Poi ci sono i poeti, tra le stranezze e le fonti di calore.
Recitano, scrivono, imbrattano muri come colombi felici e incendiano le notti nelle periferie.
Non c’è pace tra loro ed il patrimonio.
Faranno le loro cose sempre nell’erba, porgeranno la mano tra le auto e allatteranno i bimbi al seno
Incuranti dei gas ai semafori, si faranno attraversare dalla follia dell’estraneità verso qualunque società.
Non c’è più grande storpiatura di una cravatta al collo di un colombo di città.
Gendarmi vengono per mettere ordine. Sono numeri. Non c’è pace tra numeri e poeti.
Non è il timore delle persone, ma la paura che l’errore venga preso per modello.
Il calore è soltanto scarto, irrecuperabile scarto di una forza che spinge in un seme di margherita.
I numeri hanno il manganello, il fascismo scritto nelle menti,
il potere di scrivere punto nella natura delle cose.
L’esattezza ed il rigore del calcolo costituiscono il “fatto”, non il verso.
La guerra ha visto perdite incolmabili, signori!
Nei fumi delle ciminiere sono passati Rimbaud, Baudelaire, Campana, Majakovskij e gli altri scheletri
Perché fanno conferenze su questi signori?
Perché hanno rifiutato il potere, si sono messi di traverso?
Che soffi un sottile caldo spirito nella serpe del mondo?
Niente è eccezionale, niente sfugge alla potenza delle cifre.
Fa così piacere spargere lacrime dunque, che vien voglia di conservarle, pesarle e venderle.
L’organizzazione è perfetta. Il logo dice: sterminateli tutti e vendetene gli occhiali, le protesi d’oro..
C’ è più mein kampf in un’equazione di primo grado che nel Novecento.
Ma la matematica è molto di più di una proporzione a portata di bambino
Ed i poeti?
Sono in questo tentativo di dare addosso alla forza che scrive morte, dissolvimento.
Rispondendo: bellezza e recuperandola dall’immondizia del non essere.
Ecco, tutto qui dunque: potere contro potere, lotta tra chi ha più diritto sulle leve del comando
E la bellezza è il potere supremo, la moneta con cui il poeta diventa padrone del disordine universale
Sottrarla alla spontaneità del dissolvimento è la posta in gioco.
Recitano, scrivono, imbrattano muri come colombi felici e incendiano le notti nelle periferie.
Non c’è pace tra loro ed il patrimonio.
Faranno le loro cose sempre nell’erba, porgeranno la mano tra le auto e allatteranno i bimbi al seno
Incuranti dei gas ai semafori, si faranno attraversare dalla follia dell’estraneità verso qualunque società.
Non c’è più grande storpiatura di una cravatta al collo di un colombo di città.
Gendarmi vengono per mettere ordine. Sono numeri. Non c’è pace tra numeri e poeti.
Non è il timore delle persone, ma la paura che l’errore venga preso per modello.
Il calore è soltanto scarto, irrecuperabile scarto di una forza che spinge in un seme di margherita.
I numeri hanno il manganello, il fascismo scritto nelle menti,
il potere di scrivere punto nella natura delle cose.
L’esattezza ed il rigore del calcolo costituiscono il “fatto”, non il verso.
La guerra ha visto perdite incolmabili, signori!
Nei fumi delle ciminiere sono passati Rimbaud, Baudelaire, Campana, Majakovskij e gli altri scheletri
Perché fanno conferenze su questi signori?
Perché hanno rifiutato il potere, si sono messi di traverso?
Che soffi un sottile caldo spirito nella serpe del mondo?
Niente è eccezionale, niente sfugge alla potenza delle cifre.
Fa così piacere spargere lacrime dunque, che vien voglia di conservarle, pesarle e venderle.
L’organizzazione è perfetta. Il logo dice: sterminateli tutti e vendetene gli occhiali, le protesi d’oro..
C’ è più mein kampf in un’equazione di primo grado che nel Novecento.
Ma la matematica è molto di più di una proporzione a portata di bambino
Ed i poeti?
Sono in questo tentativo di dare addosso alla forza che scrive morte, dissolvimento.
Rispondendo: bellezza e recuperandola dall’immondizia del non essere.
Ecco, tutto qui dunque: potere contro potere, lotta tra chi ha più diritto sulle leve del comando
E la bellezza è il potere supremo, la moneta con cui il poeta diventa padrone del disordine universale
Sottrarla alla spontaneità del dissolvimento è la posta in gioco.
Commenti
Loro, davvero, dovevano stare anche attenti a cosa scrivevano e spesso erano vittime di censure ma nonostante tutto sono riusciti a lasciarci la grande eredità di pensieri, e se così non fosse stato, di cambiamenti non ne avremmo goduto.
Oggi vengono scopiazzati dall'enorme popolo che naviga nel web; essi provano a scrivere a modo loro, troncando verbi, girando frasi, imbastendo assurdi enjambement... enfatizzando emozioni... e pur mettendoci anima e cuore mai arriveranno a dare quella Voce particolare, sentita, voluta che ha fatto la svolta... che ha segnato la storia... che cmq è stata documento.
Questo perché scrivere poesia non significa soltanto dare tt di se stessi, denudandosi di fronte ad un pubblico più o meno assassino ma poesia significa condivisione, trasmissione di un sentimento - collettivo - .
Ciò che appare oggi, ai miei occhi... è che questo forte desiderio di scrivere, di comunicare agli altri il proprio passaggio su questo mondo, rappresenti solo il grande senso di solitudine, dove il richiamo di parole, svegli un leggero eco... di mutuo soccorso.
Questo mi dà l'idea che il mondo stia correndo verso quel baratro che lo distruggerà; perché si sta, sulla terra... ognuno da solo e quindi si finirà per implodere...
Vabbè... sto divagando... cmq il tuo, un pensiero che condivido. ciao!!!
Si, ci sono quelli che provano a scrivere a modo loro combinando un sacco di guai con i versi...
però è sempre possibile perfezionarsi.
Tutto diventa possibile se si ha l'umiltà di ascoltare i consigli degli altri e si rinuncia al narcisismo.
nella mia poesia è indicato un obiettivo che dovrebbe essere a cuore di ogni poeta
e lavoro ce n'è sempre tanto da fare.
ciao e grazie
Complimenti.