sgradito ai benpensanti
Algoritmo impertinente
intaccato dalle tarme
Granchio gravido di grilli
ridotto in salsa verde sopra piatti di Limoges
Ricordi roboanti intrisi di anisette
irrompono sgraditi nei discorsi da talk show
Ho sciolto semi secchi di semola cinese
tra geometri svedesi assunti dall'Ikea
per progetti fantasiosi di conigli con rotelle
e antenne per WiFi concesse dalla Tim
Maligni malintesi su merluzzi dissalati
azzardan giochi estremi
tra sedute di burraco
Orgoglio sadomaso
di un'alga spirulina
ridotta a mal partito
dai seguaci di Ferrè
Ciao, ciao, armadilli pretenziosi
con le borse in vera pelle di Gucci e di Vuitton
... lasciate ogni speranza
voi che avete la Green-card
mangiatevi una pizza e
scordatevi Grupon...
Se ne stava, squinternato
e poeta, con quella sua
penna d’angelo,
nel fazzoletto il cielo
d’una giornata d’arsura.
E se ne stava l’essere
celeste in disparte, come
a voler comprendere
d’una piuma il valore.
Per quanto contino
sulla fronte degli
angeli le gocce di sudore.
In un piccolo bar per uomini solitari
Dipinto da Magritte
E tu mi baci, col sibilo della musica che piove nei corridoi e scorre nella stanza
Poggiandosi sensuale sul pavimento illuminato dalla luna
Io, intanto, perdo il conto dei giorni
Li scordo, nelle sere calde di Maggio
E cerco il tuo volto senza trovarlo
Coppe tenute piene di scotch
Glendronach Revival invecchiato 15 anni
In un piccolo bar per uomini solitari
Mi svegliai in un sogno
Con la testa soffice
Poggiata sul bagnato
Una vecchia chiamava
Su di me si fionda, grida
Alla chiesa, al mercato
Che il pesce è fresco!"
E in viuzza i pescatori
E le donne in vesti di vela di barca
Fragili fantasmi, senza corpo, a passeggio
Sembrano le strade sol di chiese
E il mare si siede
Abbraccia le casette
che cosa mi è accaduto oggi,
un sole d’alba muta che sfondava
un cielo mai così visto sereno.
Avevo smesso di guardare fisso
le onde calme stiracchiarsi tutte
quando i miei già vispi occhi
posare li dovetti sulla spiaggia.
Una figura azzurro trasparente
intenta era a radunare armi,
essenze, creme d’ogni varietà,
cuori di pietra e muscoli a gogò
in un falò a ridosso della duna
senza improvvisati chitarristi,
senza amori da fare innamorare
e di brillanti stelle testimoni.
Mi accostai molto incuriosito
e giunto ch’ero al suo cospetto,
dietro di me il mare in apnea,
gentile, domandai chi fosse.
Sparì, l’anello dal mio lobo.
Lo vidi sciogliersi nel grande fuoco
in mezzo all’ultimo Manuale,
quello d’oggi, dei valori nuovi.
Ed ora che sapete questa storia,
di certo tutti vi domanderete
chi era quell’azzurro trasparente.
Vi dico che rassomigliava a Dio!
«Un cavaliere imprigionato nel tempo inesistente
narra alla sua spada d’amori, battaglie e perdute muse
e il vento del nord ascolta con loro
mentre le lacrime della notte
sbarrano l’ingresso alle grotte del mai…»
«Mia Iscandar non guardare al grigio delle rocce
che circonda i nostri cuori ma ascolta le mie storie
e sogna ancora una volta del nostro tempo»
Inebrianti profumi salirono da sperdute grotte.
Echi di silenti note invasero anfratti inesplorati.
Chiamai per nome il dolore,
attesi ninfee osservando acque di smeraldo.
Porsero a me dorati omaggi.
Schiusero mani per donare amore.
Nel fango morirono,
in attesa della passione.
Pianse il re Sole la perduta amante,
venne notte e i fiori di loto si schiusero,
senza essere visti.
Venne luce e corolle s'aprirono
a coprire segreti.
Mesto destino adornò bianche vesti
di fanciulle figlie della luna.
Nessuno ascoltò più i lamenti,
lamenti ascoltarono il canto del trapasso.
Dormirono ninfee nel profondo,
un sussurro alzò sabbiose dune.
Un vento lieve mosse trasparenze
e tutto s'acquietò in attesa del buio.
In attesa di lei...
«Dove sei mia Hydrusa,
di saggezza incontaminata fonte.
Di bellezza indomito corso.
Fa' che io veder possa gli occhi tuoi
per il trascorrere libero dell'anima tutta.»
Oh mio bosco di profumate tamerici,
lascia andare purezza.
Lascia immergere nei verdi flutti
la coppa delle meraviglie,
per dissetarmi dell’immagine sua
nel brindare con te all'eterna giovinezza.
Del tuo profondo in mistica posa
vanno di mimose gli arbusti
a perdersi in tormentato suo corso.
Tremule e pesanti le mani,
cedono i passi miei.
«Ma io verrò,
inseguendoti Hydrusa.»
Verrò verso il mare.
Senza concedere tregua
e dormirò nella grotta dei giganti
un immaginifico sonno.
Ascolterò l'inascoltato parlare
delle nebbie del mattino.
Sentirò risvegliarsi gli dei,
dall'alte rocce dei silenziosi dubbi.
Dai venti assaporerò
l'odor dell'isola di Zante.
Sarò tempesta e poi chete
donata alla tua sete d’amore.
Volerò nell'oscura danza delle falene.
Sarò Kalispera nel morire del giorno.
«Sagapò mia Hydrusa.»
Brezze fredde or portano lontano,
dal mio perduto sguardo.
E tu,
se ancora mi puoi sentire.
Dammi luce del tuo incanto
che calme brillino
le onde del mio pianto.
Vedo i bagliori del tempo
accarezzare le tue gote,
mentre l'oscurità scende
sull'inganno dell’esistenza.
Se questa è fine...
Sarò agognata fine,
tuffandomi dal promontorio
delle memorie impossibili.
«Sarò fine
in volo senza ali,
verso te
oh mia amata Hydrusa.»
«Mio signore ma dov’è Hydrusa ora»
«Fedele Iscandar ella è ovunque e in nessun luogo»
«Sorrise in silvestre luogo
il canto di lucenti raggi.
Mai trovò amore perso.
Mai il colore della passione
si svelò al crepuscolo della vita.
Tra ombra e chiarore
s'imprigionò l'essenza
e vite s'inseguirono
senza mai raggiungersi...
Nel comune destino
del non trovarsi.
E mai destino fu più crudele»
Ottenere la svolta spostando a poco a poco la molla che muove le cose,
credere che lasciare la vita libera dal fuoco, sia cosa onesta e giusta,
partire per andare
faticare per avere e mangiare le cose che il mondo lascia in parte per noi
creare rabbia e fatica per cose che l’uomo non capisce,
perdonare le cose per la loro scarsità,
mandare fuoco nelle vene per spargere aloni di mature parole di giustizia
non c’è luogo e cosa che ti calmi da questa ansia di perfetta densità latente
non si muore, non si cura, non ci sono le parole per spiegare ma la gentilezza è falsa,
dura e cruda la realtà, non si ferma contro i muri, li abbatte a spintoni per passare,
è forte,
è pura la natura
con infradito chiodati
Ho mangiato tonno all'olio solare
con pomodori sardi ed anche sordi
Ho usato dentifricio catramato
al sapore di cetriolo
Ho giocato con aquiloni bucati
e palle da tennis rivestite di piombo
Ho sezionato cuori di carciofo
ma non ho trovato l'aorta
Ho rotto duecento uova
ma non ho trovato nessun pelo
Mi hanno arrestato perché avevo
giocato a tressette col morto
Penso che presto dovrò
cambiare spacciatore !!
là dove è nuova la luce dell’alba,
mi soffermai a pregustar la scena
volgendo gli occhi all’eterea via.
Immensa, di persone pullulava
e di germogli a divenire fiori
al primo tocco della fantasia
quando li vuole contemplare schiusi.
Ed altro catturò la mia attenzione
in special modo uomini smarriti
e donne, anch’esse un po’ disorientate,
alla ricerca del ritorno duro.
Possibile, mi domandai sorpreso,
che dopo averlo anelato a lungo,
quasi al cospetto del mistero bello
vi sia la ritrosia ad accettarlo?
In mano a quella gente vidi zolle,
di mare gocce dentro delle ampolle,
la neve scivolare sui mantelli
e di sei petali su ogni petto un fiore.
Nel cuor di quegli umani vidi infanti,
adolescenti in cerca del futuro,
adulti a caccia del miglior presente
e vecchi, di nostalgia ammalati.
E un sussulto ebbi alla conferma
di essere non solo ad amar la vita,
di appartenere a quella folta schiera
per cui attender deve, il Paradiso.
mi stacco in corsa dal carro della vita
e barcollando al centro della strada
mi infilo ignaro in dedali cortesi.
Sentite cosa m’è accaduto oggi.
Andando per la Via della Speranza,
in un mattino sera e notte insieme,
giunto ch’ero al chilometro duemila,
a destra un folto bosco di scintille,
a manca il lido degli amori azzurri,
mi sono ritrovato steso a riva.
Da naufrago che tal vuol rimanere,
ho avuto in dono dalla buona sorte
la condizione di parlar con Dio
e immaginate quindi tutto il resto.
Da lì a qualche secolo di pace,
son stato circondato all’improvviso
da stelle e primavere incuriosite
e a loro ho raccontato i sogni miei.
Poi, imbambolato e tutto a un tratto
mi son trovato tonto al bel cospetto
del mare contenuto in una goccia,
che mi ha ospitato a lungo nei fondali.
Tornato alla mia sponda sbalordito,
ammesso non bastasse l’accaduto,
ho avuto regalata l’emozione
di riabbracciare, come fosse viva, mia madre...
*
P.S.
L'ho scritta nel 2007. Ovviamente, 35 Agosto 2007, è un giorno inventato, un giorno impossibile nel quale si libera il gusto della libertà interiore e del sogno...
non lascio i sogni che mi stanno addosso.
Ho detto basta e non affido al tempo
il dispiegarsi delle aspirazioni.
Distratto guardo tra un sonno e l’altro
la luce quando picchierà sul muro
e conto intanto il numero dei giri
seguendo il lungo volo del gabbiano.
Immane, ecco un sorriso farsi largo,
le corse a perdifiato lungo il molo,
il placido solcar acque lontane
di un veliero o forse no… è un gozzo.
Riverbero nessuno alla finestra
molesta nel frattempo l’abbandono.
E’ chiaro che lo scuro tiene banco
e già m’appresto a ritentare il volo.
Mi trovo adesso al centro della Terra
e i battiti del cuore più non sento
così come li sento all’apparire
di bionde trecce dietro al davanzale.
Desista l’alba dal venire presto
a far distrarre il principe e l’amore.
Nel letto mio mi giro e mi rigiro
e chiudo gli occhi per vedere meglio.
Quasi a sfiorar la non ombra di Dio,
ho volato nell’ultimo infinito
e cosa importa se un sogno è stato
o se si creda o no a quanto dico.
Di piombo, le mie ali protendevo
del colore rubato ad un tramonto
e la terra ho visto da quel punto
pianger finalmente di vergogna.
Anch’io…
c’ero anch’io in quella ressa.
*