Quando da queste mani aperte
il mare è lontano, lontanissimo,
nell’ora della calma solitudine
io guardo sempre il cielo.
Non più l’onda dei primi sogni
dentro i grandi occhi scuri
né l’imponente nave americana
da seguire fino a non vederla più.
Ora, qualche azzurro su di me
e nuvole ad imitar le spume
me lo ricordano, quel mare.
Ma non è la stessa cosa, non è.
Assente è la notte del falò migliore,
acceso sottovoce sulla riva amica
coi rami secchi a sfiorare l’acqua
e poi vedere quant’eravamo bravi.
Falchi e puledre disposti a mezzaluna,
tutti a bruciare i giornali dei grandi,
tutti a fissare il rosso che cresceva,
la stanchezza messa un po' in disparte.
L’amore, allora, si muoveva in fretta,
al solo accenno d’uno sguardo appena,
al primo vento di confuse tenerezze,
al passo lesto dei migliori anni.
Commenti
Col suo carico di nostalgia e una certa malinconia.
Un mare infinito negli occhi e nel cuore.
Ciao, da Ibla.