Vista da lontano, dal treno, quando ci arrivavamo prima di Pasqua, Combray era, in un cerchio di dieci leghe, soltanto una chiesa che riassumeva la città, la rappresentava, parlava di lei e per lei ai lontani orizzonti e poi, quando ci si avvicinava, teneva stretti intorno al suo alto manto scuro, in aperta campagna, contro vento, come una pastora le sue pecore, i dorsi grigi e lanosi delle case raccolte, contornate a tratti da un resto di bastioni medievali con un disegno così perfettamente circolare da far venire in mente certe piccole città nei quadri dei primitivi. Ad abitarla Combray era un po’ triste…
Marcel Proust, da "Alla ricerca del tempo perduto" (Combray)
Sembra vicina la Vivonne
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brava
elisa