Sono mosaici d'olivastri monchi
e l'ombra della tua voce
lungo i fili dissestati di un computer
che galleggia su un letto
che immagino barca

I miei occhi intristiti dal biancospino,
dal borbottare consueto dei primi
di un susino che quest'anno
non si sente ammirato

Tutto questo lo avremmo visto insieme
con la strada deserta
ed un silenzio fino a comprendere le cornacchie
A decimare gli ultimi cumulonembi

E invece la primavera non verrà mai, stavolta.
Verrà l'estate.
Ci sarà un anello mancante
nell'evoluzione del provare qualcosa:
ci ritroveremo ridendo
senza che la storia ci spieghi il perché.

E mi raccontano di ragni variopinti,
del mimetismo batesiano
del C. varius che in un attimo sparisce dagli steli
ma ogni quarantena è un frammento di futura amnesia.

Dove sei, allora? Fin dove si deve allungare un dito
per stuzzicare una chitarra 
affinché suoni minimamente la fine?

Servirebbero nubi tremende
per ritagliare uno stralcio di luce sul muretto
che ti assomigli nei contorni.
Purtroppo per me è un giorno di luce.
È un giorno di marzo, quindi informe.
È purtroppo un giorno di primavera.
Ecco perché non ci sei.
Profilo Autore: Nicola Matteucci  

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