La donna sotto la pensilina chiudeva gli occhi,
nascosti dagli occhiali,
per prendere il sole aspettando il treno.
Stava per piovere.
Tutti accennavano a correre,
a scendere, ma le loro borse erano pesanti.
Fluivano pensieri semisciocchi,
la paura del controllore, dell'anonimato,
dell'impossibilità di difendersi con il potere
se fosse successo qualcosa di irritante.
Il treno si era logorato in poco tempo,
la ragazza di fronte sentiva il peso della retta,
quello del tempo. Il ragazzo accanto, in carne,
sembrava imbarazzato ma felice
che una così, sconosciuta, non si fosse vergognata
di sedersi vicino a lui.
Qualcuno di loro avrebbe scritto una tesi interessante,
un saggio premiato, una storia di importanza stagionale,
qualcuno sarebbe addirittura riuscito ad andarsene.
E poi c'eravamo noi: i loro miseri immortalatori
per immortalare noi stessi.
Eravamo quelli consumati dall'educazione dei sensi,
di fattura fittizia e miopi un po' per moda scarsa
e un po' perché tutto ciò che riuscivamo a vedere
erano le 7 di sera.
All'arrivo, il treno perdeva persone
così come un cervo ferito perde sangue.
Saluti ponderati fra chi si era sempre conosciuto
solo e soltanto di vista.
Anche quel giorno eravamo stati fregati con la violenza,
con la raccomandazione di non sputare nell'oblio.
nascosti dagli occhiali,
per prendere il sole aspettando il treno.
Stava per piovere.
Tutti accennavano a correre,
a scendere, ma le loro borse erano pesanti.
Fluivano pensieri semisciocchi,
la paura del controllore, dell'anonimato,
dell'impossibilità di difendersi con il potere
se fosse successo qualcosa di irritante.
Il treno si era logorato in poco tempo,
la ragazza di fronte sentiva il peso della retta,
quello del tempo. Il ragazzo accanto, in carne,
sembrava imbarazzato ma felice
che una così, sconosciuta, non si fosse vergognata
di sedersi vicino a lui.
Qualcuno di loro avrebbe scritto una tesi interessante,
un saggio premiato, una storia di importanza stagionale,
qualcuno sarebbe addirittura riuscito ad andarsene.
E poi c'eravamo noi: i loro miseri immortalatori
per immortalare noi stessi.
Eravamo quelli consumati dall'educazione dei sensi,
di fattura fittizia e miopi un po' per moda scarsa
e un po' perché tutto ciò che riuscivamo a vedere
erano le 7 di sera.
All'arrivo, il treno perdeva persone
così come un cervo ferito perde sangue.
Saluti ponderati fra chi si era sempre conosciuto
solo e soltanto di vista.
Anche quel giorno eravamo stati fregati con la violenza,
con la raccomandazione di non sputare nell'oblio.
Commenti
Bravo.
Ciao.
A presto.