Recensione Demetrio Amaddeo
“…Io sono Dio e voi non siete un cazzo/ non può essere diversamente/se parlo in silenzio/ se mi si accende un tramonto/ se vado e torno dall’inferno/ se pulso di passione in ogni angolo/ se piango guardando i suoi occhi/ se mi commuovo quando l’accarezzo/se muoio di baci e d’orgasmo”…Sono Dio perché mi giustizio da solo/ ogni giorno, ogni notte/davanti al sepolcro della mia anima/ e sempre risorgo/sul patibolo del mio Paradiso”. Sono parte dei versi della video poesia che Antonia Vono ha elaborato graficamente, perfetti per esprimere l’atteggiamento del poeta nei confronti dell’esistenza: uno sguardo senza pietà verso gli altri e verso se stesso. Perché in quel giustiziarsi quotidiano e nel risorgere dal patibolo del proprio Paradiso, quello che ha gli occhi dell’amore, c’è il senso dell’introspezione più profonda. Non solo lo sguardo senza pietà, ma anche la provocazione costante verso ogni forma di falsità, di compromesso, di accomodamento della realtà.
Atteggiamento ancora più evidente nel testo di “Un mondo senza palle”: “…E' un mondo di sotterfugi/egoismo, bugie/del “mi faccio i cazzi miei”./E' un mondo di poesie/false pacche sulle spalle/ipocrisie. E' un mondo che tutti parlano/e nessuno ascolta… Ed io mi ritrovo solo/in questo limbo/chiuso nel recinto/come un bimbo nella culla/me ne sto in disparte/come un extraterrestre/e cerco la sua voce/come una nenia/che mi lecca le ferite/cerco il suo seno/da accarezzare/cerco il suo amore/prima di morire”. Scritto con linguaggio diretto, duro, spietato, una requisitoria contro ogni ipocrisia, contro ogni forma di assuefazione al conformismo. L’unica soluzione contro il limbo della solitudine o la chiusura nel recinto dell’isolamento volontario, resta il seno di una donna da accarezzare, di un amore che curi o almeno addolcisca le ferite dell’anima. La sfida contro l’ipocrisia e la falsità è presente anche in “Non sono per tutti” dove Amaddeo scrive: “ Non sono per tutti/ anche se a volte anch’io mi sono venduto/ al mercato delle nostre illusioni/ ma non sono merce di scambio/ e non baratto il mio tempo/ con le vostre prigioni/… Non sono per tutti/ anche se a volte ho venduto le mie catene/ per volare e volare almeno un secondo/ oltre le barriere dell’ovvio/ della noia e del sapere/ farfugliando parole per non morire/ e poi sono tornato a incatenarmi”. Tornano le stesse argomentazioni della video poesia, agganciate all’orgoglio di chi sa di valere, ma rifiuta a priori di vendersi o di scendere a compromessi con un sistema editoriale vessatorio per poterlo dimostrare.
Le provocazioni tornano con “E oggi cosa scrivo” in cui il poeta si scaglia contro la banalità di tanti versi altrui “…Magari scrivo qualcosa per meravigliare/ qualcosa che potreste invidiare/ da farvi alzare dalla sedia e applaudire/ qualcosa che non m’appartiene/ e lo farò solo per sfoggiare/ il mio talento da poeta da strapazzo/ l’arguta visione di una pazzo/ che si serve della poesia/ per sviscerare sentimento/…Scriverò dell’orgasmo/ lo scrivere di un lampo/ per non morire di normalità/ e mi farò violentare/ fino a farmi eccitare/ dai miei stessi versi/ una sorte di autoerotismo/ oltre quel recinto/ che non ho il coraggio di varcare/. Perché è di altro che si deve occupare il poeta: descrivere la realtà, interrogarsi sui fini dell’esistenza, di scrivere d’amore in modo sincero, vero, carnale. Non cartoline illustrate, non frasi di circostanza, non vuote romanticherie, ma vita reale, errori e correzioni, sangue ed eros, sentimenti autentici. Come in Scrivere d’amore, dove il poeta esprime il suo pensiero sull’argomento: “ se non avete amore/non scrivete d’amore/…e quando scriverete d’amore/ non spiegate l’amore/ e non cercate parole/ per far capire cos’è l’amore/…Non scrivete d’amore/ se non avete amore/ saranno poesie/senza nessun fine/ nessun valore/ senza Amore”. Quell’amore che è l’unica ancora di salvezza per sfuggire al nulla, ma anche per elevarsi verso una diversa visione dell’esistenza, perché se l’amore diventa gratuito, se è senza compromessi, allora merita di essere perseguito. Come in “Il nulla e l’amore” : “ Tu dimmi:/ siamo anche noi coinvolti/ dall’inganno/ o ci salveremo volando alto/ al di là del cielo, dell’infinito/ e del volto di Dio/ che ci guarda/ ed io che pure non credo/ lo vedo annuire/ e piangere del segreto/ di un amore che nulla chiede”. Perché è nella gratuità del sentimento, nella capacità di sfuggire alle convenzioni, alle prigioni del quotidiano, che si può misurarne il valore e l’autenticità. Non solo l’amore per una donna, ma anche quello di una madre, forse il più disinteressato di tutti, perché scavato nella condivisione dello stesso sangue. E nella chiusa di “Questa mia vita” Demetrio dopo aver fatto l’inventario dei fallimenti di una vita, cita proprio l’amore materno, scrivendo: “Di questa vita ho sbagliato tutto/ il passo, il salto, il volo/il tragitto verso l’assoluto./In questa vita ho fallito/e adesso mi ritrovo nudo/a vagare per strada/con una valigia piena di inutili poesie/. Questa vita mi ha offeso/ mi ha scavato e denigrato/succhiandomi fino alla radice/il sangue, il bene/
l’amore che mia madre mi ha regalato.” La peggior offesa ricevuta dalla vita è l’aver perso il bene che l’amore materno ha saputo regalargli.
Le tematiche esistenziali abbinate all’amore tornano in altri due testi dell’autore. In Morirò da solo: “Morirò da solo/cercando il Dio del mio dolore/aspettando lei, in un albergo ad ore/
ingoiando la luna e rantolando amore/tra l'inizio e la fine di una nuova stagione/… Morirò da solo/ in compagnia delle mie mosche/come una larva cercando negli odori/quello che non esiste” e in “L’inferno che ho già sognato”: “Vorrei solo sparire/nascondermi, liquefarmi/ingoiarmi il cuore/che mi pulsa in gola/mordermi il cervello/percuotermi la carne/e impiccarmi l'anima/nell'albero più alto/di questo macello/…E non c'è luce/che può illuminare/la strada che mi porterà da lei/e il resto dei miei anni/saranno l'inferno che ho già sognato”. In entrambe le liriche non c’è alcun tipo di compiacenza e se l’amore è “l’inferno sognato”, allora lo spazio per la speranza è chiuso e il sogno è parente stretto degli incubi a occhi aperti. Lo stesso linguaggio poetico ha i colori dell’incubo: liquefarmi- ingoiarmi il cuore- percuotermi la carne- impiccarmi- in compagnia delle mosche- come una larva: immagini poetiche forti espresse con linguaggio scarno e volutamente brutale.
Il senso di estraneità rispetto alla realtà di questo scorcio di secolo risalta in “Straniero” dove il poeta parla di alienazione e scrive di sentirsi straniero pure a sé stesso: “…Sono straniero nella mia terra/ e in ogni parte del mondo/ sono figlio della luna e figlio del cielo/sono straniero in ogni posto/ e anche dentro di me”. Concetto ribadito anche in “Sono tornato” : “ …Sono tornato con tutta la zavorra/del mio ieri/ con il passo stanco di un illuso/ quando ha baciato Dio/ sino ad essere colluso/ con la pioggia e le maree/ di giorni senza buio e senza notti/… Sono tornato a riappropriami del mio nulla/ di un credo che non parla la mia lingua/ e qui ormai rimango come uno straniero/ senza cuore sangue anima/ uomo finto con viso d’argilla”. La metafora dello “ straniero” che qui ritorna è centrale nella poetica dell’Amaddeo. Per chiudere questa recensione ho scelto le riflessioni filosofiche su Dio, la cui presenza/assenza permea parecchi dei versi analizzati, compresi quelli della video poesia.: “ Forse Dio non è mai nato e non è mai morto/forse è la nostra illusione, un miracolo/ o la nostra maledizione/…Forse Dio sono io/ o il mio amore che mi sta ad aspettare/ forse è il nulla o la meravigliosa voglia di vivere/… Dio è il silenzio/ l’attimo che non ha pensiero”. In pochi versi sono ricombinate le tematiche principali della sua poetica, “ l’essere Dio”, se Dio non esiste, l’attesa dell’amore o l’amata che attende, il nulla e il miracolo della vita che, comunque, procede, a dispetto di tutto. E Dio che forse è il silenzio o l’attimo che ci consente di non pensare.
Francesco Burgio
Commenti
Traduzione : la classe non è acqua, salutami Reggio! Ciao!
Aurelio
Quindi è un lavoro possibile solo grazie all'autore per la gentile concessione e collaborazione e per la capacità poetica con cui condivide la sua interiorità.
Buona visione e buona lettura a chi vorrà condividere con noi, tutto l'entusiasmo che la poesia, abitualmente, ci regala.
Grazie anche a mio carissimo amico Aurelio Zucchi e Silvana, Sara e Franco che sono passati di qua...
Lo godiamo ancor di più , attraverso questo video , opera quadrimensional e efficacissima nella scelta appropriata delle immagini e della musica.........
Direi un piccolo grande capolavoro..... ............La mia lode!
Ho amato subito il suo modo diretto, rabbioso, profondo, incurante ma coerente a se stesso...
Una poesia bella da leggere ma sopratutto da sentire e che, in un modo o nell'altro, un pò ci rappresenta perchè l'espressione
umana, tanto spesso, è uguale per tutti ma non tutti sanno rappresentarsi...
I miei complimenti e la mia stima, sempre, al Poeta e un "ottimo lavoro" ai relatori Antonia e Francesco.
Ciao... ^.^
Dio? Dio sono io! (è la domanda che fecero, ed io l'esclamai ad un grande convegno dove cadde un silenzio tombale per la mia risposta...died i la spiegazione...e qui mi fermo).
Il "Voi" chi sono Demetrio?
Ho dovuto leggerla più volte per poter escludere la visione delle immagini che rapiscono, i miei complimenti per la scelta e il montaggio.
Ho dovuto anche eliminare la base musicale che mi confondeva, ma questo è una mia difficoltà, e leggerla a voce alta e questo mi piace molto. Non tanto per comprenderla ma per entrare nei tuoi panni, per sentire il tuo "io" mentre la scrivevi. Che presunzione eh!
E' come un dipinto che mi attrae, a prima vista non ha nulla di particolarmente interessante ed è proprio lì davanti che mi siedo e cerco di sentire in ogni pennellata l'emotività e la passione dell'artista in quei precisi momenti.
Sorrido...in queste poche righe che ho scritto c'è ciò che penso.
Ciao Demetrio