Ricordo ancora di ciò che disse il professore quel giorno, spiegando il funzionamento di una cellula vegetale. Si interruppe: "Vedete la complessità della vita?"- Il silenzio fu assordante. Riprese poi a spiegare, come niente fosse. Avevo ragione a non aver parole, solo che me ne sarei reso conto soltanto anni dopo. Un bicchiere vuoto, un posacenere strabordante ed una sigaretta elettronica ad alleviare i sensi di colpa. Se fosse un quadro, direi che qualcosa lo stia divorando a partire dalla cornice. Ho cercato il diavolo troppo a lungo prima di accorgermi che troppi peccatori, in questa macabra colletta, offrono un pezzo di sé per definire il tuo peccato. Dopotutto, va costruito il mostro prima di farlo fuori. Credo che la mia debolezza mi stia trascinando con tutta la sua forza in questo mulinello senza soluzione di continuità. Esso gira, gira; soltanto alla fine ti accorgi delle coazioni a ripetere. Alla fine sei tu il mostro che costruisci, ma sei troppo forte per distruggerti. Alla fine, ciò che decidi esula dalla morale se la vacuità diviene la meccanica dei desideri. E il magnetismo bilaterale non fa altro che suggerire che ogni forza, per quanto intensa, se immagine speculare di se stessa non fa altro che tenerti fermo. Se potessi dire di più, sarebbe una risposta assoluta. Ma, dato che essa non esiste, mi limiterò alla fine del topo, ossia figliare nel labirinto.
Commenti