Vedeva i corpi come musica:
a ogni nota un movimento,
un banalissimo segmento.

Vedeva così come non vedeva,
rendendomi impotente.

Infatti, mi ammalai di visionarietà.
Mi ammaliai anche.
In un tubo sudicio e merdoso,
sudicio e merdoso in quanto non ramificato.

Lo persi di vista. Io, visionario.
Nei trampoli di un brivido alla schiena.

Una scacchiera senza geometrie:
vinceva.

Non mi riconosceva più,
se non dai miei afflati.
Non mi dedicava più alcun rimorso:
era fiero di un mio sospiro invincibile
nel fosso dei papaveri.

Così lo tenni in vita: respirando.

"Sei bravo", mi disse un giorno.
"Questo lo vedo", sbagliando di proposito.
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Profilo Autore: Nicola Matteucci  

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