Come un bambino
non vedo che un nero tunnel
senza uscita
Come ha detto quel tale
ho percorso tutte le strade
anche dell'eccesso, si,
ma io non so cosa sia la saggezza.
Ho visto e conosciuto solo KAOS...
Ho avuto amicizia amore
odio e libertà
ma non mi è rimasto niente,
se non questi insulsi racconti
che parlano di amori disperati
compagni di sbronze
sigarette senza filtro e nero caffè
In un autogrill all'alba,
dopo l'ennesima notte selvaggia.
Ho tentato tutte le vie
per arrivare a qualcosa
che non riesco a trovare
non so andrebbe bene
anche la rassegnazione
così tanto per tirare avanti,
per far finta di essere normali,
che poi è quello che fanno tutti quanti
più o meno convinti, anche se vinti
dalla vita, dai loro guai ,
fanno figli, lavorano,
invecchiano e poi schiattano
senza troppe paranoie senza troppi perchè.
Si sciolgono le maschere di cera
e rimane solo una realtà fatta di poco o niente
forse solo un sogno dentro a quello specchio
dove le finzioni cadono e ti vedi, finalmente , per quel che sei
probabilmente hai solo recitato una vita che ,
in buona parte non c'è mai stata , forse neanche c'è
e solo ora in punta di morte capisci
di esserci passato solo in mezzo casualmente
impegnato a recitare un copione scritto da altri,
come fosse una scommessa il gioco delle parti
dove non sei stato mai protagonista ma solo una piccola comparsa
Questa perenne
sensazione di inappagamento
incompiutezza, vuoto esistenziale.
mi fa sentire una carta fuori dal mazzo.
Non ho niente da dire ad un figlio.
Non ho amore da dare ad una donna.
Non ho ricette esistenziali per gli amici.
Ne accendo una e guardo il mare,
è tanto grande questo oceano blu
chissà forse ci sarà posto
anche per quelli come me,
noi senza tetto né legge
noi che non apparteniamo a nessun gregge..
Nell silenzio cupo della notte,
sulle note d'un fiato sfumato
occhi di grillo osservano.
Sulla strada mezza nuda
carica di peccati,
attorno a un fuoco
attende la miseria
col conforto di pochi spiccioli
per soddisfare altrui voglie.
Mentre una bocca da sfamare
attende il ritorno a casa.
Forse non sa o non vuole sapere
perché la mamma il giorno dorme
e la notte lo lascia solo a piangere
con la paura del buio.
Domani avrà un giocattolo nuovo
e un paio di scarpe per andare a scuola,
Con un sorriso bagnato di pianto
il bimbo s'addormenta.
Quella donna dal cappotto rosso…
con i suoi occhi color cielo… e
i capelli come deserti al tramonto.
Quella donna…
detentrice della vita,
dove il mare ha conservato i suoi colori.
Al suo passaggio…
riempie gli occhi ai passanti,
mentre le donne…
all'ombra dei balconi
con occhi scuri…
non osano guardare,
per una comparazione inequivocabile.
Qualcuno mi chiede… altri esclamano…
chi è quella donna?
Io sorrido… e rispondo… che non so chi sia.
Capelli dorati si espandono
Avvolgono montagne e villaggi
Il suo sorriso diventa faro bianco
Per i viandanti persi.
Brilla Chiara come una stella la notte
Più raggiante del sole il mattino
Sembra sia mezzogiorno con lei.
Chiara all'alba modella le aurore
In magnifici dipinti per il cielo
E con un soffio suo la luna
Fa spazio al sole addormentato
Che si specchia sul lago.
Ma la mattina i suoi capelli si spengono
Il suo sorriso si chiude tra le labbra
Le sue mani avvinghiate in tasca
Ed il soffio per scaldarsi le mani.
Si dovrà aspettare la sera.
L'oprar della tua smania
parvemi insana gelosia
in vestigia ossequiose
d'un vile malandrino.
Nel tuo vociar mellifluo
dal sentor vischioso
apria baratro insidioso
d''immondo tuo peccar.
Insozzasti l'arte
con mera ipocrisia
di facezie ardite
ti forgiasti spia.
Vade retro
banale costruttore
maligno imprenditore
d'un regno senza trono.
Non sfiorarmi ombra,
cadrei a pezzi.
Credo avrei conferma
della mia inconsistenza!
Mi riconoscerei definitivamente
per il fantasma che sono.
Perché già ora
che mi passi accanto furtiva
mi sembri me.
Eppure mi intimorisci.
Il gemello cattivo nello specchio,
o solo la parte assente che torna.
Comunque qui fa freddo,
e c'è uno strano vento
che muove il buio
Dimmi che non mi toccherai.
Mi riconoscerei definitivamente
per il fantasma che sono.
sguardo cupo, viso smunto
passeggiava nel cortile
poco prima d'albeggiare.
Io che non dormivo
stavo dietro alle persiane
in un silenzio settembrino.
"Com'è buia la mia casa"
mi ricordo che pensavo
proprio mentre alzava gli occhi.
Gli sorrisi e lui a me.
"Vorrei fuggire da questo cielo"
lo dicevo alla sua mente
che glaciale rispondeva
"Non m'importa delle ossa
io di te conservo l'ombra".
C'era che era sera
e la luna si vedeva appena.
C'era il mare che sciabordava lento
e nessun passante a disturbare
il suo mesto gorgogliare.
Tutta la folla ad andare via
e l’ultimo bar a spegnere le insegne,
ché scolato l'ultimo bicchiere,
non c'era più nient'altro da bere.
Pure la spiaggia bianca
si vedeva appena,
schiarita dal lume del pescatore
su una barca senza vela.
E poi ci fu una scena,
come un film o come un sogno di prima sera,
che ad aver avuto la cinepresa
l'avrei fermata in quella posa.
Tra il silenzio dell'imbrunire
e il profumo del gelso in fiore,
quattro erano le suore,
con il velo e i piedi nudi,
sull'arenile a passeggiare.
Nere le vesti e bianche le gambe,
era la loro primavera.
Sfuggite da sguardi inopportuni,
erano lì non per pregare -
Con la spiaggia e le onde del mare,
come fosse la prima volta,
ci facevano all'amore.
Scoperte le ginocchia, fresche le acque e gaie le risa,
c'era la luna che non guardava
e c'era una sola stella che riluceva,
in quell'angolo di cielo,
che un'immacolata innocenza contemplava,
mentre un atto d’amore si consumava.
Quando quel pomeriggio
di dicembre entrai nel tuo negozio
fui tanto stupido da non cogliere
che quei fiori erano il primo indizio.
Non erano coperti di rugiada: anche
i fiori piangono, anche se in silenzio.
A cagionare un sorriso è quasi sempre
un altro sorriso, e da quel tuo primo
sorriso ci siamo visti tante volte e tante
son state le chiacchierate a tirar mattino.
Come quando ti raccontai che la banca
mi rifiutò un prestito con lettera siglata
dal direttore, nientemeno che tuo marito.
La sola cosa che non amo di te
questa sera di freddo particolarmente
intenso è la fede che porti al dito.
Stasera lo hai lasciato sulla poltrona col
giornale sulla pagina della borsa, intento
a controllare l’andamento delle azioni.
Con la mano nella borsa sulla foto di tuo
figlio, ora che tra noi l’attrazione è forte
e potremmo pentirci delle nostre azioni,
sarà meglio che rincasi con la pioggia che
consente di camminare a testa alta con il
viso velato di lacrime; per me una buona
dormita, ponte tra l’afflizione e la speranza.
Non piangere mai per un uomo anima mia, ti
si sbava il trucco; il mascara che tanto ti dona
vale più di questo stupido maschio…
Tornerò dallo specchio senza cornice, l’unico
amico che quando piango nel mio abbaino
non ride mai: lasciami sull’uscio insieme ai
tacchi; asciuga gli occhi, sorridigli se è sveglio.
E sdraiati nel letto insieme al tuo bambino.

Sinistro e beffardo
il fruscio del vento
che sbatte sui rami scheletrici.
Filtra tremante la luce lunare
attraverso il fogliame annerito
dalle tenebre oscure.
Un incubo reale,
da cui nessuno mi può salvare;
prigioniero nel bosco infernale,
stordito dal silenzio spettrale.
Non posso svegliarmi,
non riesco a voltarmi...
Nel baglior d’un fulmine improvviso
scorgo la sagoma del Conte Vlad
mentre avanza la sua ferocia alle mie spalle.
Implora la mia anima
in un macabro balletto di luna piena,
malefico è il brivido che mi pervade
nel battito del cuore che mi percuote.

Nessun raggio di luce
nell’ombra malefica di luna piena.
Vampiro errante nel cuor della notte
che in bianco e nero
avanza tra le tenebre oscure
in cerca di sanguinose avventure...
È qui, lo sento,
planando sul suolo sempre in agguato,
pallido e assetato.
Sento l’odor pungente della cripta,
l’odore di vendetta, del terrore,
l’umido e il buio della nicchia.
Il suo morso anestetico dai canini scintillanti,
l’abbraccio freddo e paralizzante...
Mi terrorizza la sua presenza,
avverto la sua malefica essenza
eppur non riesco a vederlo...
Immobile nel terrore,
vedo la mia sorte
ad un passo dalla morte;
sento le sue unghie viola carezzarmi il collo,
mentre mi avvolge nel suo scuro mantello.
Sensazioni soffuse e spiritate
nella gelida ebbrezza del suo tedro respiro,
col suo sguardo magnetico
seducente e ingannevole
mi sussurra:
"Non temer dell’inferno,
col mio morso vivrai in eterno".
ascoltando l’amato in clessidra di pianto,
risalire nell’occhio e buttarsi nel vento.
L’immenso Castagno dei Cento Cavalli
superò e vide avanti qual nuvola rena
sospesa nei caldi tramonti del Passo
diseguagliare nei venti il boato dei sorsi
che dal Mongibello suo apice perso
parlava al vapore di un sogno inumano e complesso.
La fila degli uomini incurvata sul Bove,
tra Musarra e Capra e le invitte Dagale,
se ne andò verso il Salto della Giumenta,
che tremante riposa come sanguine nuova.
Encelado all’istmo di lava accecava i passanti
e intorno al suo collo nel filo del perfido Crono
imbucava le teste come fossero palle di Urano...
…No Dante ti prego non lo faccio più te lo giuro Ahhh!!!
Mio fratello mi guardò come una macchina che non parte più
mentre mi stropicciavo gli occhi e risalivo lentamente sullo schienale del divano.
Prima che aprisse bocca per prendermi in giro gli spiegai: -Incubo fù-
Il Gran Premio e la digestione erano finiti,e per fortuna le nerbate di Dante Alighieri pure.
avvelenato da chissà quale mano infame;
a stento sembrava continuar,
con la sua tinta giallognola e stelo debole,
quasi da far parere che aspettasse
solo la fredda stagione.
Ma quella corolla con il color morente,
mi rimembrava la mia dolce figlia malata
dal carnato simile,
ormai addormentata.
Così decisi di sanare
l' suo dolore invece di coglierlo,
così da farlo essere anche per gli altri freddi,
e sentir lei più vicina
e più lontano l'Padre Solitudo.