Una nuvola di fumo grigio che sembra mutare il suo colore infrangendosi contro la superfice Lcd dello schermo del portatile. Sta in quello sbuffo tutto il malcontento della sua insonnia. Le giornate passano, tutte tremendamente uguali tra loro, tutte tremendamente piatte. Un lento stillicidio di 24 ore, tra una notte bianca e l'altra.
Quando non riesce a dormire, dopo essersi girato e rigirato sul letto, dopo aver riflettuto vacuamente sulla sua vita, senza trovare l'ombra di una spiegazione, un motivo specifico tra i tanti per cui dovrebbe perdere il sonno, si arrende avviandosi barcollante al suo portatile.
Allora la tenute luce del marchingegno elettronico pervade l'oscurità della stanza mentre un lento ronzio irrompe nell'assoluto silenzio. Nell'attesa che la macchina si avvii è solito recarsi alla finestra, per scrutare il silenzio.
Sono due i silenzi che ama ascoltare.
Il primo: quello di una città addormentata, sotto le stelle, tra le luci dei lampioni, il vulcano sullo sfondo come controfigura immobile dell'imprevedibilità della vita.
Il secondo? Quello di una casa ormai vuota.
Il suo sguardo vaga puntualmente alle finestre di quella casa, cerca di abituare i suoi occhi al buio per poter scorgere l'interno. Quante volte quelle finestre erano state teatro di uno scambio di sguardi carico di sesso? Tante, molte.
Si rivede spesso in quella casa vuota, camminare nudo dalla camera da letto alla cucina, aprire il frigorifero per bere qualche sorso d'acqua, tornare poi al letto gettando uno sguardo al culo di lei, quel culo di marmo, nella penombra della stanza.
Amava quel culo, non amava lei.
Almeno questo è quello che si ripeteva quando in quella casa poteva camminarci. Ora però, che di quella dimora può ammirare soltanto le ombre proiettate dal buio, ora che non ci sono sguardi che rispondono al suo, ora che le sue voglie sono sue soltanto, la sicurezza di amare quel culo, quel culo e null'altro, svanisce come per magia.
Di solito è a quel punto che il suo corpo rabbrividisce, per un brevissimo momento, prima che lui getti con un gesto il mozzone di sigaretta giù dalla finestra, spazzando via con quel movimento anche i pensieri; almeno fino a domani, almeno fino alla prossima notte insonne.
Quando non riesce a dormire, dopo essersi girato e rigirato sul letto, dopo aver riflettuto vacuamente sulla sua vita, senza trovare l'ombra di una spiegazione, un motivo specifico tra i tanti per cui dovrebbe perdere il sonno, si arrende avviandosi barcollante al suo portatile.
Allora la tenute luce del marchingegno elettronico pervade l'oscurità della stanza mentre un lento ronzio irrompe nell'assoluto silenzio. Nell'attesa che la macchina si avvii è solito recarsi alla finestra, per scrutare il silenzio.
Sono due i silenzi che ama ascoltare.
Il primo: quello di una città addormentata, sotto le stelle, tra le luci dei lampioni, il vulcano sullo sfondo come controfigura immobile dell'imprevedibilità della vita.
Il secondo? Quello di una casa ormai vuota.
Il suo sguardo vaga puntualmente alle finestre di quella casa, cerca di abituare i suoi occhi al buio per poter scorgere l'interno. Quante volte quelle finestre erano state teatro di uno scambio di sguardi carico di sesso? Tante, molte.
Si rivede spesso in quella casa vuota, camminare nudo dalla camera da letto alla cucina, aprire il frigorifero per bere qualche sorso d'acqua, tornare poi al letto gettando uno sguardo al culo di lei, quel culo di marmo, nella penombra della stanza.
Amava quel culo, non amava lei.
Almeno questo è quello che si ripeteva quando in quella casa poteva camminarci. Ora però, che di quella dimora può ammirare soltanto le ombre proiettate dal buio, ora che non ci sono sguardi che rispondono al suo, ora che le sue voglie sono sue soltanto, la sicurezza di amare quel culo, quel culo e null'altro, svanisce come per magia.
Di solito è a quel punto che il suo corpo rabbrividisce, per un brevissimo momento, prima che lui getti con un gesto il mozzone di sigaretta giù dalla finestra, spazzando via con quel movimento anche i pensieri; almeno fino a domani, almeno fino alla prossima notte insonne.
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Vera