Quello che leggerete
sono le ultime quattro dedicatorie
di un vecchio taciturno che attese
la sua naiade tra elegie e ninfee
nella scrittoria lungo una gora.
Al mattino salutava i nannuferi
in fiore, e si accompagnava dove
Etna divenne il frutto divino della
fusione tra cielo e terra, figura
che cima verso la volta, e la sfiora.
Sedeva sulle grosse radici,
e i piedi era come se penetrassero
nelle profondità della terra.
Quel giorno osservò un legno
che galleggiava arso e fuligginoso.
Quando Pan suonò il flauto divino,
echeggiando l’armonia del silenzio,
i fiori di loto mossero
passi di danza
cantando in modo melodioso.
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