Dopo due giorni di pioggia ritornò il sereno. Sul terrazzo, pensai che era la giornata perfetta per intraprendere una qualsiasi attività sportiva all’aria aperta. Il sole risplendeva caldo in quel cielo privo di nuvole. Il vento, seppur leggermente fresco per via della pioggia caduta, non arrecava fastidio. Fu esattamente quando beneficiai del calore del sole che il cellulare squillò. Data l’ora mi parve impossibile si trattasse veramente di lei.

“Clara…”.

“Luca…”.  La voce più dolce e delicata del solito; quasi come un sospiro.

“Ti andrebbe di fare un giretto in bicicletta?”. Da qualche tempo i miei battiti cardiaci assomigliavano a quelli di un cardiopatico.

“Ma… non sei al lavoro?”.

“Ti ho detto che ho un sacco di ferie arretrate”. Ebbi l’impressione di fare troppe domande in quel momento.

“Oh, io beh… si! Volentieri!”.

“Vieni qui tu? Poi andiamo sulla pista ciclabile?”.

“Ok! Andiamo verso Boffalora?”.

“Si, certamente”.

Rimasi sorpreso da tale proposta e tutto mi sembrò incredibile. Anche se stavo per uscire con la mia migliore amica, sentii l’insopportabile tensione tipica dei primi appuntamenti. Ci fu di buono che Lucia ottenne un permesso al lavoro per far visita ad una sua zia moribonda. La zietta era ricoverata all’ospedale di Novara, quindi Lucia non sarebbe tornata prima di cena. Se avesse udito la telefonata, la sua gelosia sarebbe esplosa ai quattro venti; di Clara era gelosa più di ogni altra donna al mondo.

Esattamente alle 14.30, seduto sulla sella della mia bicicletta la vidi uscire dal cancello di casa. Per l’occasione calzò delle scarpe nere da ginnastica alte, dei leggings di colore grigio e una maglietta smanicata di “Zjevenì” dei Root. I capelli li raccolse come quella sera della cena, con l’eccezione che erano tornati a risplendere dello stupendo biondo naturale. Per riparare i suoi graziosi occhi dai raggi del sole, portò elegantemente degli occhiali neri. La sua inseparabile borsa nera occupava il cestino dell’Atala bianca, mentre io non portai nemmeno una bottiglietta d’acqua.

Affrontando le strade dissestate di Inveruno, pedalammo fino a raggiungere la pista ciclabile. Mi accorsi che ancora nessuno dei due aveva realmente parlato se non per rispondere alle solite domande di rito.

“Roberto sa che scrivi?”. Le domandai all’altezza di Marcallo Con Casone.

“No…”. Dalla sua risposta capii che la domanda le diede un po’ fastidio.

Nei pressi di Boffalora lo scenario intorno a noi cambiò. Affrontando la discesa di uno stretto ponticello, ritrovammo il Naviglio Grande alla nostra destra. Qui il venticello divenne più fresco e le persone aumentarono : chi come noi pedalava in bicicletta, chi correva a piedi e chi passeggiava con il proprio cane.

La nostra pedalata proseguì fino a Turbigo : un lungo percorso che essendo personalmente fuori allenamento, mi sfiancò. Vista anche la stanchezza di Clara decidemmo di fermarci a riposare. Alle spalle della panchina montata sul lato destro della pista, vi era un sentiero in discesa che proseguiva in un bosco di acacie.

“Non facevo una strapazzata così da tanti anni”. Disse lei con il fiatone. Frugando nella borsa prese la bottiglietta d’acqua che aveva portato da casa, ancora miracolosamente fredda. Terminando di dissetarsi con un lungo sorso la porse tra le mie mani.

“Se è per questo è anche tanto tempo che non beviamo dalla stessa bottiglia!”.

Togliendosi gli occhiali da sole, accennò un sorriso : “Già, come quando tua mamma non voleva perché diceva che così si prendono i microbi”. Ridemmo entrambi ricordando le frasi premurose di mia madre.

“Lucia lavora?”.

“No, è a Novara a trovare un zia. Torna per l’ora di cena. E Roby?”.

“E’ in azienda, non l’ho ancora visto oggi!”.

Ancora quei brividi in tutto il corpo, sempre più intensi.

“Hey!”. Alla sua esclamazione quasi sobbalzai. “Perché non andiamo giù per il sentiero del bosco?”.

“Ma non abbiamo le bici adatte…”.

“E chissenefrega! Andiamo a piedi!”.

Non si trattava di un lungo tratto anzi, la camminata fu piuttosto breve e per niente difficoltosa. Al termine del sentiero boscoso fece comparsa un grande campo di papaveri; Il loro colore rosso spiccava intensamente sotto i raggi del sole. Quando la stradina proseguì curvando, intravidi in lontananza una costruzione in legno.

“Quella cos’è?”. Domandai alzando gli occhiali da sole.

“Non so, andiamo a vedere!”.

Nel lato sinistro della strada sorse una casetta costruita sul prato verde.

“Benvenuti al pensatoio della vallata”. Con stupore lessi la scritta multicolore. Essa era posta frontalmente su di un asse di legno scuro.

Le pareti esterne erano ricoperte da centinaia di fogli bianchi. Ognuno di essi retto da nastri adesivi e puntine, presentava diverse calligrafie e messaggi. Leggemmo poesie brevi, messaggi d’amore ma anche lettere di speranza, gioia e dolore.

“E’ così romantico non trovi?”. Disse Clara sfiorando un piccolo foglio dove vi era disegnato un cuore rosa con le iniziali “F” e “G”.

“C-cosa?”.

“Venire qui, in mezzo alla natura e tracciare i segni dell’amore. Chissà come si sono sentite felici certe persone, almeno per qualche minuto, un’ora. Forse per tutta la vita”.

“Tu non sei felice?”. Lei si girò di scatto verso di me.

“Questa è una delle tante domande a cui non so rispondere…”.

Subito dopo, colta dalla distrazione, la vidi inciampare in un piccolo tavolino posto nei pressi dei gradini che rialzavano la casetta. Con una smorfia di dolore si sedette immediatamente sul secondo gradino.

“Oh no! La caviglia…”. Disse seccata portandosi le mani intorno alla scarpa sinistra. Quando liberatasi dalla scarpa tolse la calza nera, notai un leggero gonfiore intorno alla caviglia.

“Non muoverti!”. Schizzai verso la sua bicicletta estraendo la bottiglietta d’acqua dalla borsa. Alzandole lentamente la gamba la applicai alla caviglia indolenzita.

“Ora aspettiamo qualche minuto”. Le dissi estremamente imbarazzato di stare in quella posizione.

“Va già meglio Luca…”.  Vociferò adagiandosi sul gradino mentre le tenevo ancora la gamba sollevata.

“Potrei andare a fare il fisioterapista!”.

“Tu hai sempre saputo fare molte più cose di me”.

“Non è vero. Non stiamo mica facendo una competizione!”.

“No, volevo solo dirti… grazie”.

Una folata di vento andò a scompigliarle i capelli. Avvertì fastidio per quella ciocca bionda che le copriva l’occhio sinistro. Allungando la mano, andai ad anticipare la sua che si fece strada a spostare i capelli. Le nostre mani si incrociarono. Quel delicato e piacevole urto si tramutò in una dolce e innocente stretta. I disegni che accennarono le nostre mani furono pieni di calore e ricchi di sfumature. Appena vidi la fede nuziale, interruppi per un attimo la nostra dolce danza.

“Io…”. Il mio sussurro la fece avvicinare, mentre delicatamente appoggiai il suo piede sul gradino. Il suo volto cercò le mie labbra per ascoltare quelle parole che si erano strozzate in gola.

“Io… volevo dirti che…”. Il piacevole sentore di cannella tornò nuovamente a deliziare il mio olfatto.

“Lo so… anch’io…”.

Tutto divenne buio. Una sensazione di bagnato sopra le labbra e dentro la bocca. La sua passione mi travolse di sorpresa. Dapprima lento e sensuale, il nostro bacio divenne intenso e focoso, quasi violento. Le sue braccia strinsero il mio corpo, facendo si che avvicinanandomi alla sua piccola bocca, ne avrei esplorato l’interno più amorevolmente.

Il suo abbraccio fece intendere che per nessuna ragione al mondo mi avrebbe lasciato andare. Quelle mani vollero stringere la sicurezza e la protezione che erano andate a cercare per anni. Senza interrompere il movimento delle labbra, andai ad accarezzarle la schiena. I miei palmi avvertirono gli abbondanti disegni del suo corpo. Alzandole leggermente la maglietta le accarezzai i fianchi. Lei sospirò, aprendo leggermente gli occhi; l’eccitazione si scolpì intensamente sul suo viso. Ritornò a baciarmi con impeto, permettendo alle mie mani di beneficiare delle sue forme. Ascoltando il suo respiro affannoso e senza smettere di guardarla negli occhi, le tolsi la maglietta. Lei fece altrettanto con la mia, senza preoccuparsi di eventuali visitatori indesiderati. Nell’atto di privarla del reggiseno bianco lei mi disse : “Sono tua…”. Ogni bacio a quegli stupendi attributi tanto desiderati per anni, mi parve eterno. Ritornai focoso a baciarle il collo, con le sue mani che, morbide e delicate raggiungevano ogni angolo del mio corpo. Con il vento che soffiava ancora spietato, restammo entrambi nudi sulla superficie legnosa di quella casetta. Stando sopra di lei, la amai perdutamente come se quello fosse il nostro ultimo giorno sulla Terra. Provando immenso piacere, strinse le mie braccia e la mia schiena affondandovi le unghie. Quando sfiniti ci ritrovammo abbracciati, il sole stava per tramontare. Tra gli stupendi colori del cielo ci alzammo da terra rimettendoci i vestiti. Nessuna parola servì a commentare il nostro lungo amplesso; solamente sguardi d’amore e lunghi abbracci. La preoccupazione dei mesi precedenti scomparve definitivamente sul volto di Clara, come se fosse il ricordo di una vita precedente.

Scendendo la piccola scalinata, mi strinse la mano. La caviglia non le fece più male; i suoi passi divennero stabili e precisi. Avvicinandosi alla sua bicicletta prese la borsa nel cestino. Con taquino e penna tra le mani si diresse verso il davanzale ai lati della casa. Ai piedi delle mura ricoperte di foglietti vi erano alcune puntine; ne raccolse una con la speranza che avrebbe retto il piccolo foglietto bianco alla parete.

08-07-2016. Tutto ciò che sogni, prima o poi si avvera… Luca e Clara” . La puntina arruginita permise al foglio di restare appeso sulla muraglia legnosa.

Posandole la mano sulla spalle le dissi : “E’ tutto quello che ho sempre desiderato…”.  Lei rispose alle mie parole avvicinando le sue labbra profumate alle mie.

“Aspetta!”. Esclamò fermandosi a pochi millimetri dalla mia bocca. Avvicinandosi rapidamente alla sponda di un canaletto alla destra del pensatoio, tolse la vera dall’anulare. Un lancio diretto la fece cadere nell’acqua che la inghiottì senza troppi complimenti.

“Ora sono definitivamente tua…”.
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Profilo Autore: luke676  

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Commenti  

Sir Morris*
+2 # Sir Morris* 16-06-2016 21:58
to be continued.. egregiamente!

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