Ciao Marina.
Concordo in toto con te, fatti salvi ovviamente i significati intrinsechi alla libera espressione di
ognuno.
In realtà, secondo una mia personale opinione e visione, dovremmo analizzare sin dalle origini il significato di poesia.
Il termine greco poiesis indicava creazione: arte nella creazione.
Partendo da ciò si evince come la poesia sia nata libera, prendendo questo nome.
La sua definizione la connota in pieno.
Nella sua evoluzione questa forma d'arte è sempre andata a braccetto con altre espressioni inscindibili dell'uomo. La socialità di tali manifestazioni s'univa alla filosofia, al canto, alla musica e a ogni espressività indotta dal pensiero.
Tracciando il sentiero della sua evoluzione a larghi margini, ci ritroviamo alla nascita del periodo
dei comuni; dove la poesia e la scrittura divengono strumento anche di giustificazione politica, riempiendo in tal modo un catino già colmo di connotazioni.
Non per nulla Machiavelli docet con la sua opera a Firenze.
Troviamo anche l'esempio della “chanson francese” opera musicale costruita insieme a una poesia.
Primo esempio in Italia è invece la poesia siciliana nata alla corte di Federico II che abbandona l'accompagnamento musicale e sposa la forbita lingua “dialettale”.
Accanto a questo tipo di scrittura sorgerà poi la più classica definizione di poesia.
Essa dovrà essere in maniera rigida un canone prefissato che rispetterà un determinato numero di sillabe e uno schema metrico.
Questa per molto tempo sarà la poesia: sonetti, madrigali e altro. Con diverse varianti nella definizione di endecasillabo.
Ciò è importante perchè deriva da questa necessità, la nascita della “licenza poetica”. Molti autori adattavano le parole per rispettare le regole.
Le regole stesse erano nate per dare alla poesia, privata della musica, una sua intrinseca musicalità.
Arriviamo con un salto di secoli fino al Leopardi che nel suo contrasto tra poesia e prosa, traccia le basi della poesia moderna.
Liberi da schemi sono i giorni nostri dove a parer mio tutto può convivere.
L'ermetismo di Ungaretti, che in realtà qualche spunto lo prende dalla poesia Giapponese dell'Haiku.
Il futurismo di F.T. Marinetti con le sue forme onomatopeiche e progressive.
Tutte queste manifestazioni d'espressione io le coinvoglio in un unico amore chiamato “Poiesis”.
Sia allora la poesia per ognuno arte e creazione libera secondo il proprio sentire.
L'artista deve essere libero d'esprimersi quando l'estro chiama in qualsiasi mutazione del moto d'animo.
Io mi ritengo “Poiesis” nel suo significato originale, per me non esite limite.
Il limite è quello che imponiamo a noi nel condizionamento delle convenzioni dell'uomo.
Andare oltre ogni limite è il mio credo.
Grazie ancora Marina del tuo pensiero espresso nel forum e ribadisco la condivisione di esso con l'aggiunta del mio breve pensiero.
Si può e si deve convivere con tutte le forme d'espressione altrimenti la conoscenza dell'uomo diverrà cenere sparsa dal vento: tutti la potranno inalare, rimanendone da essa intossicati senza aver potuto godere del calore da essa generato un tempo.