Scatole dietro le grate dei supermercati
marciscono sotto il peso della pioggia,
si inzuppano, si mischiano al cemento.
Altre scatole scelte per riempirsi di accumuli di case vecchie,
pezzi da spostare altrove, cose dal “valore inestimabile”
e invece, si sarebbero dovute evitare certe cose, certe parole,
alcune scatole non sono vuoti da riempire,
contenitori in cui versare il proprio io quando si è pieni fino all’orlo.
Lo sentivo bene fin dal primo “spacchettamento”,
levato il primo strato di pellicola, placenta e cordone come scotch marrone d’imballaggio,
che il primo strappo è un buco, cicatrice, il primo segno della vita è una ferita.
Si dà tutto, ci si svuota e se si ha ancora un po’ di forma, se si riesce a stare in piedi
dopo tutto questo prendersi e pretendersi, pesanti e pieni di cose senza senso,
forse, ci si può chiudere e portare via lontano, da qualche altra parte,
da qualcuno che ci capirà qualcosa in più, che potrà darci un senso
o il giudizio finale forse, per quello che ci hanno e che ci siamo messi dentro.
Non resta che decidere se restare,
scatole marce dietro alle grate
o ancora buone ed esser riciclate.
Commenti
ormai ci siamo e ci resteremo, purtroppo.
complimenti per la poesia
Grazie #enio