Adoro guidare la mia duetto rossa
lungo la panoramica, tutta a curve,
quasi sempre deserta ad eccezione
del weekend dove nelle ore diurne
la strada è battuta da ciclisti che
amano le sue dolci curve a cubito.
Qualche tornante più su e mi trovo
in un piazzale ancor per poco tacito
lastricato di sampietrini, a breve
animato da ristorantini affacciati
sul celeste pallido del mare; ma val
la pena di salir tra campi seminati
di gomito in gomito ignorando le
lancette dell’orologio, limitandomi
a contemplare le spiagge dall’alto.
Rimanendo sulla strada, godendomi
la frescura della mezza collina tra
pini marittimi che si stagliano, tigli
profumati e le ultime ginestre fiorite,
supero campi gialli di grano e sbadigli
giungendo a una terrazza naturale che
permette d’estender la vista al litorale.
Più in basso, non lontano, si intravede
un cottage: vengo qui con un giornale
dal ’75, ogni terzo sabato del mese.
La signora col vestito a fiori incrocia
il mio sguardo e si tocca il cappello.
Sorrido, e in quel gesto solo lascia
trasparire tutta l’educazione
che ci siamo persi in questi anni.
Mi piaceva l’aria tra i capelli, ora
sosto a guardare il vento tra i panni.
Non si portano più cappelli e il vento
fa incontrare occasionalmente sempre
meno persone, ma resta bella la strada.
Lei rientra, e i fiori diventano ombre.