Avevi gli occhi di quel male
di quando l'acqua è così chiara che
non importa a quanto stia il fondale;
avevi gli occhi verdi;
come un tavolo su cui t'addormenti,
sbavi e perdi.
Poi diventasti il mano nella mano con la sciatica:
Vienna che suona brillante ma tutti separati,
polarizzati su una superficie statica.
Poi, poi l'ambizione dell'ufficio in un tabacchino:
il corollario dell'ambizione d'un mondo
miserabile, che senza vederti
ti sogghigna a capo chino.
Mi volevi così e cosi fui:
torcia su formicai brulicanti e bui.
Addirittura, non come, anche l'altro lui.
Mi immaginai sordo col pregio d'esser cieco:
e ora un ricordo, bieco, mi vuole a una festa antica
con quell'usanza delle luci le credenze in noce.
Meglio il niente al poco:
se si spende, che se ne vada via la voce!
Chi fosti, chi ero, chi erano tutti
questo non lo so.
È più facile dare il nome a croci vuote
che a una vela vista da un oblò.
di quando l'acqua è così chiara che
non importa a quanto stia il fondale;
avevi gli occhi verdi;
come un tavolo su cui t'addormenti,
sbavi e perdi.
Poi diventasti il mano nella mano con la sciatica:
Vienna che suona brillante ma tutti separati,
polarizzati su una superficie statica.
Poi, poi l'ambizione dell'ufficio in un tabacchino:
il corollario dell'ambizione d'un mondo
miserabile, che senza vederti
ti sogghigna a capo chino.
Mi volevi così e cosi fui:
torcia su formicai brulicanti e bui.
Addirittura, non come, anche l'altro lui.
Mi immaginai sordo col pregio d'esser cieco:
e ora un ricordo, bieco, mi vuole a una festa antica
con quell'usanza delle luci le credenze in noce.
Meglio il niente al poco:
se si spende, che se ne vada via la voce!
Chi fosti, chi ero, chi erano tutti
questo non lo so.
È più facile dare il nome a croci vuote
che a una vela vista da un oblò.