donatore del fuoco
Prometeo d'Atene
incatenato alla rupe del Caucaso,
mieteva pensieri, parole
e cieche speranze
per alleviare il dolore degli uomini
accecati dal volere degli Dei.
Lui, fiero e testardo
resiste impertubabile al supplizio
di un aquila maledetta
mandatagli da Zeus,
che batte le ali
in direzione del "Ribelle"
assetata dal sangue
del suo fegato,
per pura vendetta
di non aver saputo mentire
al cuore
e accettare l'ignoranza.
né per tutti è uguale
se non il diritto
ad essere speciale
con quel giusto disincanto,
ma più forte e vaccinato
dal dolor del pregiudizio
che è impossibile cambiare
sia nel bene che nel male
e che quindi è bene stare
nella propria convinzione
d'esser veri e sempre uguali
e nel dubbio mai cadere
lo sappiamo, è un po' burlona
e quel dono mio pregato
presto è stato soddisfatto
e al rintocco di campane
son rinato... tostapane.
Pe sconfigge’ ‘sta iella dilagante
che da quanno so’ nato me vie’ appresso
me so’ detto: annamo, nun fa’ er fesso
va’ a consurta’ ‘na brava chiromante.
Così ciannai. Lei stava ar terzo piano
e cominciò cor leggeme la mano.
*
Come la vidde cambiò de colore
diventò rossa quasi paonazza
me disse: vedo un fiore de regazza
che aspetta te sortanto pe’ l’amore
e questa qua è la linea de l’affetti.
Adesso, sempre se me lo permetti
*
a ‘st’artra linea vojo da’ ‘n occhiata
quella de la fortuna. E in un momento
-chisà se me volesse fa’ contento
ne la speranza poi d’esse’ pagata-
la lesse e disse: ‘mbè, pòi sta’ beato
perché te vedo proprio fortunato.
*
Che vò da di? Pe’ nun resta’ deluso
je pagai tutto, comprese le tasse
poi perché la fortuna nun scappasse
scesi le scale ma cor pugno chiuso.
Questo è successo che ormai so’ du’ anni…
Ma, la fortuna ‘mbè, che dio me scanni
*
Se l’ho mai vista ma, comunque sia…
ieri sera ar bare da Romano
me so’ deciso a ‘n tratto a opri’ la mano
e la fortuna se n’è annata via
poiché pe poco nun me la fò sotto
ho fatto ‘n cinque ar super enalotto.
*
De ‘sti ladroni se po’ avecce fede?
du’ anni co’ la mano sempre chiusa.
Mbè quanno uno è imbecille nun c’è scusa
po’ anna’ a ammoriammazzato chi ce crede!
Oggi so’ annato subbito a riscòte’
e domani in vacanza a Lanzarote.
Er pappagallo sta sopra er mazzolo.
Co’ quela voce tutta sgangherata
ogni tanto me fa la serenata
come si me volesse fa’ ‘n assolo.
*
Oggi, cor canto suo straordinario
ha cominciato cor suo tira e molla.
Ieri magnò er pennello de la colla
e l’ho portato dar veterinario
*
perché je se gonfiò tutta la panza
e j’hanno fatto la lavanda gastrica.
La cura è stata veramente drastica
e ce ‘n ha avuto che je basta e avanza.
*
Mo io so’ incinta. E ner passaje accanto
vedennome co’ ‘sto rigonfiamento
gracchiannome co’ tutto er sentimento
m’ha detto: -me dispiace proprio tanto.
*
Vabbene io, che so’ pure vecchio
e poco me funziona ‘sto cervello.
Ma pure tu te vai a magna’ er pennello?
T’è piaciuto? Pijetela inder secchio.
***
ei porta
un cappellino grazioso
per far che passi
un pochino vezzoso
e nel dar lezione
ogni sei dì canta
la stessa canzone
Tanto gli spiaccia
nel guardar poco
ma potria star meglio
in altro loco
Oh, mio Dio
mi sovvien un pensierino
non vorria
che pian pianino
alla mia porta
il diavolo lo porta!!
Diavolo
... pussa - pussa via
La mia Italia...
con quegli uomini dai vestiti scuri,
dalle bianche camice,
accostate a cravatte che rispecchiano le loro origini.
La mia Italia,
come un calzino di Natale,
colma di doni...
per quegli uomini dalle mani grandi…
gente di borgo,
gente da poco…
gente…
Non si deve indossare una camicia bianca
se tutto il resto è sporco.
dalla quinta Mangiafuoco urla
contro gli spettatori.
«Pagate il biglietto o vi mangerò a fine spettacolo»
Lauta cena per gli attori
a ognuno toccherà un gentleman seduto in prima fila.
Frattaglie a mo’ di spiedini
nel barbecue allestito nel retroscena
«In morte della vita»
«Sono Dermidion carne degli inferi e amico di Mangiafuoco
chiederemo a testa una testa, per prenotarsi al botteghino mettersi in fila»
Fila di uomini paganti e pagani, la maschera fornisce singolarmente un coltello.
Non importa il sesso o la provenienza o il colore, basta infilzarsi il cuore,
colui che lo farà nel giusto e nel modo giusto avrà l’onore d’essere divorato per primo,
a seguire la massa in silenziosa attesa.
Tuona Dermidion dalle scene
«Che ogni testa sia segata a metà del cranio, che si frulli la materia grigia con il frullino a immersione dopo aver levato il coperchio dei pensieri.
Sia servito il ghiaccio tritato e si mischi con l’intelligenza e… servite il cranio con cucchiaio d’argento avendo cura di riporre la mezza testa come coperta dell’anima che altrimenti evaporerebbe per il troppo dannato fuoco.
Si conceda il privilegio di vedersi mangiare al mangiato, possibilmente in seguito gustando gli occhi del prescelto in salsa capricciosa e con mousse di melone alla panna.
Sia servito lo stomaco sfilato e condito con sugo d’ostriche e paprika, avendo cura di apparecchiare a crudo il duodeno con fiele estratto dalle menti umane.
Poi tagliate a fettine cosce e glutei e ogni singolo pezzo sia frollato a dovere che nessuna pietanza
è mai abbastanza per le genti degli inferi, non tralasciate il “sesso”, quello è il più gustoso di tutti.
Sia...»
Una campanellina da il via alla pro cessione di sé…
Fila d’uomini piangenti ripensano all’entusiasmo della morte, diniegano il piacere e annegano il passato delirio chiedendosi il perché dell’imbecillità comprovata, ora vorrebbero non immolarsi al dio pagano dell’ipogeo… Troppo tardi Dermidion deve imbandire la grande tavolata allestita sul palco e poi, poi cos’è la morte per uno spettatore non pagante, poco appagato e illusionista di se stesso?
«Oh morte accogli l’uomo che guarda il teatro dei burattini e ora che egli s’immola al tuo altare pagano, anche se riluttante vomita già il sangue raggrumato.
Sì, morte dona la pace ai puri che privi di purezza sedevano sulle sedie senza pagare, sei forse tu
oh amata morte, pura e bella?
Dona allora a questi corpi succulenti la grazia dell’inferno che poi cos’è altro la vita se non un bruciare continuo?»
Va in scena il banchetto dell’ultimo atto e Mangiafuoco, buono e mite in fondo al cuore, piange
e mangia l’ultimo spettatore e brinda con Dermidion e… alla fine del lauto convivio l’inchino
dovuto alla sala…
Vuota oramai, come le anime di chi le viveva.
Suona un putto vestito di fiamme e squillano le trombe del peccato e scende il sipario sul teatro,
il Teatro della vita.
Applausi arrivano da fuori il teatro
da quelli che la vita…
Hanno avuto il privilegio di non averla vissuta.
E’ nata una stella…
-dicono i tonti-
ma è piccola,
già vecchiarella,
brutta non saltella,
fatica fa a parlare
perché
non sa brillare.
Dio,
tanto buono,
l’ha creata
con un tuono,
sventurata
non percepisce
il suono.
naviga
nel buio fitto,
balbetta
come un uomo
sdentato,
quello col naso
col gocciolo,
povero vecchio
atroce illusione
d’esser capito
da chi come lui
è ‘gnorante,
ratto in ogni senso
a pigliare saette
dove brilla
per niente
l’essere suo,
tonto efficace
a non darsi pace
se essere nulla
o zero di niente.
Un tuffo al cuore
Di budello
troppo chiuso dai lai
appesi alle pareti bianche
con mani imploranti
o aperto dalle correnti
verso il nero traguardo
dove l'occhio sfida
il vitreo paesaggio
per concepire un frutto
immaturo e ocra
o libero al fine
per un soddisfatto atto,
sempre commovente
lascia membra rilassate,
una gioia profonda
con lacrime forzate
ad attendere
che la notte riallacci
il sonno e le braccia conserte
nell'urlo delle viscere
mai sazie indolenzite
a ripromettersi d'usare ancora
lo spazio che rintrona a botti
tra forti ingiurie
nell'indistinto silenzio della notte.
Mi rivolgo a te che sai
navigar cercando fantasie
non venire a stuprar le mie
senza esser invitato.
Coltivo passioni
ove sbocciano armonie
con certezza ho appurato
la tua carente vena
nell'esser fecondo.
A sopperir tal guisa
giri sempre in tondo
a raccattar d'altrui rigo.
Nutro soltanto pena
per te che sfogli il mio quaderno
con sollecita lena.
Non vorrai il tuo giogo
far durar in eterno,
la manina mettila a riposo
ci sono mille spine
nel mio piccolo giardino
nonostante cerchi d'estirparle
sviluppano rigogliose
nell'angolo delle more
proprio laddove
non crescono mai rose.
Riattivando il cervello,
qualche neurone risveglierai a ritroso
potrai riscrivere di questo e quello
che ti pare ma...
sarà frutto del tuo arrovello.
Sapessi quanto è bello
aver cura del proprio orticello
senza altrui calpestio
innaffiato solo ...
Dal proprio rio.
che te farai vedè 'na tua pienezza
come si 'a cosa nun abbia assai importanza
oppure se trattasse de monnezza.
Ma chiodo scaccia chiodo, si ce l'hai,
pensiero più o pensiero meno
'na mi testa affollata da li guai
poteva esse 'n pensiero ameno.
Nun ciò sapevo da devastazione
chi me potevi, ignara, causà,
che, de lancette, ad ogni evoluzione
er tempo sono lì a controllà
Ma st'orologio ormai se sta a scassà
si nun fai 'nfretta a mettete 'n paro
so bene come finirà.
'nce trovi me ma… l'orologiaro !