Uguali i mille giorni o forse i diecimila
il conto l’ho perso e terso è il cielo di prima
anche se non l’ho visto e mille erano le bollicine
che salivano dalla parte di chi guida
il sapore dei baci in rima e il dito affondato
nell’umida incisione di Venere la dea
Marte attento a non attraversare il confine
degli spermatozoi. E noi che ci siamo sempre stati
nel centro di gravità dell’eccitazione, deportati
a dorso di cammello, la sabbia più fine
del litorale del Tirreno, se abbiamo un’idea
del nostro tempo a incastro e rallentato
è nel foglio bianco o nella pietra di giada
trovata sull’argine di un torrente tra rovine
ma è sempre preziosa e liscia, quasi una crema
da gustare con un sorso di liquore del tremila.
Commenti
La tua scrittura non ha perso la caratteristica coinvolgente e trainante, le immagini che hai creato sono fuori dall'ordinario, ma da te non mi aspetto niente di diverso se non la straordinarietà anche nella costruzione erotica del verso. Sei elegante nel proporre le arditezze che segnano i rituali di un rapporto d'amore.
E' estremamente bella!
PS:la classe non è acqua e Catullo diceva che chi ama così appassionatamen te è superiore agli stessi dèi.
Ciao, spero che sperimenterai ancora questo tipo di scrittura