Orfana di guerra , aveva iniziato a lavorare in una piccola sartoria per sostenere economicamente una zia paterna che l'aveva accolta in casa sua, più per pietà che per buon cuore. Quando ancora correva con le sue treccine sballonzolanti sulle strade del suo paese natio , avrebbe desiderato anima e corpo intessere trame di storie come la mamma da quel poco di farina e acqua magicamente tirava fuori il pane. Il pane che simboleggiava la vita ormai perduta. Invece poco più che adolescente si era trovata ad intessere maglioni per pochi spiccioli ed estenuanti ore piegata sulla Singer. La Singer le aveva ricordato subito sua madre. Di tanto in tanto, all'avvicinarsi della pausa, per un istante chiudeva gli occhi e provava ad immaginare un ' altra vita, il ticchettio della Singer diveniva il ticchettio dei tasti della sua macchina da scrivere. " Hai la testa piena di inventiva e idee , soffice come lo zucchero filato! E questo non che sia un vantaggio per una ragazza povera!" Le facevano ancora battere il cuore, le parole di sua madre. E proseguiva " Ma chi te le ha insegnate tutte queste belle parole? Chi le ha scritte?" La madre la guardava stupita " non io mamma, le ha scritte la vita" . Le voci dalla strada la fecero tornare alla realtà, il suo era solo un sogno rapito.
Dell'esistenza di Dio Lea ne era certa . Lo percepiva , come se stesse vivendo un sogno lucido, nel quale lui le era vicinissimo, come un amico d'infanzia con il quale non si era mai perso il contatto, tanto quanto sorella morte . Un giorno, mentre dormiva , di soprassalto come se arrivasse dall'oltretomba, venne destata dalla voce rude della kapò. "Ghe schell, ghe schell! " . Tentò di tirarsi su , ma le gambe non rispondevano ai suoi comandi.
" Che diamine fai ? Razza di deficiente, alzati! " Le disse trascinandola di prepotenza fuori e inveendo contro di lei. " Vuoi crepare? E crepa! A me poco importa !" Aveva proseguito prendendo il respiro , poi si rivolse lapidaria verso le altre che erano già schierate in file da cinque: " Ma che aspettate a morire? Sarebbe la scelta più azzeccata per entrambi le parti ! A noi facilitate il lavoro e voi ve ne andate lontano da questo schifo, lontano da questa non vita! "
Lea era troppo stanca persino di pensare, esausta di sperare, ma guardando le spighe di grano più vicine al sole, le vibrava in petto il desiderio di continuare a vivere nell'integrita' del suo spirito.
Quando tornava alla capanna si rifugiava nei ricordi della sua bimba " Layla " , dormiva appoggiata con le mani al maglioncino che lei stessa gli aveva cucito, nella speranza che quella creaturella tornasse da lei , come un sogno rapito che poteva tornare da un momento all'altro a colei che lo aveva generato.
" Layla", ( che sia in ebraico che in arabo significava " notte") ma come le era balenato in mente quel nome ? Un nome onirico, un luogo fiabesco, una lingua arcaica , che prendeva vita solo tra le labbra di sua madre e lei non aveva mai visitato realmente,se non con il pensiero.
A suo marito quel nome in un mondo pieno di " Carmela e Maria" era parso ridicolo e come dargli torto ora che, forse a causa di quel nome dalla matrice utopica , il suo bambino si era ormai tramutato nel vento?
Quando sua figlia era scomparsa al suo sguardo, si era affannata a ritrovarla a tutti i costi, piangeva giorno e notte e il sonno non le puliva le palpebre dalle lacrime , il maglioncino ritrovato nel cumolo di panni le acutizzava il dolore, un fardello asfissiante da trasportare, che non le permetteva di fluire con la vita e le comprimeva il petto sempre più .
Si ricordo che quando era da poco arrivata al campo, era stata sollevata nell' incontrare una certa Miriam che le ispirava fiducia, sperava che potesse sostenerla e ora, rivedendola , la supplicava col cuore in gola: " Ti offro questa fetta di pane che e tutto quello che ho, ti prego dimmi dove è mia figlia!"
" Ecco vedi quel fumo laggiù?" Le domandò con una smorfia beffarda in viso " bhe non ti resta che cercarla in quel fumo tua figlia!" In quei luoghi dell'orrore, la morte e la vita danzavano all'unisono come due facce della stessa medaglia e tanto amara era l'illusione di quella non vita, quanto dolce il pensiero della morte. Vivere o lasciare in un istante il piano terreno era indifferente. Nei cieli abitati dal Creatore non esiste la dualità.
Anzi Lea credeva che il trapasso portasse ad una nuova e stupenda esistenza e le anime dei defunti fossero più vive di tutte le altre incarnate sul pianeta. Per questo poco prima di lasciare il corpo , di notte usciva fuori da esso, il suo animo si posava sul soffitto e osservava tutto dall'alto. In quello stato l'enorme sofferenza che stava patendo non la turbava più, era solo una prova che le metteva difronte la vita terrena, circoscritta solo a quell'esperienza. Lea si sentii avvolta da un alone di luce abbagliante di un blu intenso, un abbraccio come non ne aveva mai ricevuti , volo' tra le braccia della figlioletta . Ora era un alone di luce oro che agli occhi umani è sconosciuta e indescrivibile, ma che tutti possiamo percepire con gli occhi del cuore. Lei si era fatta piccola piccola nel raggiungere quell' essenza d'amore universale emanata dalla figlia . Ora chi era l'adulta e chi l'infante?
Quando
la coltre coprirà lo spazio.
vestirò di grigio il mantello
e tante goccioline sulla pelle,
sudario a coprir il volto.
Quando
il vuoto empirà
di avvizziti fantasmi gli occhi
vaganti ricordi sbiadiranno
la tela del passato,
andrò sospirando.
Quando
nella notte silenziosa,
fiammelle si spegneranno
sarò sola nella silente valle.
Quando
l’orizzonte diverrà, dipinto appeso al cielo,
luna e stelle a colmar vuoto,
e occhi avranno luce,
non avrò parole per scrivere, la
pagina resterà bianca.
Quando
sbocceranno viole nei boschi
crepuscoli a colorar il firmamento
gemme a colmar chiome d’alberi,
prati imbiancati di margherite,
papaveri ad accender fuochi,
grida di bimbi nei giardini,
conchiglie a cantar nel mare,
ed onde a sbatter su riva.
Come farò se non avrò sete e fame,
solitudine avrà invaso il cuore,
e sentimenti a tacer per sempre,
detterò l’ultime parole,
non disperate se negli occhi avrò la neve,
la primavera non avrà il colore delle rose,
ed avvolta nel silenzio della solitudine
vi guarderò e non vi riconoscerò.
Sappiate ch’io volo verso il paradiso,
e qui lascerò le ali.
7 novembre 2012
Michele: "e come no Mi. Spensierati e senza problemi. E non mi rompere che sei giovane, hai ancora il mondo in pugno!"
Mike: "il mondo può anche trasformarsi in delle mosche, Michè"
Michele: "scusa ma com'è che sei finito così, solo e umiliato?"
Mike: "sarà andato storto qualcosa Michè, ma ch' c' poss fà? il lavoro che ho è buono, la paga è buona ma mi sfinisce mentalmente: 'a gent è cattiv"
Michele: "ti ricordi cosa dicevamo sempre? non lasciare che nessuno ti tolga la serenità!"
Mike: "né Michè, pensi sia facile? Ora con tutta la responsabilità e le aspettative di mamma e papà, dovrei buttare via tutt cos e fare un salto nel vuoto?"
Michele: "penso che se ci riuscirai saranno fieri di te, Mi"
Mike: "e che mi dici del mutuo, le assicurazioni, la macchina, le spese: e 'sord Michè, e 'sord, non crescono sugli alberi"
Michele: "e ch' vuò fà Mi, restare nell'ombra tutta la vita?"
Mike: "no, però aspetto l'occasione giusta, aspetto che la vita mi sorrida"
Michele: "eh no Mi, la vita non deve sorriderti, si tu ch' l'e fottr"
Mike: "la fai facile tu Mi, sei il me stesso da piccolo, che ne sai tu della vita"
Michele: "antipatico! guarda che io sono te e so quello che provi, e poi sono passati solo 15 anni"
Mike: "vabbuo va.. vediamo di uscire da questa fogna e diamoci da fare Michè, rendiamo fieri mamma e papà"
Michele: "e jamm ja, datti da fa, Mi"
Traduzioni napoletano-italiano:
"ch' c' poss fa?" : che ci posso fare?
" e sord ": i soldi
" si tu ch l'e fottr ": sei tu che la devi f**tere
" e jamm ja": e dai, forza
La vita è come una mela, c'è chi la mangia voracemente e chi la morde pian pianino: in entrambi i casi, alla fine si rimane sempre con un torsolo mordicchiato tra le mani. Col passare del tempo, si assottigliano le aspettative e si chiede sempre meno: brevemente, nel sunto della vita, nella speranza di allungare le giornate, si cerca un modo per vivere con maggiore intensità. Purtroppo le forze vengono a mancare e così si va alla ricerca di valori. Si ha bisogno di amore. E ci rimani male quando ti accorgi che in giro c'è tanta cattiveria e disonestà. Vedi che tante persone scazzottano fra loro per contendersi cose e oggetti di scarso pregio e gettano via pezzi di gioventù, per inseguire un fumoso nulla. Così rigiri fra le mani i tuoi oggi e ti accorgi che quel torsolo di mela non è poi tanto male. Mangi lentamente e intanto vedi le farfalle svolazzare e attorno a te i fiori profumano e sbocciano ancora. Così pensi: se tutto questo è oggi; allora mi vivo i miei giorni così come vengono e non penso più ai domani. In fondo...ora è oggi e anche se non è un "per sempre" vale comenque per ora o per tutta la giornata. Intanto mi vivo il presente, al futuro ci penserò poi.
Camminando su intrecci di liane sospese...nel vuoto incedo tentennando. Sotto di me c'è un incolmabile vuoto zeppo di fantasmi sbiaditi, che ipocritamente supportano e sostengono apparenze e finzioni. Fra santi imprecanti e madonne deperite e afflitte, cerco acqua nei deserti e calore negli animi freddi. Ora voglio affrontare i tumultuosi temporali della mia anima, burlarmi dei miei timori e andare alla ricerca di arcobaleni. Osservo intenerita merli dal becco giallo che intrecciano fili d'erba per farne nidi. Desiderando verdi aspettative, anch'io depongo le mie speranze nei rami della vita: covo freschi domani in attesa che si schiudano. Qualcosa di nuovo m'induce a camminare su archi di luce. Così lontani mi paiono vecchi carri di cartapesta che continuano invano a sfilare e a mostrarmi antiche allegorie. Rivedo i soliti volti mascherati di ipocrisia; ma non ne sono attratta: sono stanca di ascoltare bugie. M'incammino sul mio tappeto di cristalli e riflettendomi in esso, finalmente ritrovo la mia immagine. Indosso un paio d'ali e non temendo più il vuoto, spicco il volo. Plano sugli alberi del tempo e raccolgo frutta: sui rami qualche frutto è ancora troppo verde, (li coglierò domani) a terra frutta marcia (occasioni perse ieri.) Raccolgo solo ciò che è buono. Intanto che commedianti indossano abiti di scena e cambiano maschere, conformandosi alle circostanze; io vestita solo di me stessa e alleggerita da inutili zavorre, assaporo il dolce sapore della libertà di scegliere: senza ipocrisie, senza compromessi, né sotterfugi. Abbraccio il tempo che mi rimane e amo solo chi mi merita. Il mio tempo è prezioso: il superfluo lo lascio a chi ha tempo da perdere.