C'era una strada,
lastricata di silenzi,
dove i muri stringevano segreti nell’edera
e i bidoni colmi di avanzi puzzavano di abbandono.
Dalla finestra sbrecciata di un ospizio,
una donna gridava nel vuoto,
con il viso scavato dal tempo.
"Non è qui che voglio restare!"
Le sue parole si arrampicavano nella nebbia,
fragili e disperate come mani insicure,
e cadevano indietro,
inascoltate, come foglie d'inverno.
La nebbia non rispondeva,
avvolgeva la scena come una coperta di indifferenza.
I muri, vecchi testimoni, tacevano.
L'edera si muoveva appena,
mentre il vento accarezzava il suo corpo freddo.
Era stata una sarta, o forse una madre –
nessuno lo ricordava più, nemmeno lei.
Ma si teneva ai lembi del passato
come un uomo al bordo di un precipizio.
"Lasciatemi andare," ripeteva,
con le mani strette al davanzale
come a un’idea impossibile.
Io camminavo,
non come un uomo, ma come un'ombra,
un riflesso su questa strada di nebbia,
portando sulle spalle il peso delle sue parole.
Ogni passo mi sembrava il suono di una campana lontana,
ogni respiro la stonatura
di un'altra vita finita troppo tardi.
Mentre il giorno moriva,
rimaneva solo la sua voce,
come un fantasma che accusa,
che prega,
che ricorda:
"Lasciatemi andare,
prima che il tempo mi sputi come una gomma
e mi appiccichi sotto al banco degli imputati".
lastricata di silenzi,
dove i muri stringevano segreti nell’edera
e i bidoni colmi di avanzi puzzavano di abbandono.
Dalla finestra sbrecciata di un ospizio,
una donna gridava nel vuoto,
con il viso scavato dal tempo.
"Non è qui che voglio restare!"
Le sue parole si arrampicavano nella nebbia,
fragili e disperate come mani insicure,
e cadevano indietro,
inascoltate, come foglie d'inverno.
La nebbia non rispondeva,
avvolgeva la scena come una coperta di indifferenza.
I muri, vecchi testimoni, tacevano.
L'edera si muoveva appena,
mentre il vento accarezzava il suo corpo freddo.
Era stata una sarta, o forse una madre –
nessuno lo ricordava più, nemmeno lei.
Ma si teneva ai lembi del passato
come un uomo al bordo di un precipizio.
"Lasciatemi andare," ripeteva,
con le mani strette al davanzale
come a un’idea impossibile.
Io camminavo,
non come un uomo, ma come un'ombra,
un riflesso su questa strada di nebbia,
portando sulle spalle il peso delle sue parole.
Ogni passo mi sembrava il suono di una campana lontana,
ogni respiro la stonatura
di un'altra vita finita troppo tardi.
Mentre il giorno moriva,
rimaneva solo la sua voce,
come un fantasma che accusa,
che prega,
che ricorda:
"Lasciatemi andare,
prima che il tempo mi sputi come una gomma
e mi appiccichi sotto al banco degli imputati".