Disse il sasso alla lattina:
"Ma che bei colori, sei così carina!"
Rispose la lattina al sasso:
"Invece io ti scanso: troppo grigio e grosso!"
Ma incalzò il sasso:
"Forse non saremo così uguali,
ma entrambi siamo senz'arti,
tantomeno abbiam le ali"
"Così, sasso, pensi che non valga niente"
"Certo, lattina, ma non con quella lingua tagliente"
"Io son metallo lucente, ma rotto e piegato"
"Ed io vari minerali, non uno puro e levigato"
"Io d'un bimbo calmai l'arsura"
"Io ho sorretto rane, ma non sa il mio nome la natura"
"Io fui gettata su questa strada;
si sono arrabbiati in tanti,
forse qui o dovunque sono addirittura sbagliata"
"Ti andrebbe di viaggiar con me, lattina?"
"E come facciamo, sasso, se per fare un passo
è come andare in Cina?"
"Ebbene, qualcuno ci scalcerà per il sentiero"
"Qualcuno un po' distratto? Magari, lo spero!"
"Intanto, mi accontento dei tuoi colori,
che sono quelli del Mondo!"
"E se ci tirassero nello stagno?
Io andrei a galla, tu a fondo!"
"Non c'è pericolo, piccola lattina!
Non lo fanno più i ragazzi, non è come prima!"
"E se ti sparasse un pistolero, magari facendo centro?"
"Poco male, ormai son vuota dentro!"
"Ma allora cosa ci resta se non ci si può toccare?
Un parlare senza mai incontrarsi?
Anche nella noia delle cicale?"
"Non lo so, lattina, se bastino le parole per toccarsi.
Come il tramonto, vedendo da lontano la mattina,
finisca per somigliarle e innamorarsi".
"Va bene, sasso, allora te lo prometto:
ci serve solo un calcio;
io son qui che ti aspetto!"