Forte al seno
trattieni bimbi addormentati
e latte come fiume che scorre
per saziare
madre pura come giglio
nei tuoi occhi veglia il sonno
che non riesci a provare
dal tuo ventre creature sono nate
tra i singhiozzi respirando a fatica
le tue labbra colme di baci
per cullare san di miele e dolci ninne
sei smarrita
e a loro tu ti stringi
trai forza dai virgulti
che con occhi estatici osservano
piccole farfalle le manine
s'aggrappano a te
e ti stringono piu' dei lacci
son cordoni ombelicali
che mai più recidere dovrà
sei amore puro, amore vero
infinito e senza fine né peso
e dai suoi quindici anni se lo modellava.
Glielo portò la sorte e lei gli aprì le porte.
Snobbò tre figli e moglie, i sette lustri in più,
il logico effetto di gelosia e sospetto,
valor di gioventù, di libertà e diletto,
e che l’invaghirsi non era come amarsi
Se pur in gabbie d’oro fu magro que tesoro.
Per la giovinetta il tempo ebbe fretta,
a soli quarant’anni le strappò l’alloro.
Si ritrovò sbranata da nuda libertà,
ed ebbe l’impressione non fosse più realtà.
Meditò parecchio la voglia di rivalsa,
tutto da rifare, nessuna mossa falsa
e consultò lo specchio di tanto tempo fa:
ma non trovò la bella di quel tempo in là.
Si riscoprì disfatta, inutile, inservibile
le sembrò incredibile ma era verità.
La realtà passata l’aveva consumata
ormai il gioco dolce e il peso allor leggero
non le sembrava vero, ma era gravità.
Si rattristò, ne pianse, si ritirò per sempre,
da quel fatal settembre mai si perdonò.
Giorni da inventare
Ma la svolta è dietro l'angolo
Le luci tornano ad illuminare
I vuoti si riempiono
Le difficoltà
Il tempo
L'anima torna
Con i sorrisi
Si ritorna
Ho ancora le tue parole
Che mi echeggiano in testa,
sento ancora la tua voce,
nonna;
e in tutti questi anni,
nessuno è stato
solo come me,
senza di voi,
nonna,
se potessi rivederti,
e non ci lasciassimo più,
quanti rimpianti
e rimorsi,
quante cose vorrei dirti,
e chiederti scusa,
nonna,
pensa a me ,
dove sei.
viveva in compagnia,
suo unico piacere,
di libri e di preghiere
e coi suoi novant’anni con cui parlava spesso.
libando al buon Barbera,
costante li curava e se ne compiaceva.
Trascorreva il giorno a leggere e a pregare,
ma, costumava a sera parlare con Gesù.
Una di queste disse:
<Signore Onnipotente,
Tu sai che la tua serva ormai non vale più,
sono pesante e zoppa, curva nella groppa,
il mio cuore frena e m’offre poca lena.
Anche se poco vedo, provvedo alle mie cose,
innaffio le Tue rose e tanto mi consola
legger la Tua Parola.
Il mio orecchio è sordo, ma sento quel che dici,
di quei tanti amici rimani solo Tu.
Ora vorrei pregarti, permettermi di osare:
se dovrai bussare per caso al mio portone,
vorrei farti passare qualche metro appresso,
di là c’è un altro ingresso.
dai bordi di una notte malandata,
il sole sembra tendersi a rilento
sul passo della luna sconsacrata.
La voce tua rimbalza da un pensiero
all'altro fino in fondo alle radici
dell'anima, dei sogni più felici
da cui nascesti all'ombra del mistero.
E penso che sei tu la mia Poesia
più bella, quella scritta sopra un velo
di cielo per tenermi compagnia
nei versi del suo più prezioso assolo.
E penso che sei tu la meraviglia
di questa vita stanca di vagare
nei giorni che si affogano nel mare
del tempo...sei l'aurora che mi abbaglia.
se questo leggerete.
Se si potesse fare,
potreste risparmiare:
marcirei sotto quel pino
a due passi dal giardino,
ma scavandomi la fossa
vi spezzereste l’ossa.
Vi voglio precisare:
non son rare le mie cose,
ma di certo molto care.
La casa svendete
e il riscosso spartirete.
Non vi parlo dei miei libri,
affidateli ad un tarlo;
il mobilio lo buttate,
non dei letti le testate;
qualche quadro è di valore
non per un ricettatore.
Non avrete alcun gravame
per la cassa e il falegname
ho disposto già l’incasso
delle spese del trapasso.
Non parlate dell’evento,
son contento che ci sia
poca gente ed armonia.
Non vi chiedo cose strane
resterebbero poi vane;
solamente io vorrei
e a questo ci terrei:
che quel vostro disaccordo
fosse solo un bel ricordo.
È l’augurio che vi faccio
e a voi l’ultimo abbraccio.
· Caro, dopo cena, faremo la prova costume.
· Come ? Cosa facciamo ? – dissi inebetito guardandola negli occhi, smarrito -
· Facciamo quella prova che si fa per vedere se il costume dello scorso anno ancora è buono.
· Ma io non l’ho mai fatta…perché dovrei, d’altra parte, sono sempre lo stesso, non sono ne ingrassato né dimagrito.
· Ah, si ? E quella panza che ti porti appresso da dove spunta ?
Mi guardo e la vedo. Terrore ! Cerco goffamente di tirarla indietro, inspirando, ma quel demonio di mia suocera si avvicina e mi conficca un artiglio proprio li, provocando un’espirazione tremenda che manda metà della minestrina sulla tovaglia ! Al che mia moglie prende la palla al balzo e mi chiede di andare in camera a misurare il costume.
· Ma come - obietto- devo ancora cenare.
· E cosa vuoi cenare di più ? Metà minestra l’hai buttata sulla tovaglia e di secondo…non ho fatto niente, immaginavo che saresti dovuto dimagrire !
· Ma come, io non ho buttato niente è stata tua ma…
· Mammina non sarebbe capace di tanto, ma, si sa, quando bisogna trattare male qualcuno tu pensi subito a lei, la mia dolce mammina che non farebbe male ad una mosca.
E giù la prima lacrimuccia che se l’avesse vista Bobby solo, non l’avrebbe più cantata quella bella canzone ! Mestamente, andai in camera ad adempiere al mio dovere. Avevo appena smesso i pantaloni che la porta si apre spalancandosi e madre e figlia fanno il loro ingresso.
· Hai fatto, caro ?
· Chiudi la porta e caccia tua madre, meglio ancora, apri la finestra e falla uscire di la ! Sono ancora in mutande.
· E che sarà mai. Mica mia madre ti guarda e anche se lo facesse….
· …non potrei più rispettare i doveri coniugali ! Via ,via.
· Ecco vedi che pancione ! Non ti può stare. Ah ma domani a dieta.
Rientriamo in cucina e mi trovo a raccogliere le briciole sul tavolo. Avevo fame. Ma nuvole minacciose si addensavano all’orizzonte e la pioggia cadeva solo su di me. Il colmo lo raggiungo quando la mia dolce metà, con tutto il candore di cui è detentrice, mi dice :
· Caro, a proposito, quest’anno dove ci porti, al mare o in montagna ?
tristezza...
Una valanga, una tempesta
che arriva in un giorno di sole.
Impotenza...
Le lacrime scavano il viso.
Il dolore si ripresenta
nella mia famiglia.
Dolore
per la scomparsa del caro zio.
Sofferenza per non poter
stare vicina alle care cugine.
Tristezza per non poter
dar loro un abbraccio di conforto.
L'abbraccio
della famiglia
CIAO ZIO.
che volge sempre lo sguardo verso la luce,
cosi lei, segue me
senza perdere lo sguardo all’orizzonte.
Come una formichina
piccola, fragile, indifesa
ma con un grande cuore,
pronta a difendermi,
in ogni istante, dalle insidie della vita.
Anche quando lei non c'è
la sento sempre accanto a me.
Ti voglilo tanto bene mamma
N.B.
Versi di mio nipote Ugo, 12 anni; I° premio poesia nella sua seconda media.
con la forza nelle mani
e la rabbia nel cuore,
cambiando rumorose vite e i randagi cani.
La collisione di lacrime e parole
tra le urla il suono di tempi verbali,
Lei piange da sola contando le ore
fino al sole di un altro domani.
luccican sotto il ponte
fra le sue gambe nude
coperto da catrame
lembi di verdi rinverditi
s'inginocchiano per bere
aria fra le ruote
sventolano uniche foglie
ancora affezionate ai rami
panna di nuvole nel rimescolare
migrano i gabbiani
la croce di S.Andrea
a singhiozzo
sfinita dai pericoli
guarda la luce rossa lampeggiare
la forma di un treno senza colore
nel suo avanzare
Biciclette, stanche nel passo
riportano a casa studenti e genitori
molti altri
esausti attori
Il buio arancio, del sole sparito
chiude il tempo in una bottiglia
pronta sul tavolo
con fumanti pietanze
al ritrovarsi della famiglia