Ecco come sogna un bambino:
col pongo.
Vengono fuori case di merda,
grotte di merda,
tane di merda. Blue e arancioni.
Lì non ci noterà la società cattiva.
Un pezzo poi ci sta di mangiarlo:
salato di un Mar Nero senza cadaveri.
Ma qualcosa si ingoia, si ingoia.
Quello con la camicia a quadri ha l'alitosi:
mio!
Cucina di plastica,
maestra di plastica,
futuro di plastica.
Ma il punto è il pongo:
è qualunque cosa
perché può essere qualunque cosa.
Quel pongo che sa di merda
nei primi passi della coscienza.
Ha il camice rosa,
oggi è cattiva.
Leggenda: il padre suicida
in un muro murato a Prato.
Mensa: si lanciano quella cosa appiccicosa,
f*****gio, odore che fa rivalutare
la parola "odore".
Polvere e pinoli: il ragazzo straniero,
in infradito,
straccia tutti a calcio.
Buttò via la merenda, loro sono belli.
Prendessi una canna di bambù dalla rete!
Mamma mi guarda dalla finestra,
straziata.
Lavora lì.
Sono quello debole che coverà rancore.
Il richiamo:
ricreazione finita, giochi forzati.
Il punto è il pongo:
una casa isolata in Norvegia,
ma cos'è la Norvegia?
Al sicuro. Se lo riprenderanno
ma ne ho mangiato un pezzo.
Arriva coi jeans e gli occhiali,
l'Angelo.
Nel corridoio in cui mi hanno pisciato in bocca.
Mi porta via, casa è l'Aldilà.
I pantaloni cadono lungo la strada.
Le prime linee delle seconde
ritratte per paura.
Hanno vinto:
i dadi nelle macerie.
Ora la merenda e Pikachu