Tratto dal libro "I racconti del Maresciallo" di Maurizio Vecchi © Copyright 2005
                                                        casa Editrice Montedit - COLLANA "Le schegge d'oro" (i libri dei premi)
                                                     classificato finalista nel concorso letterario internazionale "J. Prévert" 2005 






In quell’anno, l’estate fu la stagione più calda dell’ultimo decennio. Quella domenica, particolarmente, alle sei del mattino non si riusciva a muovere un passo, senza soffrire a causa della colonnina di mercurio che segnava 30 gradi già a quell’ora. Il solo pensiero di salire in auto per intraprendere il servizio mi faceva stare male.

Malgrado le condizioni atmosferiche si presentassero più favorevoli per una vacanza in Calabria, per dedicarsi al totale riposo, la giornata di lavoro ebbe inizio.

Feci prendere l’auto di servizio al giovane sottufficiale, mio sottoposto, salimmo in auto con ampio anticipo, in modo da poterci recare a bere un caffè al bar da “Giulio”.

Una volta all’interno del locale, notai Paolo Corti, un vecchio amico di famiglia, il quale, seduto nell’angolo, fissava nel vuoto e teneva stranamente tra le mani un bicchiere di grappa. Lo conoscevo da molto tempo, quindi mi incuriosì quel suo atteggiamento e nello stesso tempo mi preoccupava!

Mi avvicinai a lui e gli domandai:

- Che cosa fai a quest’ora al bar, Paolo?

Lui, dopo avere alzato lo sguardo ed avere focalizzato a fatica la mia persona, mi rispose:

- Ho litigato con mia moglie e lei mi ha scacciato da casa!

Era vistosamente ubriaco. A dire del gestore del bar, Giulio, quello che Paolo teneva in mano avrebbe dovuto essere il nono bicchiere di grappa!

Quindi, tenendo conto della nostra vecchia amicizia, mi sentii in dovere di richiamarlo per il suo comportamento, facendo lui rilevare che ubriacarsi non è mai stato il modo più idoneo per risolvere i problemi!

Paolo, alterandosi come non aveva mai fatto con quel suo vecchio amico, rispose seccato:

- Vattene!  Non vedi che ho già tanti pensieri per la testa?  Non assillarmi con tutte queste domande!

Ci rimasi male per quella reazione, ma, compatendolo per le condizioni in cui si trovava, mi rivolgevo a Giraldi, il mio sottoposto:

- Andiamo! Abbiamo qualcosa d’importante da verificare! – rispondevo preoccupato.

- Ma.... Maresciallo! - diceva il giovane sottufficiale - Non ha ancora consumato il suo caffè!

Bevvi quel caffè tormentato da quello strano episodio. L’istinto mi dettava che avrei dovuto andare presto a casa di Paolo, a parlare con sua moglie, Francesca Ferri, perché tra i due coniugi poteva essere accaduto qualcosa di più grave di un semplice litigio di coppia.

Strada facendo, pensavo alla risposta che mi diede Paolo: una tale reazione, avuta proprio da lui, che conoscevo da molto tempo, mi faceva preoccupare, soprattutto perché non avevo mai saputo, prima di allora, di litigi tra lui e sua moglie. Inoltre, il modo in cui mi trattò non era stato razionale, in riguardo al rapporto di amicizia che avevamo.

Ero sicuro che c’era una spiegazione…

Durante il tragitto, nell’auto di servizio l’atmosfera che si respirava era più pesante di quella esterna: l’unico che parlava era Giraldi, ma soltanto per chiedermi le indicazioni per raggiungere l’abitazione di Paolo.

- Vedi, Giraldi... Dicevo, mentre dentro di me pensavo all’accaduto.

- Per amore della nostra professione ed anche perché ascolto la mia coscienza, sento che dobbiamo agire con la massima scrupolosità anche se in questo caso si tratta solo di umanità.

Arrivati in via Roma, dissi a Giraldi di fermare l’auto nei pressi del civico 32:  era lì che abitava Paolo.

Nel frattempo l’orologio segnava le sette e sulla via non circolavano molte auto. Suonai al campanello di Paolo e notavo che Ursus, il cane San Bernardo della famiglia Corti, si avvicinava lentamente alla cinta lamentandosi. Mi fissava in un modo quasi umano, tanto che pareva volesse fare capire qualcosa.

La porta della rimessa era aperta.

Dalla parte opposta della recinzione riuscii a vedere che mancavano entrambe le autovetture.

Insistevo al campanello ancora per qualche minuto, ma, non ottenendo risposta, decidevo di riprendere il servizio.

La Centrale Operativa ci inviò per un incidente stradale nel paese limitrofo.

Mentre ci recavamo sul luogo del sinistro, Giraldi mi chiedeva incuriosito il perché io avessi voluto recarmi a casa di quel mio amico.

- Come ti dicevo poco fa...la mia coscienza mi ha guidato lì…

- ...e ti dirò di più: anche adesso la mia coscienza mi sta tormentando e sai perché? Considera ciò che sto per dirti come una lezione di tecnica professionale: ricordi che cosa mi diceva il mio amico al bar?

- Sì. Che sua moglie lo aveva buttato fuori di casa e lui ne soffriva.

- Bene. Dimmi a cosa hai pensato vedendo la rimessa dell’abitazione aperta e senza auto al suo interno.

- ...che la moglie era uscita di casa, ovviamente!

- Questa è la deduzione più chiara! Ma tu, da vero esperto, dovresti usare la tua professionalità, tenendo presenti, in modo costante, tutti i fatti a cui hai assistito, collegando tutto ciò che hai rilevato o ascoltato alle altre informazioni che avevi precedentemente ottenuto. Inoltre, dovresti usare la tua coscienza! Tieni sempre presenti anche quei particolari che, secondo te, sono i più insignificanti, per esempio: il cane con quel comportamento!........ Non si può attribuire ad un animale di grossa taglia quell’atteggiamento di tristezza e sofferenza, se ciò non fosse causato da qualcosa d’importante! I cani si comportano a quel modo, solitamente in conseguenza ad un comportamento del proprio padrone.  Quindi, la prima cosa da fare, eventualmente, per escludere le ipotesi più tragiche, è quella di utilizzare i mezzi che si hanno a disposizione ed accertare se durante la nottata precedente fosse accaduto un incidente stradale o se una donna con la descrizione collimante alla moglie del mio amico Paolo, fosse stata controllata in qualche località.

Perciò chiesi alla Centrale di accertare presso tutti gli ospedali ed i Comandi di Polizia della provincia se fossero avvenuti incidenti stradali in cui fosse protagonista una donna rispondente al nome di Francesca Ferri: età anni 32, alta 1,70, capelli castani, carnagione chiara, corporatura esile. Inoltre richiedemmo alla Centrale di verificare se la stessa persona fosse stata controllata durante la nottata precedente in qualsiasi località o se le pattuglie di servizio avessero controllato la sua autovettura.

Nel frattempo giungemmo sul luogo del sinistro, in cui ci aveva inviati la Centrale Operativa e prestammo i primi soccorsi al ferito, che si trovava al posto di guida  privo di conoscenza. L’ambulanza arrivò dopo pochi minuti. Il medico dell’unità effettuò la rianimazione del ferito, che venne trasportato d’urgenza al pronto soccorso cittadino.

Quindi procedemmo ai rilievi dell’incidente stradale.

La chiamata successiva della Centrale Operativa, che ci informava dell’esito infruttuoso delle ricerche di Francesca Ferri, mi fece tornare alla mente il mistero di Paolo, che ancora non avevo chiarito.

- Ma, allora, dov’era finita Francesca B., come mai non era a casa?

Erano le domande che nella mia testa si facevano sempre più insistenti…

In tarda mattinata, la Centrale ci informò che era stata rinvenuta un’autovettura abbandonata, modello Y 10 di colore grigio targata XX111YY e che proprietaria risultava essere proprio Francesca Ferri, di cui non era stata trovata traccia neanche in quel luogo.

Il ritrovamento dell’auto era avvenuto in un paesino a circa quindici chilometri da Roccabianca. Diedi ordine alla pattuglia intervenuta di attendere il mio arrivo e di non fare avvicinare nessuno all’auto. Chiesi, inoltre, ad un’altra pattuglia di rintracciare Paolo Corti, informandola che avrebbe dovuto viaggiare a bordo di un’autovettura Opel Calibra, di colore azzurro, targata BS D55500 e di condurlo presso il Comando di Duegnaro per  essere interrogato.

Giunti sul posto con la Sezione Scientifica, procedetti ad annotare tutto ciò che osservavo.

L’auto si trovava in riva al fiume Oglio: le portiere erano aperte, il motore spento, la chiave nel blocco d’accensione con il quadro acceso, la prima marcia innestata ed il freno a mano non azionato.

L’autoradio era accesa e riproduceva una cassetta musicale, sul tappetino del lato del guidatore vi era una scarpa da donna, di colore rosso taglia 37 con il tacco di lunghezza media. Nel portacenere c’erano i resti di due sigarette di marche diverse: una delle due aveva tracce di rossetto.

All’esterno dell’autovettura, in corrispondenza della portiera posteriore sinistra, l’erba era schiacciata ed una traccia larga circa 60 centimetri  terminava in corrispondenza della sponda del fiume, come se fosse stato trascinato qualcosa o qualcuno.

Tutte le tracce furono rilevate dagli uomini della Scientifica, per essere poi esaminate in laboratorio.

Vennero rilevate alcune impronte digitali.

I miei dubbi erano terribilmente fondati: era accaduto qualcosa di tragico a Francesca!…Desiderai tanto di essermi sbagliato!

Giraldi mi chiese istruzioni e, nello stesso istante, la centrale avvisava che Paolo era stato rintracciato e che stava per essere condotto presso il Comando di Duegnaro, come ordinato.

Al nostro arrivo, Paolo si trovava in sala d’attesa, aveva il capo chino, come fanno i bambini quando si aspettano una paternale… Era taciturno...quasi abbagliato.

Dal suo comportamento, non capivo se  egli fosse a conoscenza di ciò che poteva essere accaduto a Francesca o se, semplicemente, il suo fosse colo un comportamento di autocommiserazione  dovuto alla discussione avuta con me quella mattina…

Entrai nel mio ufficio ed appendevo il berretto all’appendiabiti… mi sedetti comportandomi come se ciò che era accaduto… ciò che il mio lavoro mi aveva riservato per quella giornata fosse stato  solo un incubo, ma la voce del Carabiniere di servizio, il quale mi chiese il permesso di fare entrare Paolo, mi scosse e capii che tutto, per quanto assurdo potesse sembrare, era reale!

Il momento di iniziare l’interrogatorio era giunto… Perciò feci accomodare Paolo  e dissi all’Appuntato Scalisi di occuparsi del seguito degli accertamenti relativi al sinistro, recandosi all’ospedale per accertarsi delle condizioni cliniche del ferito.

Paolo, entrando, manteneva la testa bassa ed ostentava un’espressione di rimorso, ma dovevo attenermi a quanto avrebbe risposto alle mie domande.

Quindi gli dissi:

- Siediti!

Egli, con la freddezza di una persona rammaricata, seccata per la convocazione formale in un ufficio di Polizia, rispose:

- No, Comandante, resto in piedi, grazie!”(proprio come avrebbe fatto una persona estranea nella sua stessa situazione).

Paolo era diventato come una di loro, un estraneo, che aspettava solamente che il Maresciallo parlasse...

Dopo qualche attimo di riflessione, che mi consentiva di usare il giusto distacco con Paolo, dissi:

- Bene. Quando è stata l’ultima volta che Lei ha visto e parlato con sua moglie Francesca?

Paolo, notando il distacco nei suoi confronti, sgranava gli occhi ed allungava il collo come se fosse incredulo e nello stesso tempo mostrava chiaramente il timore di quanto potesse accadere…perché erano oramai  anni che non gli davo del “Lei”.

- L’ultima volta...è stata ieri sera alle...22,00, ma...perché mi fa questa domanda, Comandante?

- Le domande le faccio io...Lei si limiti a rispondere …

- ... Dove si trova adesso sua moglie?

- Non lo so... è da ieri sera che non vado a casa!

- Che cosa è successo ieri sera a casa sua?

Paolo, dopo qualche istante, ripetendo ciò che aveva detto al bar quella mattina, disse:

- Erano circa le nove, ieri sera, quando io e mia moglie avevamo l’ennesimo litigio, che però è stato più violento del solito a causa del denaro che io spendo per quelli che sono i miei unici vizi, la passione per i motori e bere qualche goccio ogni tanto. Perciò Francesca ieri sera mi aggrediva a parole dicendomi che non saremmo riusciti a far quadrare il bilancio familiare, se avessi continuato a spendere tanto...”

Mi apparve strana la deposizione di Paolo poiché non avevo mai saputo del suo vizio dell’alcool e poi non mi era mai parso che i due coniugi potessero avere dei problemi economici.

C’era qualcosa che non andava nel suo racconto!

- ...Ed allora, io...

Continuava Paolo.

- ...le rispondevo che, se non le fossi andato a genio poteva anche lasciarmi! Quindi lei ribatteva dicendo che sarebbe stato proprio quello che lei avrebbe fatto e, dopo una violenta litigata, mi costringeva ad uscire di casa … ho girovagato per tutta la notte, rivivendo attimo per attimo la lite tra me e Francesca, pensando alle sue parole. Ad una certa ora… alle tre o alle quattro del mattino, sono tornato a casa e dopo avere suonato insistentemente al campanello di casa mia non ho ricevuto risposta. Notavo che Ursus stava seduto accanto alla porta del garage ma non rispondeva ai miei richiami. Solo allora ho capito che l’avevo combinata grossa, quindi ho proseguito a girovagare… Successivamente, alle sei circa, vedevo voi Carabinieri al bar...Ecco, questo è tutto.

Quanto raccontato da Paolo fu incredibile, ma, dopo avere terminato la stesura del verbale, dissi a  Giraldi che avremmo dovuto recarci a casa di Paolo per fare un sopraluogo accurato.

Paolo non mostrò preoccupazione alla notizia della scomparsa di Francesca. L’unica cosa che affermava era di non essere in possesso delle chiavi di casa perché le aveva lasciate lì quando sua moglie lo aveva mandato via.

Questo problema venne risolto con l’aiuto di un fabbro, che senza procurare molti danni, aprì la porta che dal garage conduceva all’abitazione.

Una volta in casa, mi trovai davanti ad uno spettacolo preoccupante: tutta la casa era a soqquadro ed alcuni mobili recavano danni. Sembrava che lì dentro fosse passato un ciclone!

Paolo venne allontanato dalla casa per non fargli manomettere nulla e richiesi il supporto della Sezione Scientifica.

Durante i rilievi della Scientifica, io e Giraldi effettuavamo un giro d’ispezione intorno alla casa. Sul retro dell’abitazione notammo che la rete della recinzione era stata piegata dall’alto (come se qualcuno l’avesse scavalcata) e con inizio dal quel punto, nell’orto, vi erano tracce di passi che conducevano verso l‘abitazione; le orme lasciate avevano un disegno a “tela di ragno”.

Quelle tracce, confrontandole al momento con le suole delle nostre scarpe, avrebbero potuto appartenere a calzature taglia 40.

Facevo rilevare le impronte, mentre seguivo la direzione dei passi che facevano intuire che chi indossò quelle scarpe, dopo avere  scavalcato la rete, si fosse recato al garage.

Poiché Giraldi era alle prime armi, dovevo aiutarlo a riflettere sull’indagine che stavamo conducendo.

Un agente della Scientifica mi chiamò in disparte per riferirmi che era stato ripescato nell’Oglio il corpo di una donna, nella provincia confinante.

La mia preoccupazione aumentò …

Uscendo dalla casa di Paolo, raccomandai a Giraldi, dopo averlo messo al corrente della notizia appena ricevuta, di chiudere la casa con i sigilli al termine delle operazioni della Scientifica e di condurre Paolo al Comando, quindi mi recai nel luogo del ritrovamento del corpo.

I Carabinieri ed i Vigili del Fuoco che avevano condotto le operazioni in riva all’Oglio, mi mostrarono il corpo recuperato.

La mia speranza, un po’ egoista, di potere verificare che quello non fosse il corpo di Francesca, scomparì nel vedere quel viso impaurito, rimasto tale per qualche circostanza orribile!

Era proprio Francesca!

Non riuscivo ancora a credere che potesse esserle accaduta una così terribile disavventura.

Parlando con il responsabile delle operazioni di recupero del corpo, riuscii a conoscere anche il punto esatto del rinvenimento, trenta chilometri circa dal ritrovamento dell’auto di Francesca.

Perciò potei calcolare che il corpo era stato trasportato lì approssimativamente in un tempo stimato di otto ore circa.

Infatti, la corrente del fiume, molto forte in quasi tutto il percorso, trovando dei restringimenti ed alcune deviazioni a causa dell’irrigazione dei campi agricoli e soltanto in quei punti subisce dei rallentamenti.

Pertanto, potei dedurre che il corpo aveva iniziato il suo tragitto, nel letto del fiume, tra le cinque e le sei di quello stesso giorno.

Esaminai attentamente il corpo di Francesca…

…indossava una camicetta rossa ed una gonna blu a righe gialle; aveva i piedi nudi (una delle sue scarpe era stata ritrovata nell’auto, mentre l’altra, durante il suo trasporto, poteva averla persa nel fiume).

Il rinvenimento del cadavere di Francesca mi convinse a sospettare d’omicidio Paolo, quindi avvisai al telefono Giraldi del ritrovamento di Francesca e gli dissi che sarei rientrato dopo poco per un secondo interrogatorio del sospettato.

Prima di partire davo un’ultima occhiata al corpo della poveretta, esaminandole le mani. Potei così notare che l’unghia dell’indice destro era spezzata e che sotto le altre unghie non vi erano tracce visibili ad occhio nudo, ma la Scientifica avrebbe approfondito gli esami con l’aiuto del medico legale.

Quindi mi recavo al Comando per interrogare Paolo…

Egli, appresa la notizia del ritrovamento di Francesca, non tradiva ancora alcuna emozione! Incredibile!

Alla mia osservazione, circa il suo comportamento all’apprendimento della notizia, Paolo rispose che oramai non gli avrebbe più fatto nessun effetto, dato che di Francesca non gli importava più nulla…perciò non esitai a dare inizio all’interrogatorio.

Chiesi lui di esporre le modalità della lite avvenuta tra lui e Francesca.

Con atteggiamento freddo, di chi non ha più niente da perdere, rispose con un’affermazione da fare rabbrividire: “Avrei voluto vederla morta, ma per questo voi non potete sospettare di me!”.

Nel corso dell’interrogatorio si apprese che Francesca ebbe graffiato Paolo al braccio sinistro durante la lite e lo stesso Paolo mostrò il punto esatto della ferita.

Terminato l’interrogatorio di Paolo ebbi un breve colloquio con gli uomini della Scientifica dai quali appresi che durante il sopralluogo a casa Corti era stata rilevata una traccia interessante nel salotto. Si trattava di una cravatta accanto al televisore rovesciato e da una successiva indagine di laboratorio vi erano state rilevate piccole tracce di sangue. Il reperto, molto interessante, venne rimesso all’ufficio del R.I.S. di Parma per le analisi ufficiali in quanto avrebbe potuto rappresentare una traccia importante per scoprire chi avesse lottato in quella casa.

Un dubbio si sollevò nella mia mente, dovevo controllare ancora l’auto di Francesca. Quindi mi recai al deposito per ispezionarla con attenzione.

Dopo un lungo controllo all’interno del veicolo, sulla moquette, tra la leva del freno di stazionamento ed il sedile del guidatore, scoprivo un’unghia spezzata che presentava la stessa tonalità di smalto rosso che aveva la vittima al momento del ritrovamento (senza alcun dubbio  apparteneva a Francesca).

A causa di quella scoperta, dovetti ritenere vano il sospetto che avevo circa le circostanze che causarono la rottura dell’unghia alla povera Francesca. Infatti si era spezzata in auto durante un altro episodio e non in casa, come poteva apparire in un primo momento, a seguito delle dichiarazioni di Paolo.

Perciò l’indagine era ancora al punto di partenza: l’assassino di Francesca, che aveva commesso il fatto nell’auto era ancora ignoto. Chi poteva essere? Per quale motivo Francesca era salita in auto con lui?

A queste risposte non fu facile rispondere, anche perché s’era ormai fatto molto tardi e la stanchezza si faceva sentire.

Per quanto la stanchezza ci tormentasse, però, io e Giraldi andammo in cerca di nuovi elementi, parlando con la gente del luogo.

Dopo avere cercato per ore, verso mezzanotte, incontrammo un uomo anziano, nella zona della casa di Paolo e Francesca. Questi solitamente restava sveglio fino a tarda ora tutte le notti, perché soffriva d’insonnia.

Avrei dovuto pensarci prima che quell’uomo avrebbe potuto notare qualcosa d’interessante durante la notte precedente l’omicidio di Francesca!

Mi avvicinai a lui e mi feci raccontare della nottata trascorsa tra il primo ed il due luglio.

Narrava parecchie cose, pettegolezzi di poca importanza, come incontri d'amanti, passaggi di personaggi strani, ma nel suo racconto vi trovai qualcosa di molto importante: l’incontro tra Paolo e suo figlio Michele!

L’anziano signore raccontò:

- Erano le tre e mezza, quando vedevo Paolo Corti seduto sulla panchina del parco, quella che dà sulla strada: era molto pensieroso. Era notevolmente preoccupato e nervoso, lo si notava per il suo atteggiamento anche se non lo si conosceva personalmente. Pensavo che doveva essere accaduto qualcosa... Pochi istanti dopo, arrivava un’autovettura, forse una “Golf” di colore blu. Il guidatore arrestava la marcia vicino a Paolo e passava sotto al lampione. In lui riconoscevo il figlio di Paolo,  Michele, quello che si sposò circa due anni fa ed andò a vivere in città. Costui si avvicinava a Paolo con passo molto svelto e dopo qualche istante di conversazione tranquilla i due parlavano animatamente.

- Quella sgualdrina... diceva Michele, ma era l’unica cosa che comprendevo. Poi, lasciando Paolo nel parco, si allontanava con l’auto a forte velocità in direzione di Roncacelle a bordo della stessa autovettura. Non ho visto altro.

Quell’uomo, senza saperlo ci aveva fornito  nuovi elementi su cui lavorare. La presenza del figlio Michele in quella nottata era davvero interessante: bisognava indagare anche sul suo conto, senza escludere che egli potesse avere un movente per il delitto: quella frase urlata, mentre parlava con suo padre, poteva essere rivolta a sua madre!

Riflettendo su quel caso capii che una persona od una famiglia, non si può conoscerla mai a fondo. Infatti, le sorprese che incontravo nel corso delle indagini erano sbalorditive.

Così, mi recai da Paolo, che nel frattempo era stato trattenuto al Comando, sospettato d’omicidio. Gli chiesi con determinazione di raccontare ancora tutto circa la nottata del due luglio, ma senza omettere alcun particolare.

Egli capì di avere suscitato sospetti non raccontando tutti i particolari, quindi tornando sul suo racconto, piangendo diceva:

- Io non volevo coinvolgere Michele in questa storia, perché lui non ha colpa di nulla! Quando l'ho incontrato gli ho raccontato tutto sulla lite tra me e sua madre e lui, conoscendo i particolari, era andato su tutte le furie, dicendomi di non cercarlo per nessun altro motivo! Più tardi, tornando a casa, ho trovato Francesca a terra senza vita e, capendo che Michele aveva fatto qualcosa di irreparabile, decisi di portarla via per depistare le indagini, recandomi in riva all’Oglio, dove avete ritrovato la sua macchina. Lì l’ho trascinata in acqua. 

Quindi io con voce alterata gli chiedevo:

- ...Allora, perché non me l'avevi detto prima che avevi incontrato tuo figlio?!

Anche se a questa domanda non mi aspettavo più alcuna risposta.

Decidevo immediatamente di recarmi a casa di Michele Corti per una perquisizione, mirata soprattutto a trovare tracce che potessero aiutarmi a capire qualcosa, circa quella notte terribile e di ciò informai il magistrato che mi dette il nulla osta senza pensarci un attimo di più.

In casa di Michele tutto sembrava normale, tranne il comportamento dello stesso sospettato, il quale, vedendo gli uomini in uniforme, immaginava forse delle conseguenze pesanti per lui.

Per prima cosa, dovendo giustificare ufficialmente la presenza di noi Carabinieri, chiesi a Michele di raccontare tutto circa l’incontro avvenuto la notte del due luglio tra lui e suo padre.

Egli, visibilmente imbarazzato raccontò che alle tre e trenta circa di quella notte aveva incontrato suo padre ai giardini pubblici di Grolato, perché lo aveva chiamato dopo la lite con Francesca.

Nel corso della perquisizione, venivano rinvenute, sul parapetto del balcone, un paio di scarpe sportive, le cui suole in gomma riproducevano proprio un disegno simile alle impronte rilevate nell’orto della casa di Paolo.

Repertai le scarpe di Michele e nel prelevarle notavo che erano sporche di terra.

Alla mia richiesta di spiegazioni in merito, Michele ostentò un sorriso fesso, seguito da un “…Ma, ehm… Non so…

La perquisizione ebbe quindi termine, senza rilevare null’altro di utile alle indagini.

Michele venne condotto al Comando per la verbalizzazione delle sue dichiarazioni in merito alle scarpe rinvenute a casa sua.

Sembrò proprio di avere fatto centro, ma Michele non aveva detto tutta la verità. Anzi, aveva nascosto ciò che realmente era accaduto quella notte.

Quindi, una volta giunto al Comando, rimproverai Michele in modo deciso:

- Ora devi dirmi tutto, perché mi hai già mentito abbastanza! Per quale motivo non ci hai detto che ti trovavi a casa dei tuoi genitori all’una di notte del 2 luglio?!

Michele, sconfortato dalla determinazione con cui io gli posi la domanda e nello stesso tempo rassegnato all’evidenza della verità che stava per venire a galla, decise di parlare:

- Erano circa le dieci quando mi ero recato a fare visita ai miei genitori.  Giunto davanti alla loro casa li sentivo mentre, urlando, si dicevano cose spiacevoli, come “vorrei vederti morta!” e poi ancora “vai via di casa bastardo!”. Restavo lì ad ascoltare per qualche minuto e notavo lo svolgersi della lite tra mio padre e mia madre guardando attraverso la finestra del salotto, ma non entravo perché volevo vedere come andava a finire. D’un tratto mio padre se ne andava sbattendo l’uscio e partendo a forte velocità con la sua auto. Piangeva come un bambino. Non avevo mai visto mio padre piangere e ciò aveva fatto nascere in me una rabbia che  accecava il mio senso della ragione.

Aspettavo qualche istante fino a che mio padre si fu allontanato, dopo di che decidevo di entrare (ero ancora in possesso della chiave di casa che possedevo quando vivevo con loro).

Una volta in casa, mia madre mi aggrediva a parole, chiedendomi cosa fossi andato a fare lì e mi rimproverava dicendomi di tornare a casa mia, dicendomi con cattiveria:

- Porta a casa tua anche quello smidollato di tuo padre! A quelle parole, che giungevano alle mie orecchie ed al mio cuore come pugnalate, non ho saputo oppormi ... aggredivo mia madre dicendole che era una svergognata a trattarci in quel modo. Lei accennò un’aggressione fisica nei miei confronti, quindi, per difendermi, la prendevo dal collo e stringevo … stringevo, vedendo i suoi occhi diventare rossi, ero accecato dall’ira, vedevo il suo volto cambiare espressione, perdeva la vita poco a poco, fino a quando cadeva a terra priva di vita! Guardavo i suoi occhi che mi fissavano con terrore … ripensavo a ciò che avevo appena fatto, mi sentivo smarrito, avevo paura per ciò che avevo fatto, quindi telefonavo ad Emma, mia moglie, per raccontarle dell’accaduto e per chiederle un consiglio sul da farsi. Lei mi diceva di tornare il più presto possibile a casa, dicendo che mia madre era stata così cattiva nella vita, che aveva avuto ciò che si meritava. Questo è tutto!

Il caso era da considerarsi risolto.

Non mi rimase che dichiarare in arresto Michele per l’omicidio di sua madre.

Poi feci condurre nel mio ufficio Paolo, informandolo che per l’occultamento del cadavere di Francesca avrebbe dovuto rispondere davanti alla Legge e che quindi avrebbe avuto un giusto processo anche lui.

Informavo il Magistrato della svolta delle indagini e finalmente potevo andare a riposare.

Mentre mi recavo nel mio alloggio, mi vennero in mente le parole che Francesca aveva detto a Michele quando lo incitava ad andarsene a casa sua. Gli aveva anche detto di portare con sé quello smidollato di suo padre ...

Ci avrebbe pensato la Legge a rispettare la volontà di Francesca, conducendo Paolo e Michele nella stessa dimora, non quella calda del focolare domestico, ma in una più fredda e oscura: la galera!

 

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Profilo Autore: Maurizio Vecchi  

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Commenti  

Debora Casafina
+1 # Debora Casafina 27-12-2011 09:46
Io non amo particolarmente il genere ma complimenti perchè è molto intrigante e vine voglia di continuare :-) ottima idea mettere il riferimento del libro da cui è tratto così appena possibile lo cercherò per finire il racconto :-)
Noa Amin
+1 # Noa Amin 27-12-2011 11:35
a me piacciono i racconti in giallo e l'ho letta con vero interesse..solt anto vorrei chiedere all'autore come può una Francesca descritta 32enne avere un figlio (l'assassino) già sposato...
credo vi sia un refuso nella pubblicazione, difatti ci sono anche degli errori nella coniugazione dei tempi dei verbi.
complimenti per i premi ricevuti!
Maurizio Vecchi
# Maurizio Vecchi 27-12-2011 15:13
Colpito! :sigh:
Come accade spesso per le prime opere, potrebbero esserci incongruenze nella narrazione e quella dell'età di Francesca l'avevo notata anch'io, nel rileggere l'opera pubblicata (ma era troppo tardi!). Spero che ciò non comprometta il mio futuro di scrittore! :sad:
Noa Amin
# Noa Amin 27-12-2011 19:30
ma dai...anche grandi autori come un attuale Camilleri son stati colpiti da queste piccole distrazioni, che poi si possono recuperare con riedizioni successive.
Comunque complimenti per la scorrevolezza del testo che cattura la lettura :-)

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