e farò in modo
che il tempo rallenti
cosi ch'io possa guardarti
poterti leggere
e scavare dentro il tuo cuore.
Mi fermerò a lungo
cercando di non distrarmi
mentre scende adagio la neve
ponderando le parole
provando a non ferire l'attimo
colmo di nuova luce.
Mi fermerò ancora
dentro un altro Natale
fra le promesse scombinate
di un futuro migliore
schivando le falsità dagli occhi
che assicurano pace e amore.
la freschezza del tuo sorriso
di strada,
respiro il vento
delle tue domande
cadute nel lago,
nel lago inquieto
delle tue partenze,
mentre ti inebri di pioggia
dietro i vetri di sogni esiliati.
Respiro il tuo desiderio
di indossare ali cristalline
per fingerti farfalla
in fuga da questi mondi.
come sacerdote assiro,
emetto pensieri cuneiformi
che legano l'anima
ai tuoi modi gentili
mentre sorseggi nel giorno
l'ultimo thè
seduto sul trono della solitudine.
Cerimoniali sotteranei
di cuori anonimi.
Punto e a capo:
non mi resta
che una virgola di luce
nelle viscere di una notizia
che non inquieta nessuno.
se nisconneva er granne imbrojo,
sta città nun cià manco più er cordojo,
quei siggnori se spartiveno tutto, oltre ar portafojo.
Sto copione cià sempre lo stesso reggista,
macché bene comune, dirige l'affarista,
questi nun sò ommini, sò pescecani,
boni a lucrà su li pori cristi e li gitani.
De giorno se scanneno, de notte la mazzetta è condivisa,
robba da fa impallidì puro li ladri de Pisa.
Vengheno da sinistra, dar centro, da destra,
ma è sempre la stessa minestra,
pe' cui sò pregati d'annassene, de prescia,
ma no da la porta, da la finestra.
gli do a quest'utente con amore,
in fondo provo un senso di dolore
per tutta la mia vita di lavoro;
non sono proprio stato un gran tesoro
però mi dispiace che dirigo
la vela della barca dove affiggo
la torbida vecchiaia tenebrosa,
non so se dare retta a quella rosa
che spinge verso il maggio profumato
ma è certo che da qui non esco matto
entrando al mondo vivido e sereno,
di tutto sono sazio e sono pieno
addio alle chiamate rabbuianti
or voglio solo vivere di canti
di suoni di chitarra e fantasia
che sprizzino soltanto poesia.
ore 17,08 10 aprile 2007
l'ho scritta proprio appena chiusa l'ultima chiamata del mio ultimo utente del call center, dopo migliaia di chiamate negli ultimi miei 17 anni di lavoro.
sentimenti di rabbia, di delusioni, di simbiosi con il computer, di spersonalizzazione, di annullamento della volontà, di percezione di essere soltanto un numero,
ma anche la tremenda realizzazione di andare verso la vecchiaia. ma quell'utente non aveva nessuna colpa. grazie.
Ma l’istat è pagata
per farci disperare!
Non c’è una giornata
in cui si può sperare,
Cassandre della morte
uccelli del malaugurio
elencano la sorte
dei matti in un tugurio,
e vomitano allarmi
da brutta pelle d’oca
affilano le armi
del vai sotto chi tocca,
i poveri in aumento
il lavoro che va via
i giovani nel vento
di brutta malattia,
i tristi pensionati
che muoiono di fame
e sono sotterrati
da metri di catrame,
le fabbriche distrutte
la scuola in confusione
soltanto cose brutte
a morte l’illusione.
E basta!
Le devono mostrare
codeste sconcerìe
a quel parlamentare
che spara fesserie,
a quelli che comandano
e ridono beffardi
che rubano e che scaldano
schifosi e anche codardi
i banchi degli eletti
onorevoli e ministri
e capi maledetti
malevoli e sinistri,
a loro devon dire
che tutto è a catafascio
e al popolo fornire
il perché di questo sfascio,
perché noi poverini
siam come Cristo in Croce
già martiri meschini
e umani senza voce .
Non vi è bastato averci ben bene svuotato
da lasciarci così in mutande, senza fiato,
come vampiri dallo sguardo indemoniato
succhiare sangue a lavoratore e pensionato?
Cambiare i nome di facciata alle tasse
e far sprofondare le classi più basse?
Esseri malvagi, senza coscienza,
al di fuori di ogni minima decenza,
da far impallidire la più dura delinquenza.
Sono loro che del paese tengono la dirigenza,
sono tutti compatti, sono una banda,
le loro promesse sono becera propaganda,
ci voglion far credere che ci ha portato la cicogna
a Roma si dice "Er ppiù pulito cià la roggna!"
Sicilia
Sì un triangulu di peni e d’amuri,
sì ’na matri di tanti beddi figli
masculi e fimmini comu gigli,
ma una ie tinta e ie lu to duluri.
Di ’na matri cu lu cori d’oru
nascì na figlia laira e vilinusa,
sangisuca ca attacca la vintusa
e nun canusci né frati né soru.
Ssu cancaru t’avissitu a livari:
ssa to figlia crudeli e tantu brutta
tutta la to dignità si vo mangiari;
’nchiudila si pua dintra ’na grutta.
Tu sì ’na signura nobili e fina,
ma siccomu cumanna ssa patruna,
ca a lu pedi t’attacca la catina,
’nguttuta tu ti chiangi la sfurtuna.
La mafia di la sugiità ie lu riiettu,
ie ’na lupa allupata senza cori
e a mia m’abbruscia lu pettu,
datu ca campa si lu statu mori.
Pri la Sicilia ie sulu disprazioni,
ie lu scunfurtu di tanti siciliani
ca non vonnu la strema unzioni,
ma travagliari sireni oj e dumani.
Sicilia mia bedda comu la luna,
pri tia scrivu versi notti e jornu
pri tia iju cantu amuri a serenata;
sì ’na rigina cu ’n testa la curuna,
di la to biddizza lu me cori adornu,
accussì senza feli passu la jurnata.
che s’incaglia sui rammarichi
rendendo inutile ogni passo
serrando le orecchie a ogni suono
Forse… sono le carezze non date
che hanno reso il cuore duro
cancellando ogni lacrima
dai dipinti della vita
Forse… avrei dovuto osare di più
e prendere a schiaffi la luna
cancellando i sogni
e ridipingendo ogni attimo
Forse avrei dovuto smettere di pensare
ma agire rompendo il filo del silenzio
senza raccogliere le mani tese
che mi vestivano gli occhi
e combattere
per la vita… per ogni vita.
Dovremmo essere in grado
di toccare il cielo
e accarezzare ogni pallido sole
per abbracciarlo e farlo splendere
cosi tanto da spegnere ogni violenza
dovremmo essere
Madre e Padre
e cantori dei valori umani
progenie amabile della concordia
e cullare ogni filo d’erba
dovremmo smarrirci
in ogni sguardo
sia esso bianco, nero o giallo
essere neve che accarezza
non pioggia che percuote
dovremmo muoverci
tra le immagini
ruotando tra i colori dell’arcobaleno
urlando al vento amore e pace
giacché ogni uomo è nostro fratello
o fratello lontano.
Tu combatti da prode,
non pensando alla frode
di chi resta a godere,
pur restando a sedere,
sole e frescura
della bella natura.
Tu hai reso un servigio
per evitare un litigio.
Ma i ladri che fanno?
All'estero vanno...
non per lavoro,
ma a celare il tesoro,
che tu hai sudato
per volere del fato.
La delinquenza dilaga,
la droga è una maga,
che uccide da anni
sul fiore degli anni.
La giustizia è morta,
l'Italia è una torta
divisi in partiti,
che son disuniti.
Il giovane suda,
chiedendo un lavoro,
suo sol rincoro
il bacio di Giuda.
La corruzione è onnipresente,
i valori sono morti e sepolti,
l'indegnità è la virtù emergente
in questa società piena di stolti.
Irresponsabili siamo
ed, incoscienti, insozziamo
con luride gesta
dell'Italia la vesta.
Ti erigo una statua,
fratello e signore,
mio segno di mutua
ricompensa d'amore.