Occorre che io trovi con urgenza
la più vicina e breve via di fuga
dal dedalo dei lemmi non graditi.
Piegati all’immagine regnante,
riadattati e sempre più abusati,
spediti vanno sulla via del male.
Son spade vili, mai rinfoderate,
con baricentro posto verso il basso,
forgiate nelle più cupe fucine.
Sarà perché vorrei esser poeta,
ho nostalgia di equilibri persi,
di buona mescolanza di parole
mai registrate nelle nostre menti
per una sorta di terror latente
di chiamare col nome lor le cose.
I primi giochi con la mia scrittura
son stati dadi che ho lanciato piano
sui colori di infinite parole.
Prudente, ho toccato sempre quelle
che, ballerine, andavano a strusciare
i fianchi prima e indi tutto il corpo
di vergini emozioni in divenire
nel magico scoprire il loro volto
e dar respiro subito all’invito
di perseguire quella dolce meta
che placa nel guadagno molto ambito
da chi il cuor raggiunge e poi l’ascolta.
Ballar con le parole, anche parlarci,
diviene conseguente preferenza.
Carezzarle, coccolarle, ascoltarle
ed infine a tal punto consacrarle
da sentirle voci della mia grafia,
mi dona il gusto osato nell’usarle.
Nessun speciale effetto da produrre,
soltanto un canto onesto offerto al tempo.
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apprezzamenti da parte mia per questi versi ...
Un saluto Aurelio