si vorrebbe con tutto il cuore farli entrare, ma è come se ci fosse un blocco, un invisibile muro che impedisce l'entrata.
Spesso le persone particolarmente intelligenti, riflessive e sensibili, dotate di una fervida immaginazione, possono avere maggiori problemi di socializzazione e difficoltà nello stabilire relazioni duratore e profonde con gli altri. Questo avviene perché non si trova la giusta corrispondenza negli altri, la giusta "sintonia": si è circondati in molti casi da persone dalla mente molto più semplice, con cui non si possono fare discorsi o ragionamenti particolarmente impegnativi.
La solitudine è terribile e dolce al tempo stesso: è come lasciarsi andare in un mare tiepido le cui onde accarezzano e cullano, ma in cui ci rischia anche di annegare! Si aspetta la famosa "ancora di salvezza", una mano amica a cui aggrapparsi per salvarsi dalle acque! Ora molti lettori diranno che non si deve aspettare passivamente, ma ci si deve impegnare per risolvere il problema, e sono sostanzialmente d'accordo, anche se a volte non è per niente facile: la depressione che la solitudine può portare, può essere molto forte e invalidante, e si può anche soccombere a volte, senza il giusto aiuto.
Qualche volta invece la solitudine è una scelta di vita: pensiamo agli eremiti ad esempio, che scelgono di vivere da soli in luoghi isolati, per dedicarsi ad un'esistenza dedita alla natura, alla meditazione e ovviamente alla solitudine.
Ci può essere anche il misantropo che odia tutti, probabilmente a causa di una profonda sofferenza vissuta in età infantile o adolescenziale, di qualche trauma avuto, che a volte non si ricorda neanche più.
Qualche volta, se si è stati traditi o delusi in modo atroce da un amore e da un amico, la reazione può essere talmente forte da portare ad isolarsi il più possibile, per evitare frequentazioni che potrebbero portare a nuove sofferenze.
C'è inoltre il rischio (o la possibilità, dipende da come la si vede!) di abituarsi ad essere soli e non riuscire più a stabilire un dialogo con gli altri, limitandosi ai contatti strettamente necessari, che possono avvenire per lavoro, nei negozi, dal medico, e così via, restando sempre distaccati e limitandosi a poche, necessarie parole.
Può anche esserci un'eccessiva timidezza che blocca i tentativi di crearsi una compagnia, e in questi casi la sofferenza è tanta, ma tanta davvero...
La realtà è che in questo siamo tutti collegati e tutti isolati al tempo stesso: ognuno è in fondo solo con se stesso, nella gioia, nella malattia, nella sofferenza, nel momento di morire, sempre! Questo perché le sensazioni che una persona prova sono sempre soggettive, appartengono a lei e a nessun altro. Ogni singolo individuo deve vivere la propria vita, nessuno può vivere al nostro posto, per quanto possa amarci e starci vicino: siamo soli con noi stessi dal concepimento fino alla morte. Vero è che la compagnia di un amico sincero, la stretta della sua mano, il suo sorriso incoraggiante, possono fare miracoli nel sostenere una persona in un momento particolarmente difficile, e rendere la vita più gioiosa, per cui concludo con l'augurio a tutti coloro che in questo momento stanno soffrendo per la solitudine, di trovare qualcuno che rompa finalmente questo stato di tristezza e isolamento.
Ma cosa dire invece del secondo amore? Quasi mai il primo amore corrisponde all'amore "definitivo", quello con cui si convivrà tutta la vita e si formerà una famiglia. Purtroppo molti amori finiscono, indipendentemente se siano il primo, il secondo o uno ancora successivo, ma è pur vero che per un discreto numero di persone, il secondo amore, è la storia più lunga e importante della vita.
Il secondo amore, arrivando dopo l'esperienza del primo, viene vissuto in modo diverso: si è entusiasti ma cauti al tempo stesso, la trepidazione nell'iniziare la nuova storia, è mitigata dal ricordo del primo fallimento, della prima sofferenza data dalla fine della prima storia d'amore.
Il secondo amore lo si attende con ansia e paura al tempo stesso. Spesso quando una storia d'amore finisce, in un primo momento si sta talmente male che ci si ripromette di non innamorarsi mai più nella vita, per evitare una nuova delusione. Dopo un po' di tempo tuttavia, si comincia a sentirsi soli, insoddisfatti, incompleti. Osservando le coppie ci si sente a disagio, e si prova un umanissimo senso di invidia, anche se si fa di tutto per non farsene accorgere dagli altri, e spesso si continua a dire ad amici e conoscenti che si sta meglio da soli (tanto il naso non è come quello di Pinocchio, non si allunga!).
Poi all'improvviso...cosa succede? Un volto nuovo, uno sguardo, un sorriso ammaliante, il suono di una voce nuova che dice cose interessanti...
Come si permette questa persona appena conosciuta, di insinuarsi così impunemente nel cuore e nella testa? Chi mai sarà questo essere per riportare a galla quell'emozione tanto cercata e tanto temuta al tempo stesso, per diventare il primo pensiero del mattino, l'ultimo della sera e il soggetto di molti sogni notturni e fantasie? All'inizio si vorrebbe fuggire, si nega a se stessi quel sentimento già noto che si sta di nuovo formando dentro, quel batticuore così speciale! Ma lui è troppo potente e vince sempre: è il secondo amore!
Quando inizia il secondo amore, ci si sente pieni di speranza, e forti dell'esperienza già avuta, si pensa di essere più preparati, e ci si ripromette di evitare gli errori (se ce ne sono stati davvero) che hanno portato al termine della prima storia. Ci si ripromette di vivere il nuovo amore in modo speciale, come se ogni giorno fosse il primo, di non trascurare mai il proprio fidanzato/a, di essere attenti, premurosi, affettuosi e comprensivi sempre. Si fa giuramento di essere sempre sinceri e di affrontare qualsiasi problema possa presentarsi, insieme.
A volte il ricordo del primo amore fa capolino nella mente, e spesso questo pensiero fa uno strano effetto: ci si ricorda di quanto si era giovani e immaturi al tempo della prima storia! Si capisce allora che il fatto che sia finita è del tutto normale: era presto, non era la persona giusta, si era troppo idealisti e immaturi, si pretendeva troppo dall'altra persona, e via così, mille motivazioni valide o meno che tolgono il senso di colpa e la nostalgia, e fanno maggiormente apprezzare la nuova storia.
Non sempre è così, qualche volta il primo amore resta nel cuore come il più intenso che si sai mai vissuto, e si farebbe di tutto per ritornare insieme a quella persona, ma questa mia riflessione parla del secondo amore, non del primo.
Buon secondo amore quindi, a chi già lo ha e a chi ancora deve trovarlo, e a chi è molti amori più avanti...congratulazioni!
...ma chi dice che forse una specie come la nostra che devasta e sporca tutti i luoghi dove ha vissuto non sia veramente da estinguere. è brutto da pensare ma bisogna riflettere. quale animale, e noi questo siamo, fa quello che abbiamo fatto noi? e adesso per salvarci non guardiamo in faccia a nessuno per una sola cosa...non accettiamo che la morte è nella nostra natura. l'uomo muore, è solo questione di tempo. e pensando a una vita terrena lunga scordiamo una cosa piu importante, la qualità di questo breve passaggio che facciamo in questo pianeta. viviamo da morti. E se invece di cercare cure cercassimo le ragioni del male, lo stato ci vende alcool fumo, ci lascia bruciare petrolio e carbone. Da dove arriva il cancro il tumore e tutte le patologie che ci stanno uccidendo? Dalle nostre abitudini.
Questo per dirlo in senso poetico, ma si potrebbe anche dire che i ricordi sono come una malattia inguaribile, un virus che si è insediato nel nostro DNA.
A volte sono angeli custodi che ci sostengono nei momenti difficili, a volte sono demoni terrificanti che ci tormentano. I ricordi comprendono tutti i cinque sensi, perché sono fatti di immagini, odori, suoni, sensazioni sulla pelle, sapori. Ricordiamo parole soavi come una melodia o taglienti come spade, musiche che cullano o grida terrificanti, velluto che accarezza o spine avvelenate.
Il loro sapore può essere salato, dolce, acido o amaro. Possono essere come una luce che rischiara il camino, o al contrario come una luce accecante da cui ci si vorrebbe riparare.
Come vorremmo dimenticarne alcuni fatti di vergogna, insulti, rimpianti, rimorsi, spaventi, delusioni, pianti...
Cosa invece non daremmo per poter rivivere i ricordi più belli, fatti di volti amici, sorrisi, vittorie, soddisfazioni, serenità, gioia!
I ricordi sono incorporei ma la loro forza è incredibile, sembrano fragili ma sono invincibili, tanto che alcuni di loro restano in noi ben delineati anche se perdiamo la ragione. Anche un anziano malato di Alzheimer conserva alcuni ricordi ben chiari.
I ricordi sono le esperienze accumulate nel corso della vita, possono essere i nostri maestri ed insegnarci ad evitare di commettere gli errori del passato, consigliandoci il modo giusto (o presunto tale) di agire nelle varie situazioni che tutti i giorni si presentano. Ci rendono più saggi, o almeno così dovrebbe essere, ma se non li elaboriamo allora non ne trarremo niente di utile.
La dimora dei ricordi non è uno spazio finito, la nostra memoria non ha limiti, tuttavia dobbiamo mantenerli al loro posto per non rischiare che travolgano e limitino la nostra vita presente.
Quanta parte dei nostri pensieri quotidiani occupano i ricordi? A volte molta, a volte pochissima, dipende dalle giornate! Ma possono esserci momenti in cui un ricordo è talmente intenso che sembra di riviverlo davvero!
Quando raccontandoli, condividiamo i nostri ricordi con altre persone, stiamo condividendo un pezzo della nostra vita, lo stesso fanno gli altri quando ci raccontano i loro ricordi, in uno scambio che incuriosisce, stupisce e arricchisce (quando non annoia!).
Ora basta parlare dei ricordi, vi saluto e...vado a crearmi altri ricordi, impegnandomi perché la maggior parte di essi siano belli e degni di essere conservati!
Scatole dietro le grate dei supermercati
marciscono sotto il peso della pioggia,
si inzuppano, si mischiano al cemento.
Altre scatole scelte per riempirsi di accumuli di case vecchie,
pezzi da spostare altrove, cose dal “valore inestimabile”
e invece, si sarebbero dovute evitare certe cose, certe parole,
alcune scatole non sono vuoti da riempire,
contenitori in cui versare il proprio io quando si è pieni fino all’orlo.
Lo sentivo bene fin dal primo “spacchettamento”,
levato il primo strato di pellicola, placenta e cordone come scotch marrone d’imballaggio,
che il primo strappo è un buco, cicatrice, il primo segno della vita è una ferita.
Si dà tutto, ci si svuota e se si ha ancora un po’ di forma, se si riesce a stare in piedi
dopo tutto questo prendersi e pretendersi, pesanti e pieni di cose senza senso,
forse, ci si può chiudere e portare via lontano, da qualche altra parte,
da qualcuno che ci capirà qualcosa in più, che potrà darci un senso
o il giudizio finale forse, per quello che ci hanno e che ci siamo messi dentro.
Non resta che decidere se restare,
scatole marce dietro alle grate
o ancora buone ed esser riciclate.
I libri di Hesse sono un biprotagonismo. C'è un bigotto che resta a pregare nella cattedrale più bella del mondo e l'altro che va per i boschi scoscesi ubriacandosi di qualunque cosa. A volte respirando, a volte scambiando il fiato per il panico come in una partita a poker. Quello che andava per i boschi era libero ma povero in canna. L'altro, sicuramente ricco ma non si sa in che cosa, subordinato a quella stessa natura che era affascinata dall'altro.
Le dissi che così andavano questi mondi contorti. Usai il plurale per confortarla sulla possibilità che il plurale fosse un'alternativa in qualche misteriosa dimensione. Pensai, ubriaco, che il mio lobo frontale e il mio ippocampo si dovessero essere restrinti in virtù delle parole scordate nel precetto e nella primaria convinzione di queste parole. Ero stordito, sì, ma quel che vedevo non si poteva raccontare, se non tramite quello che Hermann aveva già detto: fronde sparse a disseminare lacrime di guazza, alture di ombre a proteggere l'invisibile di loro stesse; e ancora: licheni, che altro non sono che simbiosi, su alberi così tanto all'antica da aver anastomizzato le proprie radici. Le dissi che la sera era così leggera. Ma mentivo. Da sempre tutto era intorno: tutto era chimica per forza di cose, ma tutto era anche illusione per forza di pensieri. Lei non capì assolutamente niente di un discorso del genere, mi prese per matto.
È così che si conquistano le ragazze in una serata in piscina. Tuffandosi nel vuoto.
Hermann Hesse ci avrebbe fatto sopra una bella risata.