Qui sento sempre suonar

campane a morto.

I toni non sono mai gioiosi,

i cuori dei giovani son mesti;

la gente sorride spesso a forza,

celando ciò che sente veramente.

Paese mio,

qui il passaggio é rapido,

sperare é vano ed anche poco saggio.

Tanti del tutto un po' non hanno,

così a malincuore se ne vanno;

un po' del tutto ad ognuno toccherebbe,

magari sol perché qui nacque e crebbe.

Qui i leoni fan la loro parte,

tenendo i più deboli in disparte.

Paese mio,

ma chi sono i leoni,così forti,

e i deboli dai cervelli corti?

Come colui che sa che dire nuoce,

mesto mi rispose a bassa voce:

"I primi son politicanti e mafiosi,

nonché furbi clericali verniciati,

che insieme han gli ordini corrosi,

i secondi sono onesti cittadini,

che vengono dai primi raggirati

con false promesse ed occhiolini".

Inchinatevi,o falsi re,ai vostri servi,

implorate,pentiti,il lor perdono,

ridate tutto quanto a lor sottratto,

perché possano lenire i loro stenti

e rendere lieti i lor pensieri foschi.

Un uomo muore,perché così vuol l'altro,

credendosi più uomo,perché scaltro.

Un uomo piange e se non ha speranza

sarà assoldato dalla delinquenza,

arrecando così un grave danno

anche a chi siede nello scanno.

Paese mio,

di nero parata vedo la tua piazza,

camera ardente,

in cui s'attende il morto,

circondata da vecchi ceri spenti,

perché le giovani candele

sono ai venti.
 

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Profilo Autore: Gino Ragusa Di Romano  

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Le ombre della sera
la luce ingoiano del giorno

e dei suoi spazi, con le sue ore,
il silenzio si appropria.
E il muro del silenzio il mare infrange
e in urla di dolore 
esplode
e in lacrime di sangue per vite violate 
che, spente, fluttuano, inermi, nel suo ventre
marchiato da crudo terrore
che ne contamina il colore
e di nero lo tinge.
L'orrore 
ghiaccia le membra, impotenti,
la mente inquina.
Nelle iridi velate
di sogni in fumo 
immagini spietate
di crudele efferatezza
in cammini senza meta.
Finestre spalancate
nel vuoto degli abissi.
Approdi perduti!
Orizzonti svaniti!
Presenze serrate
in gabbie di terrore
di cui è scomodo parlare
e,
Assenze.
Indignazione che stride
e vuole urlare
di libertà negate
e speranze tradite.
Dolore, solo dolore,
cupo, profondo, soffocato.


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Profilo Autore: Giovanna Vecchio  

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A l
   N ormale
     A gire
       R itorna
         C hi
           H a
             I nspiegabilmente
              A gito
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Profilo Autore: Valerio Foglia*   Sostenitore del Club Poetico dal 28-02-2024

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- per dedicarti un solo minuto, bisogna aver vissuto

   molta vita: con te l'approccio non è incontro:

  sei miserabile dentro e fuori non hai nessuna forma

  realizzata:

                                                       è voglia di sangue,

  il suono che ripete il tuo comportamento, quando

  batte la campana grossa:

                                                   la carnage è in corso:

  ti sei impossessata, troppo presto, della coscienza

  di perire: non hai lasciato il tempo di stendersi,

  sul letto, di aspettarti nell'intimità dell'ultimo

  momento:

 

  sei rapida, veloce, nel tuo gioco estremo:

 

 

 

 

- non sono come sono, sono come mi vuole il mondo:

  lo dimostra che gli uomini, e non tutti, mi ritengono 

  una punizione: fossi io, fuggirei io  stessa da me,

  da loro e mi nasconderei nella mia sparizione:

 

  la mano dell'uomo mi snatura, riducendomi

  alla pazza che incombe, che non perdona:

 

 

 

 

c'è un luogo in cui ti sentiamo avvicinare

  e uno che gli occhi ti vedono lontana:

  mai ti consideriamo estranea, banale

  con il tuo passo leggero di pantofole

  tirate sul pavimento lucido di cera:

  e c'è un altro luogo ancora, dove tu

  non sei amica, familiare: arrivi da un

  punto estraneo degradata, violenta,

  delinquente, volgare:

 

 

 

 

dopotutto, non è difficile capire che morire, in sè,

  non conta molto: conta ciò che mi sta dietro, che

  mi alimenta o mi contrasta:

 

  se non mi aspetti mi tratterai da estranea, distratto:

  se mi temi, ti sembrerò spaventosa, vuota e con la maschera:

 

 

 

 

 

- che ne possiamo dire, intrigante filosofa e unica

  immortale, se non ammettere che arrivi con mille

  definizioni: se non uccidi il corpo, fai morire l'anima,

  trattenendola a te, nella tua vita, priva di vita:

 

 

 

 

va da sè che un siffatto volermi commentare

  e non volermi identificare con la falce lunga

  che porto nella mano, alza la gravità del  tema:

  che gli uomini sono destinati a rimanere mortali

  invece che qualcosa di più che tali uomini:

 

 

 

 

dunque uomini che vivono per poter morire,

  che traggono questo potere da un rapporto 

  anticipato con la morte?

 

  e la morte nel rispetto della vita, dei vivi,

  come renderla attiva e con la sua libertà

  di affermarsi, renderla possibile?

 

 

 

 

dominarmi, essere arbitro di me stessa, rendere sobrie

  e dolci le agonie, non è piacere che mi è riservato quando

  è l'uomo, e mi ripeto, a violentare il potere di morire:

  egli riesce a fare di me una possibilità sua:

  annettere alla sua incoscienza la scomparsa della  mia coscienza

  e alla sua coscienza la scomparsa della coscienza:

 

  un immondo privilegio che non supera il limite di essere mortale:

 

 

 

 

ma il senso di sconfitta rimane:  ci disorienta

  la morte che resta estranea ad ogni decisione:

  andare a questa morte, che non è quella che 

  si vorrebbe a disposizione, che non ha nulla

  di intenzionale e verso la quale non si è diretti,

  evidenzia meglio la natura che ti lega ai morti:

 

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Profilo Autore: Salvatore Fittipaldi  

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carta a quadretti
foglio bianco o a righe non è lo stesso?
gesti perfetti

burocrazia in tortuosi corridoi caotici
modulo ventinove allegato diciassette
giochi dispotici

tempi d'attesa
vite sprecate nella lunga coda dell'inutile
ne vale la spesa?

propaganda progresso
Ufficio Complicazione Pratiche Semplici
scopri il nesso

la mente grida e si contorce nelle infinite spire del nulla
 
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Profilo Autore: cinabrio  

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Tutti

su un filo d'acciaio

e sospesi nel vuoto:

il futuro nella nebbia incolore.

 

Urla sguainate

sul ciglio della strada

ma dov'è il confine

tra meritocrazia e umanità?

 

Valorosi eserciti

di colibrì

per contribuire alla giusta civiltà

ma c'è chi vorrebbe

un unico, inesistente gigante.

 

Una donna

di mezza età

indossa suo figlio neonato

a tracolla

e siamo barattoli invenduti

sugli scaffali dei supermercati.

 

Quella donna

cosa farà

da grande?

 

La malinconica

Età del Circo Solidale

e siamo tutti acrobati gentili

con un cappello da borghese.

 

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Profilo Autore: Nicola Matteucci  

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                                            Scusatemi ma sono troppo arrabbiato amareggiato e spaventato. 


Poveri ciechi disgraziati e sordi
che seguono la scia come i tordi,
perché non si mettono d’accordo
per fare fronte unico nel bordo
del mare del terrore che si avanza
e quasi ci troviamo nella stanza?
Ma sanno questi stronzi del comando,
che “quelli”, non so come non so quando
ci ammazzano qui dentro i nostri siti
vedendo differenze inganni e liti
del nostro Parlamento;  ma perché
bisticciano fra loro invece che
unirsi nella lotta al terrorismo
lasciando a monte tutto l’egoismo
amorfo sciagurato senza meta
per battere il nemico in linea retta?
Possibile che siano così sciocchi
da non vedere a un briciolo dagli occhi
pericoli che bussano alle porte
e sono ambasciatori della morte?
Ma loro continuano a scontrarsi
pensando alle poltrone da spartirsi
e quando finirà questo rodeo
vedremo frantumarsi il Colosseo
o le opere dei nostri grandi artisti
tesori di millenni ma sprovvisti
del giusto normalissimo buon senso
di essere italiani, perché penso,
e spero di sbagliarmi, ad un concerto
che suona il Dies Irae in un deserto. 
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Profilo Autore: nabrunindu  

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Vivo solingo ed il dialogo è finito.
Silente, un animale m’accompagna
ed il suo dire è di un solo suono:
miao.
Il mio gatto è l’amico preferito;
quando arrivo nella mia campagna
mi miagola e poi si mette prono.
Una parola il suo scibile contiene,
ma basta a tutto ciò che vuole dire
ed è garbato, pur nel contraddire.
L’uomo tante parole in mente tiene
e più ne inventa e più Babele ascende;
tutti sappiamo la fine che ci attende:
solo discordia, guerra e sopraffazione,
matrigne della vendetta e del taglione.
Una sola parola l’uomo usar dovrebbe:
amore,
che fu la culla dove nacque e crebbe.


 
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Profilo Autore: Gino Ragusa Di Romano  

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O italiano, che sai ben parlare,
ma ad agire non ti sai spronare,
delle tue pene non accusare l'altro,
volpone o lupo sempre scaltro.

Tu stesso, infatti, accordi la fiducia
a coloro che ti tolgon la camicia.
Il giorno, in cui c'è la votazione,
tu voti senza nessuna riflessione.

Quel giorno di baldoria sembra festa,
invece, è foriero di venti di tempesta.
Sii cosciente e responsabile, italiano,
vivi da uomo e non da cortigiano.

L'Italia è pregna di deputati e senatori,
vere sanguisughe e tenaci roditori.
Come vedi, la tua terra va in rovina,
perchè costoro fanno ognor rapina
e tu, italiano, per la tua noncuranza
rendi servo te e la tua discendenza.


 
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Profilo Autore: Gino Ragusa Di Romano  

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E noi stiamo qui a bisticciare
per una partitella da giocare
oppure per lo spreadde  da capire
o qualche monetina da investire,
i popoli si guardano in cagnesco
che vivano in canicola o al fresco
o siano ricchissimi o di stracci
vestiti come tanti poveracci,
viviamo in un pianeta appeso al nulla
in mezzo all’universo che ha la culla
lontano lontanissimo nei tempi
che furono, per darci degli esempi,
di grossi dinosauri scomparsi
nel nulla o dal fuoco allora arsi
perché dal cosmo è sceso un grosso sasso
vagante che ha causato uno sconquasso;
ed oggi un asteroide ha sfiorato
la terra come allora forse è stato,
per poco non ci manda al creatore
se solo si spostava col  motore
colpendoci e centrando con potenza
il male con la nostra prepotenza
l’invidia l’arroganza le ricchezze
il subdolo potere, le tristezze
di tanti dittatori da strapazzo
che usano con tedio e con sollazzo
la vita di chi è debole e nel mondo
è solo nel girone più profondo.  
 
 
 
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Profilo Autore: nabrunindu  

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Stampa, tribunali e televisione
sono una dolorosa realtà.
Crimini nefandi e processi clamorosi,
fatti turpi dentro e fuor nazione,
letti o visti per curiosità,
producono gli effetti più morbosi.
I tribunali, dal severo aspetto,
son teatrini o luoghi di trambusto,
hanno perduto stima e dignità,
sono il cibo peggior dell'intelletto.
L'addebito può sembrare ingiusto,
ma penso che sia la verità.
La serenità sacra della legge
la lede l'eloquenza tribunizia,
nonchè l'intemperanza da comizi,
che poi, talvolta, la stampa ricorregge,
dando al lettor altra immondizia,
che desta sospetti e falsi indizi.
Come se ciò detto non bastasse,
la televisione, assai più verista,
è la peggiore d'ogni narrazione,
perchè lì si vedono in azione
le scene ben curate dal regista
che, destando più passioni basse
e stimolando gli istinti feroci,
che turbano dei deboli la mente,
annientando ogni nobil sentimento,
predispongono a delitti atroci
per imitazione, per vanto e sovente
per interessi o per divertimento.
Gli eroi della pistola e del coltello
per alcuni cervelli son l'attrattiva.
La fantasia è colpita dal mistero,
il fatto truce affascina e il duello
per gli uomini è la prerogativa
per detener lo scettro dell'impero.
Sangue, furti, rapine e violenza,
scandali politici ed orridi delitti
sono per i mass media pane
e per tanti licei di delinquenza,
dove s'impara a ledere i diritti
per poi diventare pescecane.
Molti mezzi di comunicazione
son le tribune della confusione.
Se il prossimo ne riceve danno,
l'informazione è licenza delittuosa,
è falsa verità e solo inganno,
è il flagello della società corrosa.
In nome dell'onestà e del buon senso
conviene che la pubblica opinione,
invocando leggi sempre più severe,
per evitare questo gran scompenso
vieti ai mezzi di trasgressione
di dar notizie, se non sono vere.
I mezzi, infatti, di cui io parlo,
se usati per migliorar la gente,
sarebbero i canali della pace
e non le erose gallerie del tarlo,
che rende vuoto ovver demente
l'essere ottuso che subisce e tace.
Un plauso, però,vada ai giornalisti,
che non hanno di passero il cervello,
nonchè ai togati seri specialisti,
che aborrono il sofisma ed il tranello.
Degni son pur di stima e lode
color che usano la televisione
per dare una benefica istruzione,
piacevole e senza alcuna frode.

 
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Profilo Autore: Gino Ragusa Di Romano  

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Datemi una casa
una casa per dormire
una casa per pisciare
una casa dove far l'amore.
Datemi una casa
una palafitta
una baracca
una soffitta
insomma qualsiasi cosa si sorregga
anche su pilastri di cartone.
Datemi 
una casa
dove posso rintanarmi

isolarmi
defecare il mio essere
la mia buona ragione.
Datemi una casa
un tetto dove possa ripararmi
da piogge acide
dove posso sprangarmi
umiliarmi
immolarmi
prostrarmi
appendere un crocefisso
su pareti di piombo o cartongesso
aprire le ante di un infisso
affacciarmi
e guardare
un mondo balordo.
Datemi una casa
qualcosa che si chiami diritto
lo so che preferite che io paghi l'affitto
che vada incontro allo sftratto
ma questo è un ricatto
e non l'accetto
io sono il difetto
di questa società senza rispetto.
Datemi una casa
per nascondere le mie paure
che non sia una cuccia
una gabbia
un loculo
o la maledetta casa di Dio.

 

 

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Profilo Autore: Demetrio Amaddeo  

Questo autore ha pubblicato 280 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Sono cosi vicino ai sogni
che non vedo il tuo sguardo
ma solo risate e collera
fragili come un monte di creta
che si sfalda alle intemperie

eppure ti ho accanto
con tutta quella bellezza
che imbarazza e fa struggere poeti
e incantare pittori.

Spesso sento di essere
un aquilone in balia del vento
una tenue figura d'uomo
che ha perso la sua saggezza
nascondendosi dietro occhi infelici
e orecchie orientate al nulla.

E cosi gli anni volano via
senza capire la verità di quei sogni
che mi riportano ai lucenti anni
cavalcando assurde maree

e cosi invecchio tra le illusioni
e camminando mi perdo facendo finta
di non averti mai incontrato
mentre con il viso stretto tra le tue mani
cerco un impossibile assenso.
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Profilo Autore: CALOGERO PETTINEO  

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Batte il martello tenace e duro
dentro lo sprofondo
di un fuoco ravvivato
da carne sacrificale
in un altoforno come altare
dove lavorare, piangere
morire spremuti di energie
con fiato solo per pregare

e dall'esterno
qualche sprazzo di luce 
di un sole oscurato
tenace nel bagliore
dietro la coltre di nubi grigie
come l'uomo che batte il ferro
bagnato da lacrime
fendenti il disperato schiavo grigiore

di una fabbrica
cimitero di anime
esistenziale respiro urlato
mentre un uomo impassibile
nel dolore di un mondo
che esplode in scintille
batte il suo martello
tenace duro mai umiliato.
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Profilo Autore: Enrico Barigazzi  

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Odio la vostra retorica da social network
Da perbenisti
Finti intellettuali, colti di un vuoto straziante
Dodici cadaveri muiono dodici volte
Ogni volta 
Che pubblicate i vostri inni di libertà
O le vostre perle
Continuate a starnazzare petulanti
Nel vostro stagnetto d'ipocrisia popolare,
Vi prego
Ed io continuerò ad odiare la vostra retorica mediocre e falsa.
Io sono io,
E l'unica guerra
Che varrebbe la pena di vincere
Per me
È questa.
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Profilo Autore: A.B.  

Questo autore ha pubblicato 22 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
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